Chiesa evangelizzata

Gesù ci insegna a metterci in ascolto con umiltà, curiosità e rispetto, dell'umanità concreta, vera, per riscoprire la Parola che evangelizza
Chiesa

Che tipo di evangelizzatore è stato Gesù? Si potrebbero enumerare molti aspetti della sua personalità e del suo modo di evangelizzare: la semplicità, lo stare in mezzo alla gente, il coraggio, la predilezione per gli ultimi, ecc.
Ma possiamo dire che l’aspetto fondamentale si può riassumere nel numero due: coi due occhi e con i due orecchi: un occhio e un orecchio puntati verso il Padre e gli altri due guardando e ascoltando la gente. Lo ripeteva continuamente: «Le parole  che io vi dico non le dico da me stesso; ma il Padre che rimane in me, compie le sue opere» (Giov 14,10). Gesù, l’evangelizzatore per eccellenza, è evangelizzato dal Padre. E questo movimento non avviene dal di fuori, ma attraverso una identificazione. Subito dopo infatti Gesù rivela: «Io sono nel Padre e il Padre è in me» (14,11). Il Padre si mostra al Figlio, che lo vede con i suoi occhi; parla al Figlio, che lo ascolta con i suoi orecchi. È una circolazione ininterrotta, attraverso la quale il Figlio è generato (mi si permetta di dire: è "fatto").

Quando è venuto fra noi, l’Evangelizzatore ha continuato ad essere evangelizzato dal Padre. In più, è stato evangelizzato dagli uomini. Prima di tutti, sua madre (e Giuseppe, non dimentichiamo). Da lei ha imparato a vivere come uomo, a gioire e soffrire, a pregare, a leggere le Scritture. E poi, quanti altri! Ricordiamo solo il cugino Giovanni Battista, con il suo coraggio adamantino; le persone piene di fede, anche fuori di Israele, fra i "pagani", che hanno strappato la sua  meraviglia; la vedova povera, che ha dato tutto quello che aveva; la Maddalena con il suo amore bruciante… Ma, al contrario, è stato profondamente deluso da coloro che dovevano essere i rappresentanti e i testimoni della verità e dell’amore di Dio e invece si sono serviti della religione come di una scala per salire sopra gli altri.  Da loro non se l’aspettava proprio. Questo spiega  i «Guai!» addolorati che ha lanciato loro in faccia.

Guardandosi attorno, ascoltando, ha capito sempre più perché il Padre l’aveva mandato in mezzo a quell’umanità sperduta, «come pecore senza pastore», ma che, al tempo stesso, non aveva soffocato del tutto il seme che il Padre vi aveva piantato. Per questo le folle lo seguivano, anche se non sempre con motivazioni disinteressate. Fra lui e l’umanità si è stabilita una "complicità" con uno scambio nei due sensi.

Come la Chiesa (noi) usa i suoi due occhi e i suoi due orecchi? Dove guarda e chi ascolta? Non si tratta di lanciare accuse, ma di convertirsi. Conversione vuol dire esattamente mettersi nella direzione vera e buona.
Guardare al Padre, ascoltarlo, con e come Gesù. "In cielo". Certo, ma non solo, come  chiudendosi  "in laboratorio", dentro i confini della Chiesa. La Parola di Dio resta solo "spirituale", se non si riveste della carne dell’umanità, ma dell’umanità concreta, di oggi. Non ingenuamente, come se questa carne fosse tutta pura. Ma è pur vero che da quando la Parola si è fatta carne, ha rinunciato a essere solo "spirituale".

Questa carne sono gli avvenimenti, lieti e tristi; le persone, buone e anche cattive; le persecuzioni; le teorie delle scienze (filosofia, psicologia, sociologia, biologia…); le ideologie; le dottrine delle religioni e la pratica dei loro fedeli…
Allora la Chiesa (noi), discepola di Gesù-Parola, è invitata a mettersi in ascolto e a guardare questa Parola fatta carne. Non per pietà o spirito di conquista. Con umiltà, curiosità (santa), rispetto religioso: anche lì c’è la Parola che evangelizza.

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