Cercando una nuova santità

Settanta i partecipanti al forum organizzato il 9 maggio a Roma dalla rivista Unità e Carismi. Un dialogo aperto sulla santità.
Forum UC 2011
Per fare un abito ci vuole un modello. Chiedetelo ad una sarta. Mia madre usava dei fogli di carta per tagliare la stoffa. Poi, dopo l’imbastitura e la cucitura, arrivava il momento della «prova». Perché l’abito, per essere «su misura», va adattato al corpo. Pieghe, cugni, risvolti ecc. andavano fermati con gli spilli che generalmente teneva tra le labbra, come il metro attorno al collo. Per fare un santo la Chiesa, popolo di Dio, ha bisogno di un modello. Di più modelli. Per tutte le età, stati di vita, professioni ecc. Per tutte le culture e secondo le diverse epoche storiche. E allora, qual è il santo «su misura» per il nostro tempo?

Unità e Carismi, rivista bimestrale di spiritualità e di comunione, ha dedicato il secondo forum del 2011 al tema: «Santi sì: ma come? Quali criteri per riconoscere la santità?», invitando in particolare postulatori e postulatrici di vari istituti e movimenti per dialogare tra loro e con alcuni collaboratori della Congregazione per le cause dei santi. Il forum si è tenuto presso l’Istituto Sacro Cuore in via Marsala a Roma.

L’incontro ha visto i contributi di: Luigi Borriello, ocd, Promotore della Congregazione per le cause dei santi; Lida Ciccarelli, del Centro Studi Mystici Corporis di Loppiano; Lucia Abignente, del Centro Chiara Lubich; i postulatori Silvestre Marques (Portogallo) e Vicente Pecharroman, cmf.

Un dibattito interessante, a cui hanno partecipato circa 70 persone, e che ha visto emergere alcuni criteri antichi e nuovi: l’universalità (oggi si tende a privilegiare i santi di Asia, Africa ecc.), la fama di santità (è il primo e forse il più importante dei criteri), la reciprocità (la capacità di amare ed essere amati, di costruire comunione), l’impegno per rendere più umana la società, il carisma personale. Evidenziato il ruolo fondamentale delle chiese locali, come pure l’esigenza di stimolare la comunità dei teologi ad uno studio approfondito sulla questione: dalla ecclesiologia di comunione e dalla spiritualità di comunione sta affiorando un nuovo «tipo» di santità? E quale?

Ha scritto Chiara Lubich: « È lui che, ispirando i suoi santi con le sue eterne verità, fece epoca in ogni epoca. Anche questa è l’ora sua: non tanto d’un santo, ma di lui; di lui fra noi, di lui vivente in noi, edificanti – in unità d’amore – il Corpo mistico suo. Ma occorre dilatare il Cristo; accrescerlo in altre membra; farsi come Lui portatori di Fuoco. Far uno di tutti e in tutti l’Uno!» (La dottrina spirituale, p. 161).

C’è da sperare che, passo dopo passo, dunque, si arrivi a considerare la santità, non solo come il frutto dell’unione con Dio vissuta singolarmente, ma anche come il frutto di quell’unione vissuta da «due o più» persone (Mt 18,20) che si riconoscono reciprocamente sacramento di Cristo e dell’incontro con Dio, «la possibilità concreta e, più ancora, la necessità insopprimibile per poter vivere il comandamento dell’amore reciproco e quindi la comunione trinitaria» (Ripartire da Cristo, 29).

 

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