Chi sono davvero i pescatori?

Uomini pazienti e forti, che sanno gestire le difficoltà di un mare in tempesta o di una pesca magra.
Pescatori, foto Pixabay

Essendo nata in Calabria, le mie estati da bambina le trascorrevo al mare, in una piccola casa con i mobili blu e bianchi, affacciata sugli scogli. Quando al mattino presto arrivavano le poche barche dei pescatori era per me una festa! Seguivo mio padre, che li conosceva uno ad uno, e divenni così amica di Tommaso, di Sirio, di Luciano. Uno di loro preparava una cassetta rossa piena di pesci vari, ogni giorno diversi, per il nostro pranzo o per la nostra cena. Avrei voluto, come il filosofo e matematico Pitagora, essere così ricca da comprare ogni giorno i pesci per poterli poi liberare, ma capite bene che restava, purtroppo, solo un bellissimo sogno!

Ciò che mi affascinava erano le storie che mi raccontavano, quando terminata la vendita, restavano lì a ricucire le reti, a lavare ogni cosa, a salare il pesce rimasto. Erano storie semplici che raccontavano della necessità di sopravvivere, di resistere, di rimanere uomini anche e soprattutto in situazioni difficili.

Io li ho scoperti per caso questi uomini amanti del mare, dotati di pazienza, di meraviglia e di poesia. Diceva il poeta Metastasio che le reti dei pescatori catturano brandelli di mare. E sogna il pescator le reti e l’amo!

Mi parlavano di loro e del mare. Mi portavano una stella marina e un cavalluccio marino con la sua coda arricciata, ma dopo averli messi nel mio grande secchiello pieno d’acqua salmastra, appena loro ripartivano, li rimettevo in mare. Mi raccontava Sirio, il più giovane, non ancora sposato: “Il mare non è mai dello stesso colore: oggi è nero come la pece, domani sembra d’argento, oggi è calmo come mio figlio che dorme dopo aver succhiato il latte, domani è tutto torbido come la mente di un matto”.

Tommaso, il più vecchio, con 6 figli, mi diceva che il mare era per lui un padre: “Dobbiamo prendere da lui quello che ci offre. Io gli parlo spesso e quando di notte caliamo le reti, gli faccio la stessa domanda perché  lui è vivo, ci ascolta e risponde e ci fa tornare con le reti piene.

E Luciano, sempre sorridente e attivo, con tre figli di tutte le età, mi diceva che per lui il mare era stato un salvatore: non gli piaceva andare a scuola e a nove anni si rifugiava in un posto nascosto a bere vino. Poi, un giorno, il padre pescatore, che sognava per lui un mestiere diverso, era rimasto a casa perché c’erano forti temporali. Per fargli una sorpresa, era andato a prenderlo a scuola, ma il bidello gli aveva detto che non si vedeva quasi mai a scuola. Gli era crollato il mondo addosso e pure i suoi sogni! Piangendo il padre aveva capito che solo il mare avrebbe potuto guarirlo e la sera stessa se l’era portato dietro! In loro c’era la certezza di essere le persone più fortunate del mondo, anche se costrette come tutti ad affrontare problemi e povertà.

Erano persone generose. Quando Tommaso seppe che non mangiavo quasi niente, mi portò a pranzare con i suoi 6 figli: avevo portato una torta che mia mamma aveva preparato per loro. Mangiai quello che c’era e così, spesso, li invitavo anch’io e siamo cresciuti insieme condividendo cibo e giochi. Ricordo ancora quando affacciata alla finestra, ascoltando a tarda sera il rumore delle onde, nel buio fitto, vedevo spuntare le lampare delle barche dei pescatori!

Mi raccontavano che quando erano al largo gli unici suoni a far loro compagnia erano quelli del vento, degli uccelli, dell’acqua. Il loro era un lavoro un po’ solitario in cui si passavano tante ore a pensare e poco a parlare. Se non c’erano le donne a casa, a mandare avanti i figli, loro non avrebbero potuto fare questo mestiere. Eppure erano famiglie solide dove ci si rispettava e ci si voleva bene.

Mi hanno visto crescere mentre loro sono invecchiati. Dal loro viso abbronzato e pieno di rughe si vedeva prima il loro sorriso mentre la barca si avvicinava a riva. Avevano la sapienza del mare: sapevano ascoltare. Qualunque cosa gli confidassi, mi davano la risposta giusta, come quando feci conoscere il mio ex fidanzato e tutti e tre mi dissero che non era adatto a me. Ci lasciammo un anno dopo, ma allora andava tutto bene tra noi!

Tommaso e Luciano sono morti di Covid. È rimasto Sirio, con i problemi comuni a tutti i pescatori moderni: aziende e cooperative allo sbando, pescatori indebitati fino al collo, ridotta pescosità dei mari, esistenza di fermo pesca obbligatori per ripopolare l’ambiente marino, che però non vengono rispettati.

È venuto a trovarci in Romagna e gli ho presentato alcuni pescatori di qui, organizzati a partecipare a sagre dove vendono ottimo pesce fritto in cartocci e si mettono insieme per diffondere le loro idee sul mare e su come, nonostante i problemi, e per far nascere e diffondere iniziative solidali a favore di chi è bisognoso.

Ho compreso che questa gente, di ieri e di oggi, è accomunata dalla stessa forza d’animo, quella che proviene da una vita pura, fatta di silenzioso, ma incessante lavoro anche sotto un cielo minaccioso o mentre infuria la tempesta. Ho scoperto in loro la pazienza di sapere aspettare, la tolleranza verso tutti, l’umiltà.

La vita è mutevole, non possiamo vivere sempre esperienze gioiose: come i pescatori anche noi ci avventuriamo in mare aperto, anche noi gettiamo le reti e solo dopo molto tempo sappiamo quanto e cosa abbiamo pescato.

Conoscendo i miei amici pescatori, ho apprezzato che Gesù abbia scelto proprio tra loro, i suoi apostoli, e che abbia paragonato il Regno dei Cieli ad una rete gettata in mare, che raccoglie ogni genere di pesci. E ripete a ciascuno, lasciandoci liberi: “Seguitemi! Vi farò pescatori di uomini… da consolare, curare, amare!”.

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