Che succede Oltralpe?
È sulla bocca di tutti, per la questione Rom, per lo scandalo l’Oreal, per il burqa, per le pensioni… Una nuova centralità?
Era da tempo che la sonnacchiosa Francia non saliva con tale forza alla ribalta dell’opinione pubblica europea. Pareva afflitta da un male incurabile, una sorta di depressione post-grandeur, qualcosa che ne minava l’indiscutibile excellence. In pochi giorni – anche sotto la spinta di un presidente di origini ungheresi e di una première dame di origini italiane: potenza del modello d’integrazione à la française! – ecco che una serie di motivi incendiari la ripropongono al proscenio: la questione dei rom e del loro allontanamento (in parte favorito da esborsi di denaro) dalla Francia, e la forte reprimenda proveniente da Bruxelles; la proibizione del burqa sul territorio nazionale; lo scandalo Bettencourt, proprietaria de l’Oreal, che avrebbe finanziato in vari modi Sarkozy e alcuni suoi ministri; la catena di scioperi generali dovuti alla nuova legge sulle pensioni, che innalzano l’età minima da sessanta a sesssantadue anni; senza parlare del probabile addio del premier Fillon e del rimpasto governativo alle porte…
Se il presidente sta certamente cavalcando in vari modi la questione sicurezza per cercare di risalire nei disastrosi sondaggi del momento, lanciando così la sua campagna elettorale a due anni dalle prossime elezioni presidenziali, è anche vero che il problema dei rom non è da poco in un Paese che ne ospita diverse centinaia di migliaia. Ma la patria dei diritti dell’uomo su questo dossier rischia la propria credibilità: non si può infatti espellere “a gruppi” delle persone a basso reddito tutte della stessa etnia (alcune circolari ministeriali su questo punto sono inequivocabili: nel mirino c’erano e ci sono i rom, e solo loro)… Più equilibrata appare la posizione del governo sul burqa integrale (e non sul velo islamico) vietato in Francia, decisione sulla quale convergono gran parte dei leader europei, anche perché ci si basa sulla necessità legislativamente chiara in quasi tutti i Paesi europei di identificare chiunque in ogni situazione.
Tuttavia la battaglia politica in Francia si gioca non tanto su questi due primi dossier che tanta eco suscitano all’estero, quanto su quelli dello scandalo Bettencourt (un giro di milioni versati al servizio di certi politici, tra cui in primis il presidente) e sulla riforma delle pensioni. È su questi due punti che la gauche sta puntando maggiormente, con il conforto dei sondaggisti, per sperare di scalzare dopo il primo mandato un presidente troppo mediatico e attivista. Forse così poco “monarchico” nei suoi atteggiamenti rispetto a Giscard, Mitterrand e Chirac…
A margine va anche notato come, da qualche anno, la Francia non sia solo oggetto di gossip e di critiche malevole da parte di un’Europa sempre invidiosa delle posizioni troppo indipendenti di uno dei suoi membri, ma sia anche un laboratorio culturale sostenuto da nuove energie. Non si tratta di un movimento sociale e politico della forza di un nuovo Sessantotto, ma certamente di una nuova spinta culturale che le viene dai contributi di tanta gente proveniente dai lidi più diversi e lontani. Paradossalmente la Francia vive grazie alle tante energie degli immigrati di seconda e terza generazione. Immigrati che si sono totalmente integrati nel modello francese. Oltre all’inequivocabile esempio di Sarkozy e consorte, basta scorrere gli organigrammi delle aziende e dell’amministrazione pubblica, delle squadre di calcio e di rugby, oltre che delle agenzie culturali del Paese per accorgersi che la Francia è certamente il Paese europeo con più “contributi” provenienti dall’estero. Pare quindi un po’ contraddittorio che si vogliano ora espellere in massa degli stranieri, ormai europei… Perché, tra qualche anno, il “sistema Francia” potrebbe portare ad un presidente, o a una première dame di origini rom…