C’era un volta la pace
L’11 gennaio le nazionali di Iran ed Iraq allo stadio Ahmed Bin Ali ad Al Rayyan in Qatar, per il girone D della Coppa d’Asia che si concluderà a Doha il 29 gennaio. In campo 22 calciatori, un pallone e qualcosa di più
Chiamate a raccolta tutti quelli che disprezzano lo sport di oggi votato allo show business e ai contratti milionari offerti a campioni eleganti, dotati di un’arte sopraffina, abili nel regalarci solo qualche momento di disincanto. Arriviamo in ritardo, ma per fortuna non si è mai fuori tempo massimo quando si porta alla ribalta, una volta tanto, un gesto di pace.
Iran-Iraq 2 a 1, è stata una partita semianonima della fase preliminare della 15°edizione della Coppa d’Asia. Sul terreno di gioco però c’era molto di più: scontri tra etnie, terrorismo, interessi economici, trattati diplomatici. Una rivalità antica, nata ai tempi del dominio ottomano, venuta alla ribalta dopo otto anni di guerra tra il 1980 e il 1988 e oltre un milione di vite umane stroncate. Non si sa perché, ma da quelle parti verso est, sembra proprio che il calcio sia la madre dei piccoli miracoli riuscendo ad unire due popoli più di una stretta di mano politica.
Ricordate i mondiali di Francia ’98? La partita allora era Stati Uniti – Iran, un vero e proprio scontro di civiltà, due ideologie a confronto. Si sciolse tutto prima del fischio d’inizio con i giocatori abbracciati nei dintorni del cerchio di centrocampo e un pugno destro alzato da un giocatore degli States in segno di vittoria.
Poi nel 2007 un altro piccolo grande miracolo. Lo realizzò l’allenatore giramondo serbo Bora Milutinović, portando al successo nella Coppa d’Asia i giocatori dell’Iraq. Sulle tribune apparve uno striscione: “La guerra non ucciderà mai il calcio”. In una Baghdad allora martoriata dalla guerra, capitale di un paese da ricostruire, la gente si riversò nelle strade per festeggiare in barba alle divisioni e ai fatti di cronaca nera.
Dal Qatar martedì sera ci è arrivata una nuova lezione di storia, che probabilmente manco ricorderemo tra un po’ di tempo. Solo un minuto di silenzio non proprio rispettato, ma poi gioco corretto, un ammonito (l’iracheno Saeed) e tifoserie tranquille a pochi metri le une dalle altre. Al termine dei novanta minuti un curioso terzo tempo: saluti, sorrisi e scambi di magliette tra giocatori che alloggiavano nello stesso albergo.
“Il calcio è affascinante perché può unire i popoli” firmato Afshin Ghotbi, allenatore dell’ Iran. Scusate ma non è solo un gioco?