Chiara Lubich e il Novecento
Siamo tutti figli del ’900, non nel senso anagrafico ma storico-culturale. Infatti, il XX secolo ha generato un «cambiamento d’epoca», epoca nella quale siamo già entrati, come ribadito più volte da papa Francesco. Questa novità è stata profondamente avvertita da uomini e donne che, nel ’900, hanno aperto nuove prospettive, sono stati di esse profeti e testimoni.
È su questo sfondo che, a conclusione dell’anno centenario della nascita, abbiamo cercato di “incontrare” e comprendere meglio Chiara Lubich, che il ’900 ha lungamente vissuto e cercato di interpretare alla luce di una intuizione o ispirazione che lei ha sempre attribuito a Dio. Una lettura del suo tempo in chiave certamente spirituale o mistica, che non le ha però impedito di “mescolarsi”, di coinvolgersi con la vita di tutti, di ogni giorno, con i suoi drammi, le sue angosce e anche le grandi sfide e le grandi gioie… E questo desiderato “incontro” ha dato origine a due giorni di convegno animato da 20 esperti di varie discipline e provenienza culturale. Una tappa importante che non poteva finire lì. Infatti, frutto di questo convegno, ma non limitato ad esso, è da poco in libreria un originale saggio che vede i relatori trasformati in autori che portano a compimento la loro riflessione precedente.
L’introduzione al volume, a firma di Pasquale Ferrara, ambasciatore e politologo, spiega bene la struttura del testo: dopo il saluto che Miguel Ángel Moratinos, alto rappresentante per l’Alleanza delle Civiltà delle Nazioni Unite, ha inviato in occasione del convegno, seguono 4 parti. Nella prima, di carattere storico, il pensiero e la vicenda esistenziale della Lubich vengono letti sullo sfondo di alcuni snodi che hanno caratterizzato il XX secolo quali: il crollo delle ideologie; la frattura epocale rappresentata simbolicamente dal ’68; la situazione della Chiesa dopo la fine del “paradigma tridentino” e dopo il Concilio Vaticano II; la riscoperta e la ridefinizione del ruolo della donna in tutti gli ambiti sociali; la questione ambientale intesa in rapporto allo sviluppo umano integrale.
La seconda parte, relativa all’ambito letterario, affronta temi e argomenti, legati alla vita di Chiara Lubich, che oltre ad avere una forte intonazione spirituale e mistica, sono carichi dei valori umani e sociali presenti in tutta la letteratura del ’900.
La terza parte riguarda l’ampio orizzonte socio-economico e politico a cui la Lubich ha dedicato un impegno concretizzatosi in viaggi, incontri, interventi orali e scritti, e concentra l’attenzione sul contributo ispirato a una dimensione universale che ella, anche come donna, vi ha portato.
La parte successiva è dettata dal desiderio di allargare il confronto della Lubich con alcuni significativi protagonisti del nostro tempo (D. Bonhoeffer, S. Weil, Gandhi, M.L. King, G. La Pira, M. Gorbaciov) con i quali personalmente non si è mai incontrata, ma con cui ha dialogato “a distanza”, ha condiviso identiche passioni, espresso simili desideri e anche ideali, perché tutti condotti e guidati da rilevanti intuizioni comuni. Senza con ciò negare anche le inevitabili differenze di approccio, di stile, di vissuto personale.
I 20 autori che si succedono nella composizione del testo, pur rimanendo ciascuno nel proprio ambito di competenza, seguono un filo conduttore che conferisce unitarietà al testo e ne costituisce il punto di eccellenza: l’impegno di cogliere l’esperienza e il messaggio di Chiara non considerandoli in se stessi soltanto, ma collegandoli il più possibile al ricco patrimonio di testimonianze e di pensiero espresso dal “secolo breve”. Ovviamente si tratta di un cammino in buona parte ancora da percorrere, ma il volume intende esserne un primo contributo.
Per andare e guardare, come recita il titolo, “oltre”. E questo “oltre” viene ben espresso dalla conclusione, affidata a Piero Coda che ha lungamente frequentato e studiato sia la cultura contemporanea che il messaggio di Chiara Lubich. Infatti, sul finire del suo intervento, l’autore scrive: «È così – come ci ha suggerito Amanda Gorman con la freschezza di chi, giovane, già vede e vive il mondo nuovo – che “alziamo il nostro sguardo non per cercare quel che divide, ma per catturare quel che abbiamo davanti”» (A. Gorman, The Hill We Climb, in «The Washington Post», 20 gennaio 2021).