Centri di cultura o luoghi di culto?

In Lombardia si discute su una circolare che paragona i centri culturali islamici alle moschee

Nella Regione Lombardia sarebbero ben 706 i luoghi destinati al culto diversi da quella cattolica. La città di Brescia ne conta 111, seguita da Bergamo con 94, Milano con 74, Pavia con 73, Varese con 69. Ultima Lodi con 27.

Anche in seguito a questi dati la giunta guidata da Maroni ha approvato una nuova circolare che paragona i centri culturali islamici alle moschee e li sottopone quindi ai paletti introdotti dalla legge 2 del 2015 sui luoghi di culto. Un vincolo riservato a quei centri che nel loro statuto prevedono finalità religiose o, di fatto, svolgono regolarmente funzioni di luogo di preghiera.

La nuova circolare ha valore per i centri culturali nati dopo l’entrata in vigore delle norme, mentre per quelli esistenti già prima, la possibilità di svolgere attività legate al culto è vincolata alla destinazione d’uso dell’edificio che ne ospita la sede, che può essere concessa solo come conseguenza di una modifica dei Pgt, i Piani di governo del territorio, per inserire l’area nel Piano delle attrezzature religiose. Per l’assessore all’Urbanistica e territorio Beccalossi «il provvedimento risponde all’esigenza dei sindaci di avere più chiarezza nelle regole su quei centri culturali islamici che, a detta dei sindaci stessi, sono di fatto delle moschee. Nessuno pensa che siano popolati da terroristi, ma è importante sapere dove sono e chi li frequenta». Il governatore Maroni ha sottolineato con soddisfazione che la legge regionale in questione era stata oggetto solo «di un paio di rilievi della Consulta» e che «è in vigore per tutte le altre parti». Per la Regione l’obiettivo è quello di «rendere ancora più sicuri i cittadini lombardi, partendo da ulteriori verifiche sulla legge regionale per la realizzazione dei luoghi di culto». Sempre secondo la Regione sarebbero 80 i luoghi di aggregazione di comunità islamiche che avrebbero sede in locali destinati ad altro scopo, come magazzini, esercizi commerciali e abitazioni.

 

Questa legge è stata subito ribattezzata dai milanesi come “Legge antimoschee”. L’applicazione dei primi provvedimenti contro le comunità religiose che si trovano a pregare in spazi irregolari ha portato ad oggi alla chiusura di luoghi della comunità evangelica: da ultimo è toccato alla sala dell’associazione islamica dello Sri Lanka, che ha sede in via Fàa di Bruno. Contrariato per quanto sta accadendo il Caim, Coordinamento delle moschee di Milano, ha così espresso il malcontento: «Abbiamo altri contenziosi aperti con l’amministrazione per problemi legati a spazi usati anche per pregare, oltre che per fini culturali. Il problema è che anche volendosi mettere in regola, secondo la nuova legge, l’iter è così lungo che ci possono volere anni. Ci stanno vietando il diritto di culto previsto dalla Costituzione».

Per la Regione invece la nuova circolare «rende ancora più sicuri i cittadini lombardi».

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