Chiara dAssisi e Chiara Lubich: scrivere la storia al femminile
Un sogno per la sua Assisi. Me lo confida un vigile urbano, tutto d’un pezzo, nato a Santa Maria degli Angeli. «Vorrei che la “città serafica” fosse percepita davvero così. Dai suoi abitanti e dai tanti turisti. C’è molto da fare anche riguardo il traffico; io avrei un progetto…». E intanto si adopera a trasportare sulla sua panda due persone con problemi per fare a piedi la lunga salita che, oltre la Basilica Superiore di San Francesco, porta al teatro Metastasio. C’è attesa al suo interno in attesa della tavola rotonda. È qui infatti che si svolge il primo dei tre atti dell’evento che ha per titolo “Chiara d’Assisi e Chiara Lubich: due carismi in comunione” e che va ad arricchire l’Anno Clariano con cui si fa memoria, nell’VIII centenario, della conversione e consacrazione a Dio di Chiara di Assisi. Ovvero: l’attualità del suo fascino.
Ha senso parlare di carismi, ha valore farlo oggi? Alcune parole chiave sono emerse, dirompenti, nel corso della giornata. Le hanno pronunciato persone di estrazione e mestieri molto diversi.
Condivisione Ne parla per primo il sindaco della città, Claudio Ricci. Si rifà all’operato delle due Chiara, di Assisi e di Trento. Al senso alto del sostegno di queste due donne, dato, con le loro mani e le loro opere, ai sofferenti, singoli, famiglie, società.
Essere famiglia Avviene quando il dialogo porta a considerare la città, lo Stato, gli Stati, il mondo con lo spirito insito nella piccola famiglia se unita. Quando questa ne è la chiave interpretativa. È stata l’operazione compiuta, a sua insaputa, da Chiara d’Assisi. Inseguita con piena consapevolezza, e come obiettivo prioritario, da Chiara Lubich.
Carisma, profezia e rottura sociale Così lo scoprono e vi aderiscono Francesco di Assisi e Chiara con lui. Dopo l’incontro del primo con il lebbroso vi scopre Gesù presente e se ne innamora. «Ciò che era amaro diventò dolcezza, e la mia vita cambiò». È una rivoluzione. Ne è convinto il professor P. Pietro Maranesi, Ofm Cap., che vi ha riflettuto con passione. Francesco cambia posizione sociale, va ad abitare il recinto degli esclusi (i lebbrosi). Ne emergono categorie dirompenti quali la “misericordia” e la “condivisione”. Chiara lo segue e scopre la sua identità nel “volto” di Francesco: «Senza quel volto io non avrei un volto. Ho trovato Dio attraverso di lui». Gli dà un secondo nome: «Altissima povertà». E vi rimarrà fedele, nonostante tutti e tutto. Fino all’ultimo respiro. Chiara Lubich, a distanza di otto secoli, compie un’identica operazione per vivere il Vangelo oggi.
Carisma, laicità, dono di occhi che vedono Non solo grazia o dono o gratuità, ma «occhi che, in coloro che vivono un disagio, vedono qualcosa di bello e grande». Da qui il loro diventare «apripiste nella frontiera dell’umano che spingono i suoi paletti sempre più in avanti». Così accade nell’economia, per l’influsso determinante esercitato dai carismi, ad esempio, nella costruzione dell’Europa. E oggi per l’economia di comunione, il cui peso è purtroppo ampiamente sottovalutato. Come se la storia potesse spingersi in avanti senza i carismi: pura illusione che lascia spazio solo agli speculatori. È convinzione della professoressa Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A.
Carismi, via all’emergere del “femminile” Avviene per le due Chiara: quella di Assisi riesce a far approvare nella sua regola l’inedita “Altissima Povertà”. Quella di Trento immette nella chiesa la grande novità che a presiedere un movimento ecclesiale, con dentro tutte le vocazioni laiche e religiose, sia sempre una donna. E ciò insieme a realizzazioni laiche, squisitamente civili (tra cui le più di 22 cittadelle nei cinque continenti, l’Economia di Comunione, il movimento politico per l’unità, l’università Sophia). Tutto ciò senza paura di nascondere la propria vulnerabilità. È la dimensione della concretezza.
Carismi, un giardino fiorito, una chiesa feconda “Santà unità e altissima povertà”, per Chiara d’Assisi. “Unità, di cui chiave è l’amore esclusivo a Gesù Abbandonato, maestro di spoliazione esteriore e soprattutto interiore”, per Chiara Lubich. “Unione con Dio”, per la prima. “Santità collettiva, di popolo”, per la seconda. “Mutua carità” quella che brillava tra le suore del monastero di San Damiano. “Mutua e continua carità che rende presente Gesù nella collettività”, la premessa per Chiara Lubich a ogni attività, azione, decisione della sua famiglia spirituale che abbraccia il mondo. Sintonia tra le due Chiara. Comunione che travalica i secoli descritta dalla Lubich, in un periodo illuminante della sua storia, come un “Cristo dispiegato” nel tempo e nello spazio. Così come in un giardino, dove i fiori, nella loro estrema varietà, si nutrono dell’identica linfa. Carismi che vivono la reciprocità in un’epoca assetata di comunione.
Verso il tramonto, si è sul piazzale soprastante la Basilica Superiore di San Francesco. I rappresentanti delle istituzioni, accompagnati dal gonfalone della “Seraphica Civitas” e dalle note del suo inno, scoprono la scritta “Largo Chiara Lubich”. La piccola folla si esprime in un denso applauso. Monsignor Domenico Sorrentino, vescovo di Assisi, si augura che «questo luogo sia richiamo per tutti a considerare ogni strada come luogo per incontrare gli altri e vivere la fraternità, mentre renda presente il suo amore per Francesco e Chiara e per la città d’Assisi». È inevitabile. Spingendo lo sguardo oltre la meravigliosa Basilica Superiore si abbraccia la Piana di Assisi. Appare simbolo dell’ampiezza del dialogo e della fraternità vissuta da Chiara Lubich.
Carismi Ossia: un appuntamento con Dio nella storia, per non rischiare un infinito rimando.