C’è bisogno di speranza
Nessun premio al cinema del Belpaese. Vince l'argentino "Un cuento chino", storia di amicizia tra un falegname e un cinese. Sempre in alto la rassegna"Alice in città"
Povera Italia. Nessun premio. Ci dev’essere davvero un’aria di sconforto diffuso se la giuria presiedeuta da Ennio Morricone e con personaggi come Roberto Bolle – new entry –, Susanne Bier, Carmen Chaplin, David Puttnam , Pierre Thoretto e Debra Winger, non ha ritenuto meritevole di alcun premio i film nostrani in concorso. E sì che c’erano nomi come Avati, Montaldo, Faenza, e giovani promettenti come Marina Spada, Ivan Cotroneo, Pippo Mezzapesa. D’accordo, nessun capolavoro (anche nel cinema straniero, a dire il vero). Ma, ad esempio, Roberto Faenza, nel suo "Questo dolore ti sarà utile", non è apparso né scontato né superficiale, anzi, ha tentato un ritratto dei giovani d’oggi sincero e anche commovente.
Ma questi sono i misteri di ogni giuria in ogni festival. La sesta edizione della festa-festival romana – un ottimo "luogo di mercato"» l’ha definito il ministro Galan, apparso anche lui sul red carpet, dopo aver sborsato solo la metà dei 260 mila euro previsti – ha comunque ottenuto, secondo gli organizzatori, un aumento dei biglietti venduti ( da118 mila dell’anno scorso a 123 mila) e oltre 5mila spettatori in più nella sezione Alice in città.
La gente c’era, e si vedeva. Aria familiare – talora un po’ pesante –, smanie al red carpet, dove in realtà di grandi star – a differenza di altre edizioni – se ne son viste pochine. Non è venuto Speilberg che pure ha fatto vedere il suo "Le avventure di Tin Tin", già in sala, uno dei film più apprezzati. È venuto Wim Wenders a presentare in una serata da standing ovation il suo film-omaggio a Pina Bausch, uno dei pochi eventi veri del festival. E poi l’osannato Richard Gere, un autentico divo, che ha rIcevuto il premio alla carriera in Campidoglio.
Per il resto, le nostre piccole stelle e alcune straniere in cerca di gloria. Certo,ci sono i conti da fare per l’anno prossimo. Cambi previsti di responsabili – dal presidente Rondi al direttore artistico Piera De Tassis (si fa già il nome di Pupi Avati..) –, data anticipata forse a metà ottobre, meno film in concorso. Il fatto è che le diverse anime di questa rassegna, a dire il vero nata in modo piuttosto ibrido, faticano a convergere tuttora. Roma è festival o festa o mercato? È tutt’e tre. Mercato, sembra, soprattutto. Il che non è male, perché se i film restano chiusi nei festival e nei concorsi e non arrivano al grande pubblico, come spesso ormai succede, che senso ha presentarli e, qualcuno potrebbe azzardarsi a dire, farli?
Per fortuna, comunque, i film ci sono. Ed anche l’Italietta dei giovani autori non è così male, come si è notato in una nuova sezione dedicata appositamente a loro, premiando "Appartamento ad Atene" di Ruggero De Paola, storia ambientata ad Atene durante l’ultima guerra. Vincente su tutte risulta "Alice in città" che quest’anno ha puntato in alto, trattando temi difficili come la scoperta dei sentimenti e della sessualità, l’aborto, le crisi familiari, la malattia e la morte. Storie tenere, struggenti e ruggenti, spesso belle e forti. Giovani e ragazzi si sono dimostrati più maturi di quanto si pensa, se è vero che hanno premiato "Nordzee Texas" del belga Bavo Defurne, vicenda affettiva fra due ragazzi.
E veniamo alle motivazioni dei film vincitori. I temi trattati sono diversi, dalla crisi economica alle paure in famiglia, dall’horror al disagio. Ma alla fin fine, aprono ad un piccolo raggio di speranza. Così il Miglior film dell’argentino Sebastian Borensztein "Un cuento cino" dà il giusto peso all’amicizia difficile e vera tra due uomini – un argentino ed un cinese –; il Gran premio della giuria al francese Voyez come il dansent" di Claude Miller, premia la forza dell’amore al femminile; ed il Premio speciale della giuria allo scespiriano "The eye of the storm" dell’australiano Fred Schepisi parla di dure dinamiche familiari. Le conclusioni tuttavia non sono amare, se è vero che il pubblico ha premiato anche lui, oltre alla giuria i l film del "Cuento cino". La gente desidera speranza. La quale occhieggia qua e là nel cinema. Pure nel nostro, bisognoso di essere riconsiderato. Anche dalle giurie.