Cecenia, Gaza, Afghanistan: storie di violenza e di fraternità

Guerre e scontri nel mondo islamico? Ci sono, eccome. Ma non è solo colpa dei musulmani. Serve un "patto di fraternità" fra i popoli.
La giornata di ieri, 15 luglio 2009, non è stata delle più felici nel mondo islamico. Mentre in Iran cadeva un Tupolev della Caspian Airlines, facendo 168 morti (la violenza dell’incuria di tante compagnie aeree della regione coniugata con gli imperativi della concorrenza), cresceva la denuncia di oppositori al regime di Ahmadinejad condannati a morte per reati comuni assolutamente inventati, come lo spaccio di droga.

 

Una cinquantina di soldati israeliani, poi, denunciava il comportamento del loro esercito nella vicenda della striscia di Gaza, delle distruzioni gratuite, delle violenze che avrebbero potuto essere evitate. La denuncia nasce dall’Ong "Breaking The Silence", rompendo il silenzio. Viene anche denunciato l’uso da parte dell’esercito israeliano di scudi umani. Dice uno di loro: «Ho capito che era meglio sparare e poi fare le domande».

 

Cecenia, altro lutto eccellente. Ammazzata Natalia Estemirova, militante per i diritti umani nella regione, erede spirituale (e pratica) della giornalista Anna Politkovskaja. Non a caso aveva ricevuto il 5 ottobre 2007 il primo premio in ricordo della giornalista della Novaja Gazeta, conferitole a Londra dalla "Raw in War". Sequestrata sotto casa, è stata ritrovata massacrata. Il presidente Medvedev s’è detto «indignato» ed ha ordinato un’inchiesta spietata «per chiarire tutta la verità». Ma il rischio è il silenzio sulle malefatte delle tante milizie locali, e del presidente-combattente, Ramzan Kadyrov.
 

Ancora, in Afghanistan, mentre se ne va in Cielo un altro soldato italiano, continua l’offensiva delle truppe di terra alleate, mentre i talebani usano armi sempre più potenti e sofisticate, che non si capisce da dove vengano. In Libano salta per aria un deposito di munizioni nel Sud presidiato dagli italiani. E Al Zawahiri invita alla jihad in Pakistan e Afghanistan. In Iraq scoppia l’ennesima autobomba con corteo di morti (sette) e feriti (sedici). E in Siria vengono condannati dodici oppositori.

 

Così la cronaca dell’ordinaria follia della violenza. Ma in realtà ci sono anche segni positivi. Se per l’Afghanistan Obama parla già di exit strategy, e meno male, in Egitto parole positive per la pace vengono dalla riunione della conferenza dei Paesi non allineati. E in Libano si cerca di avere una certa intesa nazionale nella formazione del governo di Hariri figlio, mentre c’è chi cerca, come Muhammad Nokkari, di stabilire addirittura una festa nazionale mariana interreligiosa.

 

Accanto alla necessaria denuncia delle violenze e dei soprusi nel mondo musulmano, ma senza rinchiudersi nella memoria corta di un mondo occidentale che ha tante e gravi colpe nelle ingerenze indebite nella zona, appare sempre più evidente come solo un grande afflato basato sulla fraternità fra le persone e fra i popoli possa riportare la serenità e la pace nella regione che va dal Mediterraneo orientale al Caucaso, al Kashmir e al Golfo Persico.

 

Quella fraternità a cui Benedetto XVI richiama quasi in ogni passo della sua ultima enciclica. Quella fraternità universale che Chiara Lubich ha propugnato per decenni nella sua lunga battaglia terrena. La fraternità portata da Gesù Cristo ma possibile ad ogni uomo, perché iscritta nel patrimonio di cultura e di religione dell’umanità intera. La fraternità sintetizzata nella "regola d’oro" presente in tutte le grandi tradizioni religiose del mondo: «Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te».

 

Proprio sessant’anni fa, il 16 luglio 1949, Chiara Lubich strinse con Igino Giordani, politico e uomo di cultura, cristiano impegnatissimo nell’affermazione del ruolo del laicato nella Chiesa e nella società, un "patto" di radicale fraternità, che portò poi a un lungo periodo di intuizioni mistiche (ne parleremo nel prossimo numero di Città nuova). Ecco, perché non proporre un "patto di fraternità" anche ai Grandi di questo mondo? Così come tanti Piccoli stanno facendo da sempre.

 

(dal blog di Michele Zanzucchi)

 
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