Cervello, emozioni e apprendimento

Le difficoltà nell'apprendimento sono un’esperienza che accumuna tanti bambini, le cause possono essere molteplici. La condizione migliore per l’apprendimento è quella caratterizzata da un ambiente caldo e accogliente.

«Io non sono bravo in matematica, non ci capisco niente» – mi dice Federico – e abbassa gli occhi.

I suoi genitori mi raccontano le difficoltà incontrate al momento dell’ingresso alla scuola primaria, «non ce l’aspettavamo» – mi dicono. Federico, infatti, è sempre stato molto curioso e per molti aspetti “precoce”.  «Già a tre anni, la sua lista di perché sembrava non finire mai» – dice la mamma.  Le maestre della scuola dell’infanzia lo descrivevano come un bambino molto attivo e vivace, con un buon potenziale di apprendimento, ma poco incline a stare seduto e a fare attività tranquille, come il disegno o gli esercizi di pregrafismo. Tendeva sempre a passare da un’attività all’altra, come se perdesse subito interesse in ciò che stava facendo.

«Federico non sopporta la noia» – mi spiega la mamma. «Gli ho comprato diversi giochi da tavolo, ma dopo un po’ si stufa, l’unica cosa che lo attrae sono alcuni giochi sul tablet. Io sarei contraria» aggiunge «ma alcune volte è l’unico modo per farlo stare un po’ tranquillo e impegnato in qualcosa».

L’arrivo alla scuola primaria, dopo una prima fase di entusiasmo, è stato accompagnato da un insieme di problemi: le difficoltà a stare attento e a rispettare le regole, il rifiuto per la matematica, ma soprattutto le resistenze quotidiane al momento di iniziare i compiti.  Ascoltando i genitori di Federico, colgo tutta la loro stanchezza, frustrazione e preoccupazione per il futuro scolastico (e non solo) del figlio.

Avere difficoltà ad apprendere è un’esperienza che accumuna tanti bambini, le cause possono essere molteplici. In alcuni casi esse possono essere determinate da fattori cognitivi, dalla presenza di un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività o di un Disturbo Specifico dell’Apprendimento, mentre in altri esse sono principalmente legate a fattori emotivi. Un altro aspetto importante da tenere in considerazione è inoltre il contesto, cioè l’insieme delle condizioni ambientali che fanno da cornice al processo di apprendimento. Nella maggior parte dei casi  vi è infatti una combinazione, ed un’interazione, tra fattori che potremmo definire  “interni” al bambino e fattori “esterni”. Per questo è importante, ogni volta che si presentano tali difficoltà, fare un’analisi accurata del processo di apprendimento e del contesto in cui esso avviene: quali sono le situazioni in cui le difficoltà del bambino si acuiscono e quelle in cui si attenuano? In questo modo sarà possibile individuare e i fattori che facilitano l’apprendimento e quelli che lo ostacolano. Inoltre, è fondamentale tenere conto delle modalità di funzionamento del cervello in fase di sviluppo. Esso funziona con una “logica associativa”: gli apprendimenti vengono associati all’emozione che li accompagna.  Nel caso di Federico, ad esempio,  lo studio, ed in particolare la matematica si è associato ad una sensazione di fatica, alla paura di fallire, alla frustrazione. Questa è una delle ragioni per cui, probabilmente, quando per lui si avvicina il momento dei compiti, le aree emotive del suo cervello, soprattutto quelle sottocorticali,  si attivano e generano uno stato di allerta, causando un “cortocircuito emozionale”.

Diversi studi sulla cosiddetta “warm cognition”, condotti da Daniela Lucangeli, docente di Psicologia dello sviluppo presso l’Università degli Studi di Padova, hanno mostrato che la condizione migliore per l’apprendimento è quella caratterizzata da un ambiente caldo, accogliente, che genera emozioni positive e favorisce uno stato di benessere nel bambino.  Questo predisporrà il suo cervello ad imparare meglio e a richiamare con meno fatica o ansia  ciò che è stato appreso.

Al contrario, contesti che innescano la  paura (di sbagliare, di non essere all’altezza) tenderanno ad attivare i circuiti cerebrali più arcaici (deputati alla difesa dal pericolo) e quindi a disattivare le aree superiori della corteccia, quelle più evolute, che ci permettono di pianificare, di riflettere, di porre pienamente attenzione a quello che accade.

Questo non vuol dire che il processo di  apprendimento deve essere sempre facile e privo di difficoltà, anzi: le sfide sono utili per stimolare la crescita e lo sviluppo di nuove abilità.

Come in un’escursione in montagna è importante scegliere un percorso che abbia il giusto grado di difficoltà (né troppo facile, né troppo difficile), in base alla propria forma fisica e alla propria esperienza come escursionisti, anche l’apprendimento dovrebbe essere guidato dallo stesso criterio.

Per i genitori, per gli insegnanti e per tutti gli educatori, è dunque importante chiedersi: come posso offrire al bambino un contesto che stimoli la sua curiosità, che lo incoraggi ad impegnarsi senza tuttavia generare in lui un’ansia eccessiva o continue frustrazioni?

Non è un compito facile, occorre competenza, creatività e intelligenza emotiva, occorre sintonizzarsi col bambino e cogliere la sua “zona di sviluppo prossimale”, quell’area che ci indica fin dove egli può spingersi, se adeguatamente supportato.

Infine, non va mai dimenticata l’importanza dell’apprendimento cooperativo, che invece di stimolare la competizione tra pari, favorisce le capacità pro-sociali, così preziose nello sviluppo integrale ed armonico della persona.

 

 

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