Cervelli in fuga sulla via del ritorno?
Approvato alla Camera il disegno di legge che incentiva il rientro dei laureati nel nostro Paese tramite forti incentivi fiscali. Ma molte questioni rimangono aperte.
C’è poco da scherzare sul fatto che, come dicono alcuni, in Italia si registra un tasso altissimo di fuga di cervelli, il cui proprietario però rimane in patria: secondo i dati Eurostat, il 2,3 per cento dei laureati italiani risiede e lavora all’estero, contro lo 0,6 della Germania, l’1,1 della Francia, lo 0,9 della Gran Bretagna e lo 0,8 della Spagna. Tenendo conto che la percentuale dei laureati stranieri che lavorano nel nostro Paese è dello 0,3 per cento, si capisce come il saldo sia ampiamente negativo. Da tempo si parla di incentivi al ritorno, sia sul fronte del sostegno all’innovazione e alla ricerca che su quello fiscale: a quest’ultimo mira il disegno di legge presentato alla Camera nel gennaio del 2009 e approvato a larga maggioranza lo scorso 25 maggio. «Siamo particolarmente soddisfatti – afferma la relatrice, l’on. Alessia Mosca del Pd – perché si tratta di un testo di iniziativa parlamentare nato dall’opposizione, ma sostenuto da tutti».
Il provvedimento, che vede tra i suoi firmatari esponenti di entrambi gli schieramenti, è rivolto ai laureati italiani under 40 che abbiano lavorato all’estero per almeno due anni, e cittadini comunitari – la normativa europea impone infatti di non discriminare all’interno dell’Unione – che abbiano svolto studi universitari all’estero per lo stesso periodo. Qualora rientrino, sia come dipendenti che come lavoratori autonomi, verrebbe loro garantita un’imponibilità di reddito del 20 per cento per le donne assunte come dipendenti e del 30 per tutti gli altri. «La differenza – spiega la Mosca – è motivata dai limiti oggettivi che spesso incontrano le donne nell’inserirsi nel mercato del lavoro: per questo beneficerebbero di una riduzione dell’80 per cento del reddito imponibile, fino a un massimo di 200 mila euro». Il tutto per tre anni, e purché si trasferisca il domicilio in Italia entro tre mesi dal rientro.
Detta così, sembrerebbe allettante; ma certo è che l’incentivo fiscale non può costituire l’unica ragione per tornare, dato che implica, per l’appunto, avere un lavoro. E chiaramente chi se n’è andato lo ha fatto perché qui non l’ha trovato, o non ha trovato ciò che cercava: secondo il consorzio Almalaurea – che stima al 3 per cento il tasso di laureati italiani che lavorano fuori dai confini – all’estero la laurea garantisce a 5 anni dal conseguimento uno stipendio medio di 2078 euro contro i 1332 del Belpaese, oltre ad una maggiore facilità di raggiungere posizioni direttive (18 per cento, contro l’8 per cento dell’Italia) o di ricercatore (11 per cento contro l’1 per cento). Facile capire, quindi, perché da oltreconfine si levino diverse voci che pongono una semplice quanto fondamentale domanda: perché mai dovremmo tornare? «Siamo coscienti – afferma la Mosca – che i problemi del mercato del lavoro e della ricerca vanno ben al di là di queste misure, e infatti non abbiamo la presunzione di risolverli: ma si tratta lo stesso di un segnale in questa direzione, significativo soprattutto perché è il primo in questa legislatura». Si tratta comunque di un provvedimento pensato soprattutto per manager e professionisti, più che per i ricercatori: «Non vorremmo creare false aspettative – precisa l’onorevole – poiché sappiamo bene che la ricerca ha bisogno di ben altri sostegni. Miriamo a recuperare il capitale umano, in qualunque settore».
La legge, che non prevede oneri aggiuntivi per le casse dello Stato, dal punto di vista economico si tradurrebbe nel recupero dei mancati introiti: i guadagni dei lavoratori rientrati verrebbero infatti tassati qui piuttosto che in un altro Paese, senza contare l’indotto generato da nuove attività economiche. Insomma, un bene per le casse dello Stato oltre che per il mondo del lavoro. Il disegno di legge passa ora al Senato, dove verrà probabilmente discusso a luglio: «Abbiamo già attivato i nostri canali – spiega la Mosca – perché si arrivi velocemente all’approvazione».
Il testo del provvedimento è sinteticamente illustrato nel sito dell’on. Mosca, dove si trovano anche i link al testo originale presentato alla Camera.