Cercasi nonno

Gli anziani avevano bisogno di cibo, medicine, vestiti, materassi, ma soprattutto di affetto, di essere accolti e compresi. E i giovani avevano bisogno di donarsi, di sentirsi responsabili e in grado di cambiare col proprio impegno una piccola parte dell’umanità sofferente. Così ebbe inizio circa otto anni fa una delle più belle iniziative dei Giovani per un mondo unito che continua tuttora. Netzahualcòyotl, chiamato Netza, è un quartiere formatosi cinquant’anni fa per la continua immigrazione di campesinos di diverse etnie, che fuggivano la miseria delle regioni montagnose del Messico e si trasferivano nell’immensa capitale Città del Messico, nella speranza di trovare una vita migliore, o almeno più vivibile. Con una tenacia sorprendente hanno lottato contro l’emarginazione e lo sfruttamento facendo di Netza un quartiere in continuo sviluppo, anche se segnato tuttora gravemente dalla povertà. Il modo di vita del focolare ha fatto breccia in questo ambiente. Esiste ormai una grande comunità di giovani e famiglie che vivono gomito a gomito nella più stretta solidarietà. Sostengono tutti insieme un bazar, che dà gli utili a chi ne ha più bisogno, un centro di distribuzione di viveri, frutto della comunione dei beni, e addirittura un poliambulatorio. Racconta Marli: “Quando ci siamo chiesti – come del resto hanno fatto anche in altri parti del mondo – chi erano le persone più abbandonate del nostro quartiere, ci è venuto in mente un ricovero per anziani. Non era spontaneo pensare a loro, sarebbe stato più semplice dedicarci ai bambini poveri; ma ci è sembrato un abbandono ancora più tremendo. Così abbiamo fatto una visita nel cosiddetto “El asilo”. Siamo rimasti sconvolti dalla fame che abbiamo trovato, dalla sporcizia, dalla mancanza di medicine, ma soprattutto dalla terribile solitudine nella quale si trovavano questi vecchietti raccolti sulla strada, abbandonati da tutti”. Dopo questa visita i giovani messicani non avevano più nessun dubbio, dovevano impegnarsi lì. “La prima cosa da fare – racconta Fabiola divertita – erano le pulizie. Io penso che le nostre madri, abituate a dover lottare con noi per i soliti lavori in casa, non avrebbero creduto ai loro occhi vedendoci tutti, ragazze e ragazzi, armati di scope, stracci, secchi, acqua e sapone, lavorare col sudore sulla fronte per eliminare almeno la più grossa sporcizia. Però era solo il primo passo. Appena si è potuto vedere qualcosa di più, visto che le montagne di sporcizia non hanno più ostacolato la vista, ci siamo resi conto in quale stato pietoso erano le pareti, le finestre, il tetto” Insomma, ci siamo dati da fare, abbiamo dipinto le pareti, sistemato l’esterno della casa, sostituite le finestre rotte e riparato il tetto”. “Logicamente abbiamo spesso interrotto i lavori per dedicarci alla gente – continua Marli -. Era la cosa più difficile, perché erano diffidenti, avevano quasi paura di noi, non capivano i nostri motivi e temevano che alla fine li avremmo cacciati via. Ci è voluto un bel po’ prima che si lasciassero convincere che eravamo lì per aiutarli. Abbiamo portato del cibo, cercato vestiti, tagliato i capelli e, con un grande atto di coraggio da parte di entrambi abbiamo incominciato a lavarli. Non era del tutto facile. Dovevamo superare il disgusto e qualche paura di prenderci una malattia. Ma la parola del vangelo: “L’avete fatto a me” ci spingeva avanti”. “All’inizio è stato difficile – interviene Alejandro -; mi sono impegnato solo nelle pulizie, non riuscivo a fare compagnia a qualcuno. Un giorno mi hanno chiesto di accompagnare una vecchietta a fare una passeggiata. Era cieca e le mancava una gamba. Ho dovuto prenderla in braccio per portarla fuori. Mi ha chiesto se mi faceva impressione e se mi annoiava con le sue chiacchiere. Ho det- to di no e le ho fatto anche una carezza. Era una grande vittoria su me stesso, ero contentissimo, e da quel momento vado volentieri a trovarli”. Gli anziani di Netza aspettano ormai i giovani con ansia ed impazienza. Carmen dice che la loro vita è cambiata completamente. “Si danno da fare per noi – racconta tutta commossa -. Pensa, cercano addirittura i nostri parenti e se non li trovano fanno loro da nipote o da figlia per noi”. Infatti, per personalizzare il più possibile i loro rapporti con gli anziani, i giovani li hanno adottati come “nonni”: ogni giovane ha il suo nonno o la sua nonna che segue personalmente. È davvero una trovata piacevole. “Hanno sofferto tanto nella vita – racconta Marli -. Zenaida per esempio, dopo essere rimasta vedova, faceva la domestica. Un giorni dei ladri sono entrati in casa e l’hanno picchiata. Il suo padrone, per non avere grane, la portò al ricovero e lì è rimasta. Invece non si sa da dove viene Perita: un giorno girava ubriaca per strada e qualcuno l’accompagnò in quest’ospizio. Parla sempre di Ramon, suo nipote, chiede continuamente quando verrà per portarla a casa, ma non è mai venuto. Carolina si è risposata dopo essere rimasta vedova. Ma il suo nuovo marito la picchiava e lei se n’è andata. Sul suo volto si vedono i segni della sofferenza ed è molto difficile farla sorridere. Pedro è malato di Parkinson. All’ospedale gli hanno detto che non potevano continuare la cura. L’hanno messo su un’ambulanza e l’hanno portato qua. Era fornaio e quando ha un po’ di forze va a lavorare anche senza essere pagato. Si muove ancora da solo, fa il bucato e si è addirittura cucito un maglione. E potrei continuare a lungo, ogni persona ha una storia abbastanza tragica”. Per venire incontro agli anziani ancora attivi, i giovani hanno comprato un gallo e delle galline per iniziare un allevamento di polli. La fantasia non manca. Con il contributo del “Fondo Mondo Unito”, promosso dai Giovani per un mondo unito, hanno comprato materassi nuovi, comodini, armadietti e quadri per le pareti. Ma anche loro si sono dati da fare per guadagnare soldi, lavando le macchine, separando i rifiuti per vendere ciò che era riciclabile e soprattutto risparmiando. “Spendevo in tante cose inutili – ammette Cecilia -, e invece loro avevano bisogno di tante cose essenziali. Da quando investo i miei soldi per loro sono molto più contenta”. Ormai il cerchio dei giovani si allarga, collaborano anche giovani dentisti che prestano gratis il loro servizio. Racconta Alvaro, uno di loro: “È bello stare con questi vecchietti. Ci siamo accorti che hanno bisogno di essere ascoltati e così li invitiamo spesso a fare colazione insieme. A loro dà tanta gioia e a noi la felicità di fare felici gli altri”.

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons