Chiaroscuri, più chiari che scuri
L’idea che noi abbiamo della Thailandia? Basta scambiare due chiacchiere coi compagni di viaggio in aereo che già sognano di sdraiarsi sulla spiaggia bianca di Phuket: un Paese di sogno per le bellezze naturali di cui è fornita abbondantemente; un paradiso del far niente; un Paese very cheap, a basso costo; un grande mercato dove comprare souvenir a gogò, dove oppio e marijuana si comprano agli angoli di strada, sotto l’albergo; un luogo dove i costumi sono facili e le donne disponibili (per non dire dei bambinetti e delle bambinette); la Thailandia per questa gente è il tempio dei massaggi thai, o piuttosto dei massage… Una coppia un po’ più acculturata (sta leggendo una guida turistica) non sa tacere il proprio entusiasmo per i templi dorati e le montagne incantevoli. Mentre un professore in disparte accenna pure ai thai e ai lanna e ai rama, alle dinastie reali e alle tradizioni architettoniche… Fortunatamente la Thailandia è ben altro, se la si visita senza gli stereotipi di cui la globalizzazione mediatica ci rimpinza. Se la si visita all’ascolto della gente e delle situazioni più vere, nelle baraccopoli e nei templi dove i buddhisti compiono le loro devozioni, e non negli alberghi a cinque stelle o nei templi-musei per turisti. Le bombe di Capodanno Pochi, ad esempio, sono venuti a conoscenza delle otto bombe che, tra il 31 dicembre e Capodanno, hanno scosso il Paese. Sette a Bangkok e una a Chang Mai, nel Nord della Thailandia, in un balletto di orari e di modalità che, accanto al bilancio non gravissimo di un paio di morti e una decina di feriti, fanno dubitare della matrice insurrezionalista di tali attentati. E non si saprà mai chi le ha messe queste bombe, mi dice il simpatico tassista che mi fa pagare meno di quanto il tassametro indichi dinanzi al Wat Pho, il tempio più antico e suggestivo di Bangkok. La situazione politica, in effetti, è assai instabile, dopo che l’esercito ha spazzato via nello scorso settembre il vecchio governo diretto dal businessman Thaksin Shinawatra, che aveva perso il sostegno popolare – almeno delle grandi città -, reo di avere ceduto ad una corruzione legalizzata e generalizzata. Ora capo del governo è il grigio Surayud Chulanont, istallato dai militari. Ne parlo con un attento osservatore della realtà thailandese, il prof. Chainarong Monthienvichienchai, rettore della Saint John’s University, che conta 9 mila giovani studenti. È il laico per antonomasia del cattolicesimo thailandese, un esperto di media. Il momento è estremamente interessante, direi decisivo – mi spiega -. Abbiamo imparato molto dalla vicenda dell’ultimo governo retto dall’imprenditore dei media: ottimi leader, pensatori buoni, personaggi aggressivi nel marketing. Ma nel cuore questa gente d’affari aveva una agenda segreta, un piano di occupazione del potere. C’erano grandi idee e grandi budget, ma una fortissima corruzione. Nel primo mandato Thaksin aveva aperto grandi prospettive per la Thailandia, e la gente pensava che fosse abbastanza ricco per non cedere alle sirene della corru- zione. Ma nel secondo mandato, ottenuto con percentuali bulgare di voti, tutto il governo è entrato in una pericolosissima spirale di corruzione. Thaksin ha cercato di ottenere vantaggi per sé modificando le leggi: e questo la gente non l’ha accettato. Ad esempio, ha venduto gran parte dell’intero pacchetto delle sue azioni ai singaporiani; la legge prevedeva un tetto del 25 per cento per la vendita all’estero. Ha fatto una legge per elevare tale tetto al 49 per cento. E in più ha fatto votare una legge ad personam per la totale defiscalizzazione di tali vendite! La gente che paga le tasse e che fa fatica ad arrivare alla fine del mese non ha accettato quest’imbroglio e ha accettato il colpo di Stato. Ma i militari: sono onesti?, insisto. Assicurano la coesione dello Stato, e intervengono quando la politica va male. Poi, se restano troppo al potere, gli abusi crescono. Sembra che oggi abbiano buone intenzioni, quelle di rimanere al potere solo per un anno. Ed è la prima volta che la gente ha salutato un colpo di Stato con mazzi di fiori! Era il male minore. E ora, cosa vogliono i thailandesi? , chiedo. Vogliono governanti capaci che abbiano buone qualità morali. Vogliamo onestà: il governo attuale sembra onesto, pur se meno intraprendente del precedente. La Thailandia – nonostante lo scorso 19 dicembre abbia conosciuto un forte crollo borsistico – ha un buono sviluppo economico, cresce di quattro-sei punti all’anno, meno delle vicine tigri asiatiche (come Malesia e Singapore) che invece si sviluppano al 10 per cento annuo… Si sviluppa anche la Thailandia, e bene – precisa il prof. Chainarong -, ma non ai ritmi cinesi, dove gli investimenti stranieri sono molto più importanti di quanto non accada da noi. Tuttavia da noi lo sviluppo del settore privato è impetuoso. La crescita, inoltre, è stabile, perché non ci siamo sviluppati solo per il basso costo della mano d’opera. Ora il problema si sposta nell’import- export delle materie prime, per poter ascendere ancora nella scala delle potenze economiche asiatiche. Inoltre, l’economia della Thailandia ha una forte base agricola che non può essere dimenticata: quando l’economia mondiale soffre, i thailandesi non muoiono mai di fame. Certo, gli squilibri non mancano, e la crescita va a benefici di taluni ma non di tutti. Chiaroscuri Allora, la politica la gestisce l’esercito e non tanto il parlamento. Lo sviluppo economico favorisce talu- ni, ma per tanti altri le ristrettezze sono ancora all’ordine del giorno. I chiaroscuri si accavallano e si sostituiscono, impedendo facili letture massimaliste della situazione. Un amico italiano, imprenditore per alcune Ong di solidarietà, che conosce bene la situazione del Paese, mi dipinge qualche ulteriore aspetto negativo: La delinquenza aumenta. Thaksin aveva messo tutti gli stranieri sotto controllo informatico, e questo ha ridotto un po’ il tasso di delinquenza importata, in un Paese in cui la gente è sostanzialmente onesta.Ma il problema è ancora grave, anche nel campo della prostituzione infantile che è indotta in massima parte dall’estero. Ora si è concentrata soprattutto a Pattaya, la spiaggia a due ore da Bangkok, dove la mafia russa è sbarcata in forze. Il fatto è che le donne thai sono pudiche, e per prostituirsi si ubriacano e si drogano, diventando spesso delle vere assassine, perché odiano gli stranieri.Ho avuto diversi casi da seguire di giovani europei ammazzati con un’overdose dalle prostitute che avevano affittato per i loro comodi. Per non parlare della piaga ancora aperta della prostituzione minorile, nonostante indiscutibili passi in avanti, come mi conferma la senatrice Prateep: La situazione della prostituzione infantile sta diminuendo, perché tanto è stato fatto, anche per una questione di immagine del Paese. Ma i genitori si occupano sempre meno dei figli, sono impegnati tutto il giorno a guadagnare, e lasciano i loro bimbi soli. C’è un degrado della qualità della vita, anche familiare. Si pensa solo al presente consumista. Preoccupa, inoltre, la situazione della convivenza coi musulmani nelle regioni del Sud, in cui frange fondamentaliste musulmane chie- dono l’indipendenza. Ma il contesto anche in questo caso è in chiaroscuro. Precisa il prof. Chainarong: Il 95 per cento della popolazione è buddhista, il 4 musulmana e l’1 per cento cristiana. Nei momenti decisivi la religione è importante, perché l’animo thai è religioso: basta vedere come la mattina tanta gente nutra i monaci, o come faccia offerte nei templi. I fondamentalisti buddhisti sono quasi inesistenti,mentre sono più numerosi quelli musulmani, concentrati soprattutto nel Sud del paese: loro sì, qualche danno grave lo fanno. Il cristianesimo è facilitato nella sua azione dalla grande libertà religiosa che esiste nel Paese. Le persecuzioni, e anche le discriminazioni, sono veramente minime. Funziona in Thailandia la convivenza tra etnie e religioni diverse, allora, a parte qualche eccezione. Al Nord, a Chang Mai in particolare, rappresenta anzi un fiore all’occhiello della popolazione, che ne va fiera. Così pure si deve dire che funziona la solidarietà nei luoghi del bisogno. Innumerevoli sono le Ong locali e straniere impegnate nel risolvere le situazioni dell’emergenza, approfittando anche della libertà che effettivamente in Thailandia si gode appieno, nonostante l’esercito sia al potere, nonostante la sospensione della democrazia elettiva. In un contesto come quello del subcontinente indocinese, assai variegato – in cui sopravvivono dittature come quella birmana, prosperano residui veterocomunisti come in Vietnam, mentre la Cambogia è allo sbando tra tycoon che fanno affari a tutti i costi e memorie di genocidi troppo poco conosciuti e il Laos sopravvive nell’incertezza della transizione democratica -, la Thailandia appare un gigante di libertà e giustizia, anche se la stampa è ancora limitata da una forte censura e da un’ancora più forte autocensura. Forse l’Occidente dovrebbe posare uno sguardo un po’ più maturo su questo Paese, e sostenerlo nella sua lunga marcia verso la piena responsabilizzazione dei suoi cittadini. PRATEEP E LA SPERANZA Cresce la Thailandia, ma i suoi slum ce li ha ancora. A circa mezz’ora dalla mia abitazione nel centro della metropoli di Bangkok, si estende il vecchio porto, ormai abbandonato da ogni forma di attracco commerciale o turistico. È una landa desolata d’umanità, Klong Toey. La spiaggia è ridotta ad una sottile striscia sporca e maleodorante: qui non si ci si bagna per una lunghezza di almeno cinquanta chilometri di costa attorno alla capitale. Purtroppo solo da qualche anno nel Paese si sta sviluppando una certa sensibilità ecologica. È qui che – attraversati i binari che corrono sotto due grandi viadotti accompagnati da due teorie di baracche -, incontro Prateep Unsongtham Hata (per tutti solo Khru Prateep), una donna gentile e sorridente ma estremamente volitiva, senatrice nella passata legislatura, nata da queste parti. Nata cioè nello slum di 60 mila persone che occupa questa vasta area ex-portuale, ambita da molti imprenditori ma difesa strenuamente dalla piccola- grande donna, una buddhista. Nel 1978 volevano distruggere tutto, senza indennizzare gli abitanti della baraccopoli; vi furono gravi incidenti, sommosse, morti e feriti. Fu allora che la donna decise di impegnarsi, con gran risultati, per la sua gente. La Thailandia sembra sospesa perennemente tra democrazia e dittatura… Il nostro – mi spiega Prateep – è un Paese con una grande confusione, perché il regime democratico non è veramente tale. Chi ha il potere quest’oggi, potrà come e quando vorrà riportare la democrazia che oggi però non c’è. Sono stati 24 i colpi di Stato dall’introduzione del suffragio universale: perché? Forse perché siamo più attenti alle personalità dei singoli politici che alla legge. Dobbiamo appoggiare il ritorno alla democrazia, per quanto imperfetta sia. Che dire dello sviluppo economico thailandese dall’osservatorio di questo slum?, chiedo. Il potere del consumismo colpisce tutti – ammette sconsolata la senatrice -. Certamente nello sviluppo economico c’è anche una buona dose di elementi positivi, indiscutibili, nel campo della salute, del lavoro, della lotta alle arretratezze. Ma la gente è ridotta troppo spesso a robot, e pensa solo a far soldi. E questo provoca gravi squilibri sociali. La povertà è allora diminuita o aumentata in Thailandia?, chiedo ancora a Prateep. Penso che si debba ridefinire la categoria di poveri – precisa -. Non basta più il solo criterio della ricchezza, dei beni posseduti. Nella povertà è la sofferenza che conta, i pericoli che si corrono, la tranquillità, l’infelicità insomma. Sì, dal punto di vista prettamente materiale ci sono stati progressi, ma nel complesso la gente è molto più infelice di prima . Qual è allora la qualità principale dei thailandesi, le chiedo in conclusione. La pazienza – mi risponde -. Senza di essa sarebbe saltato tutto per aria da parecchio tempo. QUALCHE CIFRA La Thailandia ha una superficie di 514 mila chilometri quadrati, e più di 65 milioni di abitanti, 12 milioni dei quali abitano la capitale Bangkok. La densità della popolazione è di 127 abitanti per chilometro quadrato. La Thailandia confina Nord e ad Ovest con il Myanmar (Birmania), a Nord-Est con il Laos, a Sud-Est con la Cambogia e a Sud con la Malesia. Conta 3 mila chilometri di coste. Il reddito pro capite raggiunge gli 8 mila dollari all’anno, con una crescita tra 4 e 6 per cento. La crescita demografica è all’1,0 per cento. La Thailandia è una monarchia costituzionale: dal 1950 è al potere l’amatissimo re Bhumibol Adulyadei della dinastia Chakri (Rama IX) e i militari, pur mantenendo una posizione privilegiata, sono stati affiancati da politici eletti democraticamente.