Che fine ha fatto la solidarietà?
L’Italia è ancora un Paese in cui le radici cristiane supportano politiche di solidarietà verso i più poveri?
Sul fronte interno, si moltiplicano le iniziative della Caritas e delle parrocchie che investono risorse, allestiscono mense e centri di accoglienza, per alleviare le necessità delle fasce più povere della popolazione, rese ancora più drammatiche dalla crisi economica e dalla piaga della disoccupazione. La nostra gente si dimostra ancora solidale.
La domanda posta in apertura riguarda allora, principalmente, il sostegno del nostro Paese alla cooperazione allo sviluppo. L’Italia e la lotta alla povertà nel mondo è il quarto rapporto della ong ActionAid sulla cooperazione italiana allo sviluppo, diffuso nei giorni scorsi, che valuta, attraverso il contributo di esperti, i progressi del nostro Paese nel mantenere gli impegni presi dal 2000 nella lotta alla povertà nel mondo.
Secondo questo rapporto, nel 2009 l’Italia è stato il paese europeo che ha investito percentualmente di meno in aiuti per lo sviluppo, con solo lo 0,16% del Prodotto interno lordo, con una contrazione del 24% delle risorse a ciò destinate nel bilancio dello Stato. A fronte di una media europea dello 0,44%, l’Italia è l’ultimo donatore in termini di generosità, collocandosi dopo paesi dalle finanze pubbliche più instabili come Grecia, Portogallo, Malta e Cipro.
“Nei giorni del Vertice G8 de L’Aquila – afferma l’ong – il governo italiano si era formalmente impegnato di fronte al Parlamento e all’opinione pubblica internazionale a saldare i debiti al Fondo Globale per la lotta a Hiv/Aids, tubercolosi e malaria e a contribuire alla Food Initiative con 450 milioni di dollari". ActionAid rileva che "ad un anno di distanza nessuno di tali impegni è stato mantenuto".
Con la crisi economica internazionale ed il peggioramento delle condizioni di povertà globale il numero delle persone nel mondo che soffre di fame supera la soglia del miliardo. La crisi sta mettendo a dura prova i progressi compiuti negli ultimi anni da molti Paesi in via di sviluppo, dove investimenti, spesa sociale e processi di stabilizzazione e democratizzazione rischiano di arrestarsi.
Di fronte a questa crisi ogni membro della comunità internazionale è chiamato a fare la propria parte. Giappone, Regno Unito e Germania hanno già risposto all’appello della Banca Mondiale di destinare una parte dei pacchetti nazionali di stimolo economico verso i paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti aumenteranno del 10% l’aiuto internazionale il prossimo anno. L’Italia è chiamata ad avviare almeno l’iter di esborso dei circa 2,5 miliardi di dollari dovuti a banche e fondi, oltre a versare l’arretrato, pena il rischio di frenare l’azione degli organismi multilaterali.
In gioco non c’è solamente un’immagine credibile della nostra cooperazione, ma anche il ruolo cruciale che l’Italia è chiamata a dare nella risposta globale alla crisi, attraverso il sostegno alle economie più in difficoltà.