Chemnitz, capitale europea della cultura 2025

La città tedesca, in Sassonia, ai piedi dei Monti Metalliferi, è capitale europea della cultura 2025 insieme a Gorizia e la vicina Nova Gorica slovena. Le sue origini risalgono al tempo dell’imperatore Federico Barbarossa, intorno al 1170
Municipio di Chemnitz (ph Rolf 41 Wikipedia)

Chemnitz ha inaugurato il 18 gennaio il suo programma annuale di capitale europea della cultura con un grande spettacolo all’aperto. Diverse decine di migliaia di cittadini e visitatori hanno assistito a spettacoli, concerti e feste. Durante una cerimonia al Teatro dell’Opera, il presidente della repubblica tedesca, Frank-Walter Steinmeier, ha invitato i cittadini a riscoprire le caratteristiche culturali della città sassone. Ricordando inoltre le violenze di gruppi xenofobi e neonazisti avvenute a Chemnitz nell‘agosto 2018, il presidente ha ribadito che è importante avviare un dialogo, «imparare dalle differenze e sviluppare insieme qualcosa di lungimirante».

Chemnitz è oggi una città di 250 mila abitanti, ma non è certamente famosa per essere un’attrazione turistica. È stata una delle più importanti città industriali tedesche del XIX secolo, tanto da essere definita all‘epoca la “Manchester della Sassonia“, a causa dell’inquinamento e delle pesanti emissioni di fumo. Ma è stata pesantemente bombardata durante la Seconda guerra mondiale, e non rimane molto della sua antica ricchezza. Le industrie tessili, cantieristiche, ferroviarie e automobilistiche hanno invece lasciato un segno duraturo sulla città.

Chemnitz è la capitale europea della cultura 2025 insieme a 38 comuni della Sassonia centrale, della regione di Zwickau e dell’Erzgebirge (Monti Metalliferi), nome che deriva da secoli di storia mineraria. Sin dal XII secolo sono stati estratti in questa regione minerali d’argento e successivamente di rame, stagno, bismuto, cobalto e uranio. Le vetrerie erano numerose in passato anche grazie alle grandi riserve di legname. Allo stesso tempo, la regione ha sviluppato il tradizionale artigianato artistico dell’Erzgebirge, terra di confine con la vicina Cekia.

I raid aerei alleati di febbraio e marzo 1945 distrussero il centro storico di Chemnitz. Dopo la guerra furono costruiti molti edifici prefabbricati. Il governo socialista della DDR volle trasformare la città in un modello di società operaia e contadina e nel 1953 la ribattezzò Karl-Marx-Stadt. Un busto alto 13 metri dell’ ideologo del marxismo divenne il suo simbolo. Dopo la caduta del muro di Berlino, la maggioranza dei residenti votò (1990) per il ritorno al nome di Chemnitz, che la città aveva avuto per secoli. Ma la testa monumentale di Marx è rimasta.

Non è immediatamente evidente quando si visita la città la prima volta che molti abitanti hanno sviluppato una particolare mentalità “fai da te”, ma non è difficile cogliere lo speciale talento per l’improvvisazione e uno spirito inventivo nato in tempi di povertà, che segna la cultura specifica di Chemnitz. “C the Unseen” è il motto in inglese adottato dal programma di Chemnitz Capitale della Cultura 2025: è una frase volutamente ambigua, può significare “Vedere il nascosto” ma anche “La Chemnitz non vista”. Esprime il desiderio di mostrare persone, luoghi e attività che altrimenti ricevono poca attenzione. Allo stesso tempo, è un invito ai visitatori: non limitatevi a notare l’esterno, ma guardate oltre, scoprite anche ciò che non è visibile a prima vista.

Anche l’associazione ecumenica “Kulturkirche 2025” partecipa al programma della capitale della cultura con questo obiettivo. Vi partecipa nonostante il fatto che solo il 12% della popolazione della città sia cristiana. Anche a causa delle politiche antireligiose della DDR, l’88% degli abitanti non appartiene ad alcuna religione. Con il programma “Vedere di nuovo, apprezzare di nuovo, rafforzare di nuovo”, le diverse chiese propongono a tutti mostre, concerti, conferenze, incontri e percorsi di pellegrinaggio.

Il programma generale prevede un totale di circa mille eventi e 150 progetti da realizzare nel corso dell’anno. Tra questi ci sono molti concerti, il Festival Kosmos per la democrazia e il percorso di scultura “The Purple Path”. La mostra “3000 garages” racconta che ai tempi della DDR le rimesse per auto non erano solo depositi di veicoli e pezzi di ricambio, ma anche piccoli rifugi che consentivano alle persone di socializzare e di scambiarsi abilità tecniche e manuali.

Gli ideatori del programma hanno fatto in modo che i progetti non solo parlino agli ospiti, ma arricchiscano anche la vita degli abitanti di Chemnitz. Ad esempio, è stato allestito un parco accanto a un ruscello recuperato, che riunisce un quartiere a lungo tagliato in due da una linea ferroviaria. Oppure iniziative che mirano a rafforzare la coesione in un quartiere, come la piantumazione di alberi di mele nella zona.

Con la scelta di Chemnitz a capitale della cultura, i riflettori dell’Europa sono volutamente puntati su una regione industriale che ha subito grandi sconvolgimenti e che ha dovuto reinventarsi ripetutamente.

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