Chi decide davvero? Democrazia sotto esame
Le nostre vite sono piene di decisioni collegiali. Senza contare le mediatiche discussioni e votazioni parlamentari, ognuno di noi poco o tanto ne fa esperienza, dalla famiglia alle assemblee di condominio, per arrivare ai consigli di amministrazione delle imprese.
Molti sono i modi per discutere (e talvolta litigare) nel percorso verso una decisione: c’è chi ha fretta di decidere e non si cura della discussione e chi invece vuole approfondire e discutere, per non parlare dei casi “interessati” di pura ratifica delle decisioni altrui proposti da chi proprio non vuol discutere!
Il tema delle decisioni collegiali sta al cuore della democrazia a tutti i livellie come tale è un’interessante oggetto di studio da parte di filosofi, politologi ed economisti (questi ultimi si sono affacciati al tema fin dagli anni 50 del secolo scorso).
Ed è proprio partendo dal lavoro sperimentale di un economista, il premio Nobel Vernon Smith, che la democrazia è entrata in laboratorio. Da diversi decenni i modelli teorici dei politologi vengono testati in esperimenti sociali di laboratorio: tre grandi filoni si occupano di decisioni di comitato, elezioni e competizioni fra candidati, affluenza al voto e giochi di partecipazione.
Questi esperimenti permettono, anche grazie ai recenti progressi delle neuroscienze, di osservare e conoscere i comportamenti umani in ambiente controllato, potendo così separare le diverse componenti che influenzano le scelte e spiegare gli esiti in termini di consenso, accordo, affluenza ecc. Si possono studiare, ad esempio, i sistemi di voto (chissà se qualcuno dei nostri parlamentari che si occupano di riforme ha visto qualcuno di questi lavori!)
Si cerca di rispondere a domande tipo quali incentivi spingono i partecipanti a condividere o manipolare l’informazione disponibile, come soggetti con opinioni diverse possono o meno raggiungere un accordo. Ma si studiano anche i meccanismi che portano, ad esempio, all’effetto “salire sul carro del vincitore”, cioè votare non secondo le proprie convinzioni ma secondo quelle che prevalgono socialmente.
Ecco che anche temi d’attualità come le unioni civili, la cittadinanza agli immigrati, gli organismi geneticamente modificati possono essere non solo testati con sondaggi ma anche portati in laboratorio per essere studiati in piccoli gruppi deliberativi.
E’ quanto è stato realizzato recentemente in esperimento congiunto in due università italiane – Università di Cagliari ed Istituto Universitario Sophia. Si sono misurati gli effetti in termini di raggiungimento dell’accordo (votazioni unanimi) e di spostamento delle opinioni prima e dopo l’esperimento facendo variare l’informazione disponibile, la possibilità di discutere ed i fattori etico-culturali dei partecipanti.
I risultati confermano che l’informazione è un potente dispositivo per spostare le opinioni, mentre è la discussione che consente più facilmente di raggiungere un accordo. Come era prevedibile il background etico-culturale pesa sui risultati.
Studiare in laboratorio la democrazia può essere un contributo per affrontare le patologie dei sistemi democratici e proporre terapie che si incrociano con le proposte di maggiore partecipazione e discussione pubblica legate alla cosiddetta” democrazia deliberativa”.
Naturalmente questi studi di elaborazione di modelli democratici e test in laboratorio riguardano tutti (anche noi che andiamo, oppure non andiamo per non litigare alle assemblee di condominio!) e non solo i politici del piccolo schermo. Un’occasione di apprendimento per migliorare la nostra vita in comune.