Chiara: voce nuova del Novecento

Così l'ha definita Armando Torno, autore della biografia della Lubich per Città Nuova, in occasione della presentazione del libro ad Ischia. «La sua santità è moderna. Ha guarito con la parola i mali del nostro tempo»
Presentazione libro Torno

Ripercorrere un viaggio nella vita di Chiara Lubich attraverso le pagina e le riflessioni di Armando Torno – autore del libro PortarTi il mondo fra le braccia di Città Nuova -, e l'esperienza di Marco Tecilla, uno dei primi compagni a seguire Chiara Lubich. Questo il modo in cui la comunità del Movimento dei focolari di Ischia ha voluto ricordare la fondatrice dei Focolari nel quarto anniversario della morte e festeggiare i 40 anni del movimento nell'Isola verde. Sala gremita il 13 marzo, con oltre due ore ininterrotte e incalzanti, in un'atmosfera di attesa e di speranza ma anche di tacito impegno a continuare l'esperienza che Chiara aveva iniziato. E anche Armando Torno, l'autore, ha voluto lasciarci la "sua idea" di Chiara e del movimento oggi, dell'importanza del dialogo come "antidoto"  per la società in quest'intervista che ci ha concesso.
 
Quale esperienza ha vissuto nello scrivere la biografia di Chiara?
«Non avendo conosciuto Chiara personalmente ho lavorato molto sulle testimonianze e sui documenti. Man mano che si cerca di ricostruire la sua figura non riuscivo mai a delimitarne i confini, l’operato, le situazioni, gli agganci. Penso che Chiara sia una figura ancora tutta da scoprire. Emerge qualcosa di lei dalle testimonianze e ricordi, ma non emerge ancora completamente il suo valore. Io conoscevo Chiara come può conoscerla una persona della comunicazione, ma scrivendo questa biografia mi sono reso conto di trovarmi dinanzi a una persona culturalmente particolare, a una voce completamente nuova, in pieno Novecento, a una persona che anticipa alcuni momenti della Chiesa. Noi oggi vediamo che c’è in Europa e in America Latina una crisi del cristianesimo, al contrario c’è un aumento della partecipazione alla vita cristiana in Africa e in Asia. La grande novità di Chiara è che lei non si è limitata a un continente, si è aperta a tutto il mondo con una capacità e una visione “profetica”».
 
Sono quattro anni che Chiara è scomparsa. Lei con questa biografia sta incontrando “il popolo di Chiara”, in tante città. Questo popolo esprime ancora pienamente il messaggio della fondatrice?
«Posso testimoniare che Chiara è ancora presente e la sua figura e il suo insegnamento sono fortemente nei cuori delle persone. Ogni movimento nato nel Medioevo o nel mondo contemporaneo, ha diversi momenti di vita: prima nasce intorno alla figura del fondatore, con il fondatore si sviluppa, poi trova una ragione d’essere nel mondo se il Movimento, la corrente religiosa – chiamiamola come vogliamo – sono nati dal Vangelo. Ogni cosa che nasce dal Vangelo ha una sua ragione d’essere e tutto quello che è nato dal Vangelo non è mai appassito. Ci può essere un momento di crisi, di ripensamento, di sistemazione, ma da 2000 anni sappiamo che la soluzione del Vangelo è radicale, è sempre una soluzione d’amore per tutti gli uomini. Quanto ha fatto Chiara nella sua vita adesso ha ancora un’influenza forte sulle persone da lei incontrate. Siamo troppo vicini alla sua scomparsa per dire che non si sente la sua presenza in chi l’ha conosciuta. In una prospettiva futura la sua figura potrà apparire diversa da come appare oggi, però è chiaro che le sue intuizioni: questa vita in comunione, questa lettura del Vangelo, questa apertura al mondo, tutto questo rimarrà indipendentemente dalle donne che le succederanno».
 
Da cosa proviene questa sua convinzione?
«Dal fatto che la figura di Chiara ci parla di una “santità moderna”, di una santità del nostro tempo. Con questo non voglio dire che la Chiesa deve farla necessariamente santa. Sappiamo che la Chiesa per definire la santità di una persona ha bisogno di alcune caratteristiche, di prove concrete…Per scrivere questo libro ho cercato a lungo nelle sue biografie, ho sentito centinaia di testimoni,mi sono documentato e posso affermare che la vita di Chiara è stata una vita vissuta in santità, non una santità  medievale come poteva essere ancora quella di Padre Pio o di altri, ma un santo del nostro tempo che apre un dialogo importantissimo perla Chiesa…Chiara ha caratteristiche per rappresentare una santità del nostro tempo e la scia che ha lasciato dietro di sé  è la stessa scia di un santo. Il Movimento non ha nulla di differente di quello che hanno fatto altri santi. Ripeto, una santità diversa. I miracoli di Chiara sono miracoli basati sulla comunicazione, non sono miracoli di guarigione, ma saper comunicare significa saper guarire alcuni mali del nostro tempo attraverso la parola, la vita. Non voglio dire che la Chiesa deve accelerare o altro, anche perché la santità trova sempre la sua strada. Dico solo che  la santità di Chiara va guardata con grande attenzione e sono sicuro che un giorno la Chiesa lo farà, perché è giunto il momento di guardare una santità diversa dal passato e che Chiara rappresenta bene».
 
Chiara, nella Pentecoste del 1998 parlò di dialogo a 360 gradi tra i cristiani, con altre fedi e con persone di convinzioni non religiose, per offrire un deciso contributo alla realizzazione della fraternità universale. Una finalità, così vasta, non potrebbe portare le persone del movimento a smarrirsi e ad essere poco incisivi?
«Un obiettivo così ampio potrebbe essere un limite solo se guardiamo il mondo con gli occhi dell’Europa, se consideriamo il centro del cristianesimo in Europa. Quando c’è un messaggio come quello del Vangelo, che bisogna portare alla conoscenza di tutti, bisogna parlare e dialogare con tutti. Chiara ha intuito fortemente questo, ed è la grande novità che lei porta nella Chiesa e nel mondo. Penso che Giovanni Paolo II, incontrandola, si sia accorto di questo elemento importantissimo. Non dimentichiamo che questo papa ha dato una svolta al cristianesimo, tanto forte da generare vere rivoluzioni nel mondo e nella Chiesa: il crollo del comunismo, la presentazione al mondo dei movimenti, i grandi viaggi planetari. Ha intuito la forza e la novità del dialogo con tutti».
 
Un impegno certamente nuovo e non facile dato che, nel passato, il dialogo non era valorizzato…
«Ricordiamo che il primo a prendere coscienza, e a far prendere coscienza alla Chiesa di alcuni suoi errori, è stato proprio Giovanni Paolo II, che ha chiesto scusa, ha chiesto perdono al mondo per  questi errori. Se oggi non si punta al dialogo è chiaro che nascono i fondamentalismi, rinasce l’apertheid, il razzismo. Penso inoltre che, indipendentemente dalla fede, bisogna cercare il bene e il buono che c’è in ognuno: vivere così significa aprire le porte al cristianesimo. Il messaggio cristiano non si impone, ma si propone e ognuno è libero di sceglierlo o  prenderne una parte. Poi il messaggio cristiano si trasforma nella storia, ha una sua continua attualizzazione. L’esigenza di questo tempo storico è primariamente esigenza di dialogo. Sono convinto che il dialogo con l’Islam eviterebbe il fondamentalismo; come il dialogo con le persone di convinzioni non religiose e la Chiesa, grazie a monsignor Ravasi, in questo senso sta percorrendo una strada interessantissima. Non dimentichiamo che il Concilio Vaticano II ha dato un grande input al dialogo con tutti, con i cristiani ma anche con le altre religioni e con tutti gli uomini di buona volontà.
Tutto questo è stato nel cuore di Chiara, era la sua speranza. Non tutto ha potuto vedere realizzato, ma ha testimoniato con la vita, lasciando numerose tracce, germogli, che potranno fiorire e dare frutti maturi. Ha lasciato ad altri il compito di portare avanti il suo progetto. Questa è la funzione del movimento oggi».

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