Che non ti accada, o popolare…
Era il 9 gennaio del 1921 quando Igino Giordani per la rubrica Variazioni sul tema pubblicava su Il popolo Nuovo, organo del neonato Partito Popolare un editoriale che incoraggiava gli iscritti al partito a formarsi su un organo di stampa che riportasse i loro ideali. Ci sono riferimenti alla stampa dell’epoca e al rapporto di alcuni di essi con la massoneria. Oggi ricorrono 23 anni dalla morte di Giordani, primo direttore di Città Nuova. Lo ricordiamo ripubblicando questo scritto messoci gentilmente a disposizione dal Centro Igino Giordani.
«Primo. Stampa avversaria, suddivisibile, a occhio e croce, in due categorie: onestamente avversaria – e questa la si combatte a viso aperto, in lotta senza quartiere; libellisticamente avversaria, formicolante stupidella e astiosetta un po’ dappertutto – e questa va curata con buon umore, cristiano compatimento e disinfettanti.
«Secondo. Stampa che chiameremo… palustre […]. È la più pericolosa, favorisce la malaria. Fiotta tra la Loggia e il tempio, ma s’alimenta per natura da quella. Essa va per la maggiore, saccente, catastrofica, arrogante; tiene a dare il la alla vita del Paese, a essere il tonico digestivo indispensabile all’intellettualità del dopo pranzo della gente per istrazio detta benpensante. Guardatevene! Quando gli servite, vi chiama i bianchi, il P.P.I. merita l’onore delle sue interviste, divien persino costituzionale, vien catalogato ben anco tra i partiti – pare incredibile – dell’ordine. Ma quando vi azzardaste a levarvi da letto con l’umore non proprio identico a quello di quel direttore, siete spacciati e vi si imbandisce tra i neri, vi si qualifica per bolscevichi e magari insieme – santa coerenza! – per codini e conservatori.
«Terzo. La stampa nostra: non ricca, lo so, non sgargiante come l’altra. Poverella, lo so; ma santa povertà, virtù cristianissima. E qui un attimo d’esame interiore. Mettiamoci davanti allo specchio e diciamoci: «Tu, cristiano, popolare, leggi, com’è tuo dovere, il “tuo” giornale? O non piuttosto, per snob, per moda, per abitudine, leggi il giornale secondo tipo, né carne né pesce, che pensa a seconda delle stagioni e digestioni, che sfavilla il suo signoril sarcasmo sulla tua fede, sulle istituzioni a te care?… Perché?… Mah! Dici: è più vario e ricco… L’affare dell’ovo e della gallina! Ma se tu non sorreggi la “tua” stampa, questa non potrà diventare mai più ricca, più varia anch’essa. Piuttosto che criticare, ragiona. […] Perché sol tu critichi da mane a sera sterilmente la tua stampa invece di contribuire a irrobustirla? Leggerai ancora i giornali del tipo palustre?…».
«E l’anima attraverso il sorrisetto malizioso dello specchio e un balenar di rampogna dalle pupille, ci dirà: «Leggi il tuo giornale! Il giornale del tuo partito! Esso ti dà l’arma per combattere l’avversario, esso ti presenta la riprova rasserenante della bontà dei tuoi princìpi tradotti giorno per giorno in azioni e sanzionati dalla pratica; è nuovo sangue trasfuso nell’organismo, che dà slanci alla tua fede tiepida; e che ti superbo d’essere cristiano e di portare, per mezzo del tuo partito, questa cristianità purificatrice nella lizza della vita, là dove brulicano passioni ed egoismi e invidie e serpeggiano i ramarri della setta tra i ciarlivendoli della Russia.
«Leggi il tuo giornale: leggendolo tu ad esso darai conforto: esso ti ricambierà riportandoti la voce di altre migliaia di generosi che, come te, vicini e lontani, nei campi e nei laboratori e nelle scuole e negli uffici vivono il tuo stesso ideale; esso ti unisce a tutti costoro; esso vi avvince tutti, quasi legame sensibile e visibile del comune sentimento.
«Leggi, o popolare, il “tuo” giornale, il Popolo Nuovo: – è la voce immediata, genuina, limpida del tuo partito. Leggi il Popolo Nuovo, o popolare!… Anche perché non ti accada, non leggendolo, di dirti popolare e non saperne il… senso!».