Ce n’è per tutti: un film da vedere
Il secondo lungometraggio di Luciano Melchionna ha un cast attoriale di prestigio.
Esce l’atteso secondo lungometraggio di Luciano Melchionna, con un cast attoriale di prestigio: Stefania Sandrelli, Ambra Angiolini, Anna Falchi, Lorenzo Balducci, Jordi Mollà, Michaela Ramazzotti, Giorgio Colangeli, Sandro Giordano.
Un’opera corale, dal tono malinconico, sognante e ironico su questa nostra società che non ha il tempo per fermarsi a riflettere. Così il ragazzo Gianluca (Balducci) sale sul Colosseo per respirare aria più pura, forse per essere più vicino al cielo, mentre sotto di lui impazza la curiosità mediatica, gli amici strampalati con le loro vite irrisolte, la confusione in una Roma, metafora di ogni metropoli disumanizzata.
Lassù il giovane incontra la dolce figura della nonna (Sandrelli) con cui intesse un colloquio riflessivo sul dolore e su ciò che vale, sui sogni e sulle frustrazioni, cercando una luce e finendo quasi vittima sacrificale per ridare un fiotto di speranza all’umanità, come ha acutamente sottolineato l’attore Jordi Mollà.
Melchionna compone una commedia drammatica oscillante tra il grottesco, il satirico e l’ansia spirituale, che va letta a più livelli, senza fermarsi al bozzettismo quasi pasoliniano con cui delinea i flash delle singole storie individuali di questa “coralità” che cerca la luce.
Il finale del film, per quanto velato di tristezza – risuonano durante il funerale le note del celebre Che farò senza Euridice -, apre, con una nevicata, ad un altro mondo, ad una possibilità di ricominciare a vivere in modo diverso e più uniti.
Diretto con cura scrupolosa, i dialoghi mai artificiali ma autentici spunti riflessivi, un fotografia spesso poetica di volti e luoghi, alterna momenti di satira quasi surreale, eccessiva, per dare equilibrio ad un dramma dal sapore metafisico, che segna un passo in avanti di maturità nell’opera del regista.
Tre domande a Luciano Melchionna
Quarantenne, di Latina, attore, autore teatrale e cinematografico, Melchionna ha esordito nel lungometraggio con l’aggressivo “Gas”, ritratto di giovani di provincia senza ideali. Ora torna con un’opera ancor più corale, dove i giovani sono sempre presenze fondamentali.
«In Gas avevo espresso il mio forte disagio nei confronti della violenza con un’opera aggressiva.. Ora ho voltato pagina, credo, sentendo un anelito verso la spiritualità. Ho girato questo film, tratto da un testo teatrale di Luca De Bei, e riscritto insieme a lui, raccontando una storia col sorriso, un po’di amarezza e una sana ironia. Sentivo l’esigenza di dire cosa succede lassù, tra un giovane e la nonna, sul Colosseo, mentre gli altri si arrabattono al di sotto, facendoci sorridere: il mio infatti vorrebbe essere uno sguardo ironico e bonario, con il protagonista che, pur ammettendo di essere come tutti, sale lassù a cerca un momento di serenità, di respiro. In fondo, vorrei far capire che livello di vita frenetica ma anche tristissima spesso affrontiamo».
Gianluca, perciò, chi è?
«Non ho voluto dire che tipo di vita faccia, che genere di poesie scriva. L’anelito alla spiritualità, ad un altro mondo non è necessariamente tale da poter essere descritto attraverso quello che lui fa o dice. Lui vuole star a galla nel mondo, come gli amici, però non gli basta: ci vuole nuotare. Nessuno lo aiuta, nemmeno i genitori. Io mi riconosco in Gianluca quando dice: “Sento la crudeltà di queste pietre come quando cammino per la strada e la gente sta male”. Ecco, questo è Gianluca, questo è l’argomento del mio film».
Certo, hai un messaggio da lasciare allo spettatore.
«Di fermarsi un attimo, ridare valore alle cose, agli esseri umani, ai gesti, anche piccoli, come sto provando a fare anch’io. Se tutti si fermassero un momento prima di ricominciare, forse qualcosa potrebbe cambiare. Utopia? Perciò il mio è un finale sereno, lo si sente».