Chi vuole i nostri rifiuti ?
Volendo fare un commento sottovoce, e a posteriori, sui fatti di Scanzano, la prima reazione è di scoramento, in quanto forse abbiamo perso tutti, come italiani. Forse hanno perso gli abitanti della Basilicata perché una reazione così corale, che ha coinvolto con blocchi stradali e manifestazioni di piazza tutta una regione, avrebbe avuto migliore ragion d’essere se fosse servita a sottolineare una proposta o un’idea positiva e non un rifiuto secco: il deposito nazionale serve, basta che non sia nel nostro giardino, e che le conseguenze le paghi qualcun altro, di un’altra regione o meglio ancora all’estero (magari come per le centrali nucleari, appena oltre i nostri confini con la Francia, da cui compriamo energia elettrica). Forse ha perso il governo, perché una materia così delicata non si tratta in questo modo, con decisioni prese da un comitato tecnico, comunicate a freddo e senza possibilità di appello. A parte le obiezioni tecnico-scientifiche che si possono fare sulla scelta di Scanzano, alla discussione andava data massima pubblicità e informazione corretta, coinvolgendo gli enti locali e l’intero mondo scientifico. Una decisione comunque non facile, perché il nucleare in Italia è una scelta ormai fuori moda; ma almeno avremmo avuto un orientamento, qualunque fosse, un minimo condiviso. Forse hanno perso le forze politiche, che come al solito, appena visto da che parte tirava il vento, si sono tutte affrettate a schierarsi con i manifestanti e contro il governo, improvvisamente convinte e sdegnate. D’altra parte ci vuole coraggio a scommettere sugli interessi a medio lungo termine del paese, anche a costo di perdere qualche voto alle prossime elezioni. Detto questo, rimane il problema di cosa fare dei rifiuti nucleari. Le regioni che se li sono tenuti fino ad ora si stanno cominciando a chiedere perché loro sì e la Basilicata no. L’emergenza ci interroga ancora una volta sulla nostra idea di convivenza: non è solo questione di nucleare, ma anche di inceneritori, discariche, centrali a carbone, dighe e invasi per l’acqua, acquedotti ed elettrodotti, autostrade, e l’elenco potrebbe continuare. Non c’è niente da fare, siamo interdipendenti e ogni regione ha solo da guadagnare nell’offrire il proprio specifico contributo al benessere di tutta la nazione, ricevendo a sua volta i contributi delle altre. E solo da perdere nel chiudersi, nel dichiararsi pura e incontaminata, sbarrando le frontiere. La decisione sulla via migliore per gestire i rifiuti nucleari in Italia non potrà venire certo da una somma di egoismi locali più o meno motivati, ma solo da una serena e comune valutazione di tutti gli elementi, tecnici e paesaggistici, bilanciando il contributo e il “bene” di ogni regione. In questo modo questi rifiuti, invece che solo un problema, potrebbero diventare un’opportunità preziosa per rimettere meglio a fuoco il nostro stare insieme e unire in modo più fruttuoso le nostre diversità.