Chaplin e l’importanza di ridere con gli altri
Scrissero il Devoto e Oli che l’umorismo è quel tipo di espressione che implica una profonda simpatia umana. Infatti non è mai ostile, l’umorismo, ma si accosta alla realtà per coglierne gli aspetti più divertenti e strampalati, con un atteggiamento di indulgente partecipazione. L’umorismo è leggerezza. E spesso va braccetto con la serietà. Quando riesce a produrre una miscela misurata di lievità e gravità, diventa poesia, e tocca le corde più sensibili dell’animo umano suscitando risate liberatorie, sorrisi e anche qualche lacrima. L’umorismo rompe pregiudizi e dispone l’animo alla comprensione. Non va confuso con la beffa e con l’ironia. «Quando si fa dell’ironia si ride degli altri – affermava quel fine pensatore che era Cipolla -. Quando si fa umorismo si ride con gli altri». Non è neppure comicità, il cui fine è il solo divertimento, e per raggiungere il risultato spesso si abbassa a trovate facili, grossolane o oscene. Non è arguzia, che è un piacere snob gradito agli intellettuali. Non è satira, che è figlia del risentimento, e si prefigge scopi morali, che spesso però sono totalmente di parte.
L’umorismo invece è universale. Il termine “umorismo” deriva da “umore” ed ha a che fare con quel qualcosa di “umido”, di recondito, che sta dentro ad ogni persona ed è lì pronto a essere liberato da un vero comico. Allora come un torrente in piena scoperchia i nostri blocchi con una irrefrenabile risata, e porta il cuore in alto, verso quanto di più bello c’è nella vita. Charlie Chaplin è stato “il maestro” dell’umorismo. Con lui ha toccato le vette più alte, è diventato poesia. Il comico francese Jacques Tati disse: «I suoi lavori sono sempre contemporanei, e allo stesso tempo eterni». Guardando i suoi film si continua a rimanere contagiati dal sapore dell’eternità. In quel capolavoro che è Il Circo, a Charlot-Chaplin gliene capitano di tutti i colori. Alla fine deluso, tristissimo, siede su un scatolone, tenendo in mano un pezzo di stoffa strappata, con l’immagine della stella del circo. La carovana circense intanto parte, e con essa la donna di cui si era innamorato, e per cui tanto ha fatto, e che ora è sposata con un altro. Lui rimane lì, solo, seduto sullo scatolone. Poi si alza. Si incammina su una strada polverosa. È inquadrato di spalle, all’interno di un cerchio nero che lentamente si restringe,, la sua andatura ondeggiante, il suo bastone sempre in movimento. Poi, a un tratto, sempre inquadrato di schiena, alza prima una gamba poi l’altra, con un lieve scalciare. Come per scrollarsi di dosso tutta quella tristezza, e ricominciare. Mai un moto dell’anima è stato rappresentato in modo così sublime, con un quasi impercettibile scalciare. In quella mossa, tutta la poesia di Charlie Chaplin. Che nasceva proprio 130 anni fa, nel 1889.