Chi vuole capire Trump deve guardare a Beppe Grillo
Hillary Clinton ha appena concluso il discorso con cui ha ufficializzato la sconfitta e riconosciuto la vittoria di Donald Trump, «il nostro presidente, a cui dobbiamo una mente aperta e la possibilità di guidare il Paese». Aldo Civico, docente di Antropologia ed esperto di Risoluzione dei conflitti internazionali al Rutgers College di Newark, lo commenta a caldo affermando che la Clinton «ha fatto un discorso alto, rispettoso delle istituzioni e della democrazia, e ha messo in chiaro i valori della Costituzione e del Paese senza tentennamenti». La Clinton però non sarà il 45mo presidente Usa, ruolo che gli statunitensi hanno riservato al magnate newyorkese, uomo discusso durante tutta la campagna, ma che è riuscito nell’impresa di vincere le elezioni, pur contestato dal suo stesso partito.
Come si spiega questo risultato elettorale?
«Il risultato si colloca sulla scia del referendum sulla Brexit e di quello contro l’accordo di pace con le Farc in Colombia o, ancora, si lega ai risultati delle elezioni locali tedesche, tutti eventi che rafforzano e danno ossigeno ai movimenti di destra o a quelli populisti, che stanno sorgendo ovunque sia in Europa che nelle Americhe. E l’Italia sarà la prossima ad essere toccata dal fenomeno in maniera evidente. Chi vuole capire Trump in Italia deve guardare al successo di Beppe Grillo e del Movimento 5 Stelle. Sia la Brexit che i Cinquestelle, come anche Trump, non hanno una proposta di costruzione del Paese o di un continente come per l’Europa, ma hanno un messaggio di distruzione dell’esistente, tante volte fine a sé stesso, e senza una reale costruzione di alternative valide».
Siamo davvero arrivati all’antipolitica che governa?
«Siamo stati abituati nelle elezioni politiche a fare comparazioni tra ideologie, tra destra e sinistra o tra classi sociali, e invece i risultati di questa campagna e delle altre ci dicono che le regole della politica sono saltate, perché una fascia sempre più ampia della popolazione sente di essere nata nel posto giusto per riuscire a farcela nella vita e questo vale per il Nord Italia o l’America o lo stesso Regno Unito. In questi contesti, la presenza dello straniero e dell’altro è percepita non solo come minaccia al proprio status economico e sociale, ma come minaccia alla propria identità culturale e alla propria cittadinanza. Il movimento, ad esempio, che ha portato Trump alla vittoria è lo stesso che ha messo in discussione la cittadinanza americana e la legittimità della presidenza di Barack Obama: una contestazione che non è iniziata da Trump, ma che lui ha saputo magnificare per anni, sostenendo che la cittadinanza non è uno stato che si acquisisce, magari anche quando si nasce, ma è legata alle vere origini, al territorio che ha visto tutta la tua famiglia nascere e crescere lì. È questo che alimenta anche le tante forme diffuse di razzismo, pure in Italia e in Francia. La cittadinanza, quindi, mescola identità culturale e territorio fino a diventare la stessa cosa: un muro».
L’identità è stato un fattore determinante nella vittoria di Donald?
«Oggi la maggior parte dei messaggi in politica è legata ad un’identità culturale e ad un territorio. Trump ha saputo cogliere la grande ansia di una parte della popolazione, composta da uomini maschi bianchi, di classe sociale media e medio-bassa, che stanno sperimentando sulla loro pelle la decadenza del mondo occidentale e assistono impotenti alla perdita di importanza e di posizione del loro lavoro anche a causa dell’interdipendenza economica e del flusso di immigrati. Vedersi erodere la propria identità provoca una reazione di paura ed è questo quello che sta accadendo in tutto l’Occidente e non solo negli Usa. Vediamo sparire le ideologie, cioè quella serie di idee che ci permettevano una lettura del mondo e vediamo crescere le identità locali e valoriali».
A proposito di valori, i cattolici hanno contribuito notevolmente alla vittoria di Trump, diventato paladino della vita…
«Deve far riflettere il fatto che il 51% dei cattolici lo abbia sostenuto. E deve far riflettere anche il tipo di educazione cattolica praticata negli Usa e in altri Paesi, dove si sottolinea un solo aspetto della dottrina sociale cristiana, come può essere la tutela della vita, a discapito di tutto il resto. Ha creato un problema di coscienza votare per la Clinton, che si è dichiarata per la libertà di scelta delle donne, e ha creato meno problemi di coscienza scegliere un candidato che ripetutamente nei suoi discorsi pubblici ha trattato le donne come un oggetto e le ha denigrate.Un candidato che ha insultato i musulmani e le altre religioni, i migranti e molti altri. C’è un tradizionalismo cristiano dilagante sia negli Usa come nell’America Latina, dovuto spesso a sette, ma che in questa campagna anche le chiese hanno avallato. Inclusa la cattolica, non nuova alla resistenza e all’opposizione attiva anche alle proposte del papa e non solo sul primato dei poveri. Ho letto che anche sull’ecumenismo proposto per i 500 anni di Lutero ha ricevuto contestazioni. Le comunità religiose dovrebbero interrogarsi sulla coerenza tra valori spirituali e comportamento politico e sociale, per non cadere, anch’esse, nel fondamentalismo».
Un sentimento di scoraggiamento e tristezza pervade il Paese in certe sue parti e non sono mancate manifestazioni contro l’esito del voto. Cosa si potrà prevedere?
«Lo scoraggiamento possiamo permettercelo per qualche giorno, ma poi bisogna lavorare all’alternativa e cioè essere ancora di più quelli che siamo: We the people (noi il popolo). Essere noi quelli che credono all’unità e al dialogo, alla dignità della persona, ai ponti e non ai muri. L’unità emersa da queste elezioni è invece quella di un noi, ma contro gli altri, mentre andrebbero fatte proposte radicali dove le comunità unite non sono quelle chiuse, ma quelle che si aprono all’altro».
Proviamo a tracciare delle possibili linee di governo che Trump metterà in atto?
«Anzitutto punterà alla supremazia della razza bianca: un progetto che affonda le sue radici nelle origini delle relazioni internazionali degli Usa. La relazione per questi americani è quella del dialogo della razza bianca con tutte le altre, in modo da garantire comunque la supremazia. E il trumpismo esprime questo pensiero dove l’altro non è un pari in dignità, ma è una scusa per riaffermare la propria superiorità. Trump ha poi distrutto il partito Repubblicano, che è arrivato disintegrato a queste elezioni e paradossalmente ha vinto anche al Congresso. Il nodo cruciale resta la nomina dei giudici della Suprema Corte (una specie di Corte Costituzionale): Trump ne nominerà due o tre e, in questo modo, determinerà per i prossimi 25 anni la legislazione del Paese in termini di diritti civili, come quelli alla salute e all’educazione».
Davvero Donald metterà in atto quanto proclamato a gran voce in campagna?
«Ha ricevuto un mandato dal popolo e non dal partito e quindi sarà difficile che non tenga fede alle promesse; ma Donald è un personaggio talmente “eretico” che sarà difficile fare previsioni, persino in due Stati notoriamente democratici ha stravinto. Le persone di cui si è circondato in campagna elettorale, da Christie a Giuliani, non sono rassicuranti e non lo saranno certe loro scelte».