Chiara Lubich: una donna in dialogo

La sala dei Cento Giorni di Roma ha accolto il 14 marzo più di duecento persone del mondo accademico, ecclesiale e politico, nonché di varie espressioni dell’arte. Un incontro motivante e coinvolgente
Carlo Lizzani

«Difficile uscire indenni da un incontro con Chiara Lubich!» aveva detto nei primi anni del nuovo millennio Sergio Zavoli. Un incontro con Chiara era sempre un momento che lasciava il segno: non necessariamente si trattava di un lungo discorso, spesso si limitava ad un breve scambio di parole, alcune volte si limitava ad uno sguardo. Proprio quello sguardo di Chiara ha aperto la serata svoltasi a Roma, presso la Sala dei Cento Giorni a Palazzo della Cancelleria. Si sono susseguite le immagini di una proiezione senza parole, realizzata dal regista Vittorio Giacci, presidente di ACTMultimedia, che ha privilegiato lo sguardo, o meglio gli sguardi della fondatrice dei Focolari che incontravano quelli di gente di ogni tipo: giovani ed anziani, europei ed africani, indù ed ebrei.

 

Il titolo della serata – Chiara Lubich: una donna in dialogo – ha accolto persone del mondo della cultura e di quello accademico, politici ed amministratori, rappresentanti di Chiesa e laici, cristiani ebrei e musulmani. Ognuno, a modo suo, testimone della capacità di dialogo dalla donna trentina, che in poco più di 60 anni, ha disegnato un’altra geografia per le strade di tutti i continenti. Il mondo che Chiara ed il suo popolo hanno incontrato, infatti, non è fatto solo di lingue, climi, colori, luoghi. È, soprattutto, quell’universo che nasce nel cuore e nella mente degli uomini, sono le culture e le religioni. Lo hanno testimoniato gli interventi di Lisa Palmieri Billig, rappresentante in Italia e presso la Santa Sede dell’American Jewish Committee, di Shahrzad Houshmand, docente di studi islamici presso l’Istituto di Studi Interdisciplinari su Religioni e Culture (ISIRC) della Pontificia Università Gregoriana e Roberto Catalano, corresponsabile del centro per il Dialogo Interreligioso del Movimento dei Focolari.

 

«Chiara – ha sottolineato Lisa Palmieri Billig – è riuscita a parlare direttamente al cuore degli ebrei, in cui è radicato il concetto di ‘tikkun olam’, la speranza di potere ‘guarire il mondo’, risanarlo, e renderlo unito, raccogliendo i tanti pezzi frantumati per fonderli nel calore dell’amore e dell’unità. In questo senso, a livello più profondo e al di là delle inevitabili differenze teologiche, per gli ebrei Chiara parlava da ebrea».

 

Diversa per contenuti, ma altrettanto coinvolgente la tavola rotonda di alcuni artisti presenti, che hanno alternato esperienze di vissuto con immagini e suoni che hanno sottolineato come per essere se stessi ciascuno ha bisogno degli altri. Il compositore Luis Bacalov, premio Oscar per la colonna sonora del film Il postino, ha eseguito un pezzo significativo del suo repertorio, ma soprattutto ha raccontato la genesi di una sua fatica artistica, nata dal contatto con ebrei e cristiani. Brevi sequenze de Il pane nudo – tratto dall’omonimo libro di Mohamed Choukri, due volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura – hanno permesso di inquadrare la profonda sensibilità del regista e pittore algerino Rashid Benhadj. Matteo Garrone ha rivelato il suo atteggiamento più intimo nella produzione di Gomorra. Infine, Lizzani, dopo le immagini di alcuni suoi films ha sottolineato come Chiara Lubich faccia riflettere l’uomo del nostro tempo sulla strada ancora da fare per realizzare ciò che l’umanità è chiamata ad essere. A coordinare la serata Tiziana Maria Di Blasio, storica del cristianesimo.

 

Cultura, religioni ed arte si sono incontrate per due ore assolutamente coinvolgenti nel nome della Lubich, una donna che aveva sintetizzato la sua avventura in una pagina di alta poesia che rivelava il suo grande amore per Dio e l’uomo.

«Vedi, io sono un’anima che passa per questo mondo. Ho visto tante cose belle e buone e sono sempre stata attratta solo da quelle. Un giorno (indefinito giorno) ho visto una luce. Mi parve più bella delle altre cose belle e la seguii. Mi accorsi che era la Verità»[1].



[1]
C. lubich, La Dottrina Spirituale, Città Nuova Editrice, Roma 2006, p. 31.

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