Chiesa e lotta alla pedofilia
Dopo il caso di Genova, una circolare della Congregazione per la dottrina della fede mira ad agevolare le Conferenze episcopali nel trattamento dei casi di abuso sessuale su minori da parte di membri del clero
È l’argomento più triste e più buio della Chiesa. Non ci sono parole per descriverlo, ma il silenzio purtroppo in questo caso ha aggiunto solo dolore. Sono i casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti e religiosi nell’ambito di una relazione pastorale. Veri e propri reati perpetrati spesso su bambini innocenti e ignari dell’esistenza del male. E questo ha dell’indicibile, sicuramente dell’imperdonabile.
Li abbiamo seguiti questi casi. Almeno da due anni. Pagine e pagine di rapporti governativi pubblicati in Belgio, in Irlanda, in Inghilterra. Confessioni, denunce, dati e percentuali, spesso anche difficile da leggere, da sintetizzare. Ovunque prevale l’amarezza di non essere arrivati in tempo. Ovunque lo scandalo ha lasciato in chi è rimasto, una profonda vergogna.
È di questi giorni la notizia di un sacerdote che nel genovese si è macchiato di questo stesso crimine. Le cronache hanno dedicato ampio spazio a questo caso, ma la storia non fa che aggiungere dolore su un dolore già visto e conosciuto.
In tanti in questi anni hanno chiesto giustizia. Hanno chiesto soprattutto che la giustizia della Chiesa si affiancasse con fiducia e senza riserve alla giustizia civile ordinaria. E lunedì dalla Santa Sede arriva una notizia importante. La Congregazione per la Dottrina della Fede ha pubblicato una Lettera circolare per “aiutare le Conferenze episcopali” ad affrontare adeguatamente i casi di abuso sessuale. Nella lettera si fa una dichiarazione attesa da molti: «L’abuso sessuale di minori non è solo un delitto canonico, ma anche un crimine perseguito dall’autorità civile».
Di fronte a reati simili è ovvio che non ci possono essere rimedi di alcun tipo. Ma dalla Santa Sede arriva finalmente l’invito chiaro e indiscutibile a tutti i vescovi del mondo a cooperare con le autorità civili. Si afferma anche che questa collaborazione non riguarda solo i casi di abusi commessi dai chierici, ma riguarda anche quei casi di abuso che coinvolgono il personale religioso o laico che opera nelle strutture ecclesiastiche. Insomma, alla Santa Sede preme a questo punto che sia ovunque assicurata la protezione dei fedeli e soprattutto dei bambini e che in caso di abuso, i vescovi diano alle vittime “una risposta adeguata”.
È l’ultimo tassello di un lungo e sofferto processo nel corso del quale la Chiesa ha preso consapevolezza dello scandalo e ha deciso di rispondervi con responsabilità. A novembre, il papa volle dedicare a questo problema una intera riunione di cardinali giunti a Roma per il Concistoro. Ancora prima in luglio, la Congregazione per la dottrina della fede aveva aggiornato le norme prescritte nel documento "Delicta graviora" del 2001, rendendole più severe. Ma mancava appunto un chiaro e definitivo riferimento alla denuncia alle autorità civili.
Dietro alle norme e alle fredde indicazioni vaticane, si avverte la mano ferma di papa Benedetto XVI. In uno straordinario intervento con i giornalisti sul volo papale che lo stava portando a Londra, lo scorso anno papa Benedetto XVI disse di aver seguito i casi di abuso commessi dai sacerdoti come “uno shock”. E si lasciò andare ad una lunga confessione: «È difficile capire come questa perversione del ministero sacerdotale sia stata possibile. Il sacerdote nel momento dell’ordinazione, preparato per anni a questo momento, dice sì a Cristo di farsi sua voce, sua bocca, sua mano… Come un uomo che ha fatto e detto questo può poi cadere in questa perversione è difficile da capire. È una grande tristezza, tristezza anche che l’autorità della Chiesa non sia stata sufficientemente vigilante e non sufficientemente veloce, decisa, nel prendere le misure necessarie. Per tutto questo siamo in un momento di penitenza, di umiltà e di rinnovata sincerità».