C’era una volta un lago…

Il Fucino, nel cuore della Marsica è ora una fertile pianura. La storia della sua trasformazione
Piana del Fucino

Anche ora che, prosciugato, ha cambiato aspetto, non è difficile immaginare come doveva essere un tempo. Se poi è velato dalle brume del mattino, l’illusione è perfetta.

È il Fucino, un tempo lago, il più vasto dell’Italia centro-meridionale, contando oltre 150 chilometri quadrati di superficie – ed ora fertile piana intensamente coltivata e abitata, nella incantevole cerchia delle montagne abruzzesi. Un lago peraltro particolare: privo di emissari che scaricassero l’eccesso di acque, era soggetto a frequenti sbalzi di livello, con conseguenze disastrose per gli abitari e le coltivazioni circostanti. Di qui i tentativi degli imperatori romani Claudio e Antonino Pio di prosciugarlo costruendo un emissario artificiale sotterraneo.

 

L’immane progetto venne realizzato soltanto nel 1875, dopo 22 anni di lavori, per iniziativa del principe Alessandro Torlonia, che riattivò, opportunanente potenziato, l’antico sistema di drenaggio romano: col risultato di ricavare una superficie di oltre 13 mila ettari coltivabili. Fu così avviato l’incremento economico e demografico dell’intera zona, che versava in condizioni di povertà e arretratezza paurose, com’è documentato da tante pagine di Silone.

 

Accanto però agli indubbi benefici alle popolazioni gravitanti attorno al lago, questa radicale trasformazione dell’ambiente creò nel tempo problemi d’altro genere, non ultimo il mutamento climatico: un tempo, infatti, per la mitezza de! clima lacustre, in queste zone montane prosperavano anche olivi ed agrumi.

Ai nostri giorni, con esigenze diverse e la richiesta turistica che c’è (un lago nel cuore della  Marsica avrebbe movimentato ben altrimenti il flusso turistico), forse non sarebbe stata decretata la morte del Fucino; o quantomeno si sarebbe optato per un suo prosciugamento parziale, in modo da salvare una riserva naturalistica.

Pazienza! Non mancano in questa nostra Italia altre opportunità di utilizzazione del territorio su cui esercitare la nostra assennatezza.

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