Cenerentola in dialetto
Ritroviamo tutto il teatro della regista e autrice palermitana, Emma Dante, in questa Anastasia, Genoveffa e Cenerentola.
Si è concessa una divertente parentesi rispetto alla pratica scenica di questi anni densa di linguaggi sanguigni e arcaici, di incubi trasfigurati e di denunce sociali. Emma Dante ama sperimentare. Sia che affronti le grandi sfide (come la Carmen alla Scala di Milano), sia che rientri nel piccolo, dove con pochi elementi affronta ora il teatro-ragazzi con una personale rivisitazione della favola di Perrault. Basta una parete di stoffe e luminarie per definire gli ambienti: tre scope per le danze, e costumi pop per le apparenze e gli inganni. Ritroviamo tutto il teatro della regista e autrice palermitana, in questa Anastasia, Genoveffa e Cenerentola: la recitazione parossistica degli attori, l’impasto magmatico dell’italiano col siciliano e, a sottolineare i momenti salienti, un originale contrappunto musicale che mescola Michael Jackson, Liza Minelli, Massimo Ranieri e Gino Paoli.
Occhialute e sciatte dentro casa, la matrigna e le due sorellastre parlano un acceso vernacolo. Fuori, le arpie si riempiono la bocca di citazioni in francese. Il principe, che ama il tango, esprime il suo disagio in dialetto, lingua privata della franchezza, ma anche della vergogna, che non si deve parlare in pubblico. Cenerentola è l’unica a usare sempre lo stesso linguaggio: non ha niente da nascondere. Un piccolo gioiello di irridente comicità, per bambini e adulti.
Al Valle di Roma e in tournèe.