Montalbano e il viaggio dell’eroe

Da 18 anni interpreta Mimì Augello ne Il commissario Montalbano il più grande successo della tv italiana. Un covo di vipere, il primo dei due nuovi episodi in onda su RaiUno, ha ottenuto 10,6 milioni di telespettatori, per uno share del 40,78%. La prossima puntata, Come voleva la prassi, andrà in onda lunedì 6 marzo. Nostra intervista a Cesare Bocci che ripercorre i motivi del successo dell'opera filmica ispirata da Andrea Camilleri e tratti della sua storia personale. La moglie Dany il 1° aprile del 2000, pochi giorni dopo il parto della loro figlia Mia, rimase in coma per 20 giorni a causa di un ictus    

Per i pochi che non ti conoscono come ti definiresti come attore e come persona?

Come attore mi definirei un appassionato del mio mestiere. Ogni volta trovo uno stimolo per divertirmi: sia per le persone nuove che incontro, colleghi e registi, sia per quello che interpreto, al di là di un testo, un’opera, un film che può essere più o meno riuscito. Come persona mi ritengo fortunato di avere un carattere curioso, di saper ascoltare le vite degli altri, di stringere contatti.

Hai interpretato il vice commissario Mimì Augello in 30 tv movie visti in 60 Paesi del mondo, a cosa si deve il successo de Il Commissario Montalbano?

Alla penna di Andrea Camilleri perché, oltre all’aver saputo raccontare l’intreccio di trame poliziesche avvincenti, ha saputo disegnare dei personaggi con una propria storia e identità, indipendentemente dal fatto se sia il protagonista o la parte meno importante. Cura ogni dettaglio con dei contorni precisi: il semplice contadino che va a fare una deposizione in commissariato, la portinaia, il ristoratore, la cameriera Adelina, e delinea con tratto sicuro e in modo straordinario il tipo di rapporto tra i personaggi. Un altro aspetto per cui Montalbano ha avuto successo in moltissimi Paesi e in Italia, anche nelle repliche fa sempre grandissimi ascolti, è che non è mai restato uguale a se stesso. Camilleri ha sempre scritto in relazione alla realtà che viviamo e le nuove puntate parlano sempre di attualità, toccano temi in cui il pubblico si può identificare.

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Perché affascina il carattere del commissario Montalbano?

Montalbano è una persona di principi forti e sani, non scende mai a compromessi. Sono valori che si sono persi, ma di cui tutti ne abbiamo bisogno. È un personaggio che diventa, con la sua umanità, i suoi limiti, un modello.

E qual è il contributo del regista Alberto Sironi?

A volte la trasposizione sullo schermo delude il romanzo. Alberto Sironi ha saputo raccontare per immagini quello che lo scrittore aveva descritto nei suoi libri e ha saputo scegliere il gruppo di attori che riteneva idoneo per rappresentare la sua idea registica.

Il Commissario Montalbano piace anche in Paesi, come l’Iran, con differenti sostrati culturali. Che miti universali ci sono nei testi di Camilleri?

Ho scoperto qualche anno fa il testo di uno sceneggiatore statunitense, Christopher Vogler, Il viaggio dell’eroe in cui approfondisce la struttura del mito a uso di scrittori di narrativa e cinema. A distanza di duemila anni insegnano ancora agli sceneggiatori di Hollywood la tragedia greca. Avviene perché il mito dell’eroe affascina il pubblico di ogni tempo e di ogni luogo. Sono personaggi imperfetti che hanno paura a intraprendere la loro avventura, ma ci sono degli elementi universalmente rintracciabili. Costituiscono una mappa per il suo viaggio di trasformazione in dodici fasi sul cui telaio si compongono le molte possibili varianti su cui si basa la quasi totalità delle storie moderne. Sul loro cammino incontrano ostacoli, difficoltà di ogni genere, l’amore perso e ritrovato. Questi elementi rendono universale Montalbano come le grandi opere cinematografiche e televisive. Camilleri rispetta l’unicità di un eroe in una terra, la Sicilia, ricca di storia, arte, cultura, umanità, paesaggi, gastronomia che dà un valore aggiunto ad un’opera letteraria già valida.

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Il tuo personaggio, Mimì Augello, in 18 anni, si è evoluto o è rimasto lo stesso?

Come nella vita, noi uomini e donne rimaniamo con il nostro carattere fino alla fine, non lo possiamo modificare. Maturiamo perché se rimanessimo quello che eravamo a 12 anni saremmo ancora dei bambini. Ci sono, poi, dei personaggi che non si possono cambiare come Jerry Lewis che, in 20 anni, non si è mai modificato. Mimì Augello, in 18 anni, è cresciuto anagraficamente come sono cresciuto anch’io, ma non ha messo giudizio. Le sue malattie e i suoi vizi se li tiene. I personaggi de Il commissario Montalbano si modificano, noi non ci trucchiamo, siamo sempre noi che cresciamo negli anni, poi, come attori diventiamo più maturi, abbiamo più esperienze che ci migliorano, si lavora di più sulle sottigliezze, raffini di più la tua arte all’interno di uno stesso codice rappresentativo.

Mimì è uno donnaiolo. Molti identificano il personaggio con la persona, mentre nella realtà vivi una lunga storia d’amore con tua moglie Dany. Quanto c’è di Mimì in Cesare e quanto c’è di te in Augello?

Se ci fosse questo aspetto di Mimì in Cesare Bocci mi ritroverei fuori dalla porta di casa in tre minuti. Mimì è sempre abbastanza allegro, pronto alla socializzazione che poi sfoci in relazioni con il genere femminile quello è il suo vizio, però anche Cesare è una persona a cui fa piacere fare nuove conoscenze, ma non di più. Questo ci accomuna. Il genio di Camilleri è aver delineato dei personaggi di principi solidi. Anche io come uomo sono pieno di difetti, però, ho dei saldi valori a cui, come tutti, ogni tanto derogo, anche perché altrimenti saremmo delle macchine. Il mio principio fondamentale è il rispetto per sé e per gli altri, l’evangelico «ama il prossimo tuo come te stesso». Non pensare di trovare la tua libertà non rispettando quella degli altri.

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Tua moglie Dany è entrata in coma pochi giorni dopo il parto di vostra figlia. Cosa vi ha dato la forza per non arrendervi di fronte alla malattia?

C’è una componente atavica che è lo spirito di sopravvivenza. Poi c’è il carattere. Dany è una ragazza caparbia, volitiva, che non si arrende mai anche se abbiamo passato momenti di disperazione e di pianto. Ma non si può guardare solo un lato della medaglia. Dall’altro lato c’è la gioia, le risate, la leggerezza. Noi siamo riusciti a girare la medaglia da una parte e dall’altra. Poi sopra a tutto c’è l’amore tra me e Dany, l’amore tra le nostre famiglie di origine, l’amore per la nostra bambina che Dany ha potuto prendere in braccio per la prima volta dopo tre anni. Noi non siamo sposati, conviviamo, ma per noi la famiglia è fondamentale e la intendiamo come quel nucleo di persone, compresi gli amici, non solo i parenti, con cui ti scambi delle parole, dei gesti, dei principi, delle relazioni autentiche che ci tengono uniti.

Qual è l’essenza del matrimonio?

Quando uno si ama e si rispetta quella è la famiglia. Che, poi, ognuno possa scegliere di suggellarlo in forme diverse, per fede, per principi che gli sono stati trasmessi, è giusto farlo nel rispetto di tutti. Vivere la famiglia in una forma o in un’altra non toglie libertà a nessuno. L’importante è lavorare sui principi sani per ridare valore ad una società più giusta. Quando vedi due persone che si guardano negli occhi e sono felici, magari con un figlio o una famiglia accanto, come fai a dire che quella sposata è una famiglia e quella convivente non lo è.

In questo papa Francesco è molto più aperto?

È fantastico perché va all’essenza del cristianesimo, al Vangelo. Quando hai rispettato e amato te stesso e gli altri alla stessa maniera sei un vero cristiano. Gesù ci ha lasciato questo insegnamento.

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Racconti che la malattia di tua moglie ti ha reso migliore come uomo e come attore, in che senso?

Le difficoltà, qualsiasi esse siano, se le affronti, le combatti, le vinci, anche se non sempre ci riesci, ti lasciano dentro un messaggio che si sedimenta: io amo la vita. Questo ti dà coraggio e migliori come uomo e come donna intensificando il rapporto a due.  Nel nostro libro Pesce d’aprile ricostruiamo la nostra storia. Non volevamo scriverlo perché vita molto intima, ma poi tramite una nostra amica giornalista di Vanity Fair ci siamo convinti a pubblicarlo. Scriverlo, in realtà, ha aiutato molto anche noi perché ha avuto un effetto catartico perché non avevamo risolto tutto, ci siamo conosciuti meglio e ci ha reso più uniti. Inoltre sono un personaggio pubblico e mi sono sentito in dovere di dare il mio contributo per aiutare altri che possano avere lo stesso problema. Ho proposto a Dany di scriverlo a quattro mani. Lei mi ha risposto che «anche se dovesse fare del bene ad una sola persona vale la pena di farlo». Ci sono arrivati migliaia e migliaia di messaggi in cui le persone si sono sentite capite e sollevate nella loro sofferenza.

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