C’è ancora un posto per me? C’è ancora un posto per me?
G benvenuti! Non ci sarebbe da stupirsi se i confini dei 25 stati della nuova Unione europea fossero costellati di cartelli recanti questa scritta. Sì perché, oltre che per viaggi di piacere o di studio, tanti giovani potrebbero essere incentivati a viaggiare il vecchio continente per mettere braccia e forze al servizio di concittadini che non sono connazionali. È una possibilità che va diventando sempre più concreta quella di prestare servizio civile in un paese diverso dal proprio d’origine, almeno per un periodo. Ne abbiamo già parlato in riferimento a quello svolto all’interno della Protezione civile (vedi n° 6/2004). Ma aumentano gli enti che offrono questa alternativa. Visitando il sito italiano del servizio civile internazionale (www.sciitalia. it), non c’è che l’imbarazzo della scelta. I campi di lavoro estivi ad esempio variano per temi, periodi, modalità, durata. Solo in otto dei dieci paesi che sono appena entrati nell’Unione se ne contano ben 120. Dalla Lituania alla Lettonia, dalla Polonia alla Slovacchia e all’Ungheria… Diversi i settori di competenza: dall’intervento sociale all’ambiente, dall’immigrazione e antirazzismo alla solidarietà internazionale, dalla storia, arte e cultura, a pace, non violenza e antifascismo… E il lavoro non è l’unica attività della giornata che verrà infatti arricchita da momenti di studio, approfondimenti e dibattiti sul progetto e sul paese ospitante. Chi è interessato deve pure fare in fretta ad iscriversi perché le richieste arrivate sono già tante. Speranza e concretezza, dunque, che entusiasmano. Ma, contemporaneamente, difficoltà che preoccupano. E non poco. Come sappiamo, dal 2005 il servizio civile sarà esclusivamente su base volontaria. Abolita la leva, infatti, cadrà automaticamente l’obiezione di coscienza che ne ingrossava le fila. Ma se questa prospettiva gettava qualche ombra sul futuro del servizio civile, ha concorso di recente una circolare emanata dall’Ufficio nazionale di competenza che per la prima volta comunica una sorta di calmieramento dei posti a disposizione degli enti accreditati. In questa direzione, almeno, è stato recepito l’invito a questi ultimi di dotarsi in tempi brevissimi degli strumenti necessari per l’esame e la selezione dei progetti. Sembra infatti che le risorse economiche destinate al servizio civile siano insufficienti. Lo stesso direttore generale dell’Ufficio nazionale servizio civile (Unsc), Massimo Palombi, ha dichiarato che il successo che sta vivendo il servizio civile nazionale volontario rischia una brusca frenata se, all’entusiasmo dei giovani che rispondono ai bandi e all’impegno degli enti che presentano i progetti, non corrisponderanno le risorse necessarie a garantire che questo sistema vada avanti. La cifra del fondo nazionale finora è stata sufficiente, ma per mantenere il sistema ai livelli attuali occorre per lo meno il doppio dello stanziamento previsto. Ecco perché occorre anche cercare strade alternative a quelle usuali. Soprattutto se si considera che da una parte si è detto: per le forze armate abbiamo bisogno di 190 mila militari, costi quel che costi. Per il servizio civile, invece, ci sono sempre solo 119 milioni di euro a prescindere dalle necessità , come fa notare Massimo Paolicelli, presidente dell’Associazione obiettori non violenti. E se è condivisibile l’esigenza di qualificare questo tipo di esperienza per evitare, come in alcuni casi è successo, che il giovane che la sceglie si ritrovi a fare fotocopie presso qualche ufficio, è al contempo necessario che essa non diventi un pretesto per tagliare a priori il numero dei posti disponibili. In risposta alla circolare incriminata, la Caritas che nella sezione diocesana dal 1977 ad oggi può vantare al suo attivo 100 mila di obiettori di coscienza, ha manifestato una dura presa di posizione. Il percorso a ostacoli del servizio civile continua, tra dibattiti e scontri istituzionali stato- regioni, – scrive in un comunicato l’ente di ispirazione cattolica – incertezze e preoccupazioni economiche, lentezze burocratiche e uno stillicidio di circolari che richiedono tempi così brevi di risposta da mettere a dura prova pazienza, ritmi e carichi di lavoro di Caritas italiana e delle Caritas diocesane, ma anche di tutti gli altri enti impegnati nel servizio. C’è chi teme appunto che le disponibilità economiche naufraghino nel passaggio di competenze dallo stato alle regioni che dall’anno prossimo dovranno farsi carico di parte delle spese e dunque il pericolo è serio. E se nella finanziaria certi discorsi non vengono presi in considerazione il rischio reale è la paralisi. Con tutte le conseguenze sociali che si possono immaginare dal momento che il servizio civile copre una serie di prestazioni, dall’assistenza agli anziani e ai disabili, alla cura dei beni ambientali e culturali, alla protezione civile ecc… che difficilmente verrebbero rimpiazzati. Dunque cercare risorse aggiuntive, come ancora la Caritas sottolinea, muovendosi già in tal senso e chiedendo al governo e al parlamento di investire con i giovani e per i giovani, cominciando ad assicurare finalmente al servizio civile la dovuta attenzione. A supportare questa richiesta, in fondo, ci pensano loro stessi, i giovani che continuano a rispondere con generosità ai bandi. In quanto al grado di soddisfazione per il tipo di esperienza più inchieste hanno sottolineato come le potenzialità di tanti ragazzi trovano in questo servizio una grande possibilità di applicazione. Da una ricerca condotta dalla Fondazione Emanuela Zancan di Padova in accordo con l’Unsc, risulta ad esempio che il 97,3 per cento di un campione di volontari che hannoaderito al servizio civile nello spazio di tempo che va da settembre 2002 ad agosto 2003, si dichiara molto soddisfatto. Considera questo periodo un’esperienza positiva per la crescita personale e utile per migliorare la capacità di relazione. Gratificante in buona parte l’utilità sociale e civile della scelta compiuta. Si è provato anche a delineare l’identikit del volontario. Donna nel 91,8 per cento dei casi (attualmente per gli uomini esiste ancora l’obiezione di coscienza), età media 23 anni, elevata scolarizzazione. Studenti il 61,3 per cento; appartenenti ad organizzazioni sociali il 32 per cento, a gruppi di ispirazione religiosa il 31 per cento, ad associazioni culturali il 20 per cento. La metà di loro abita al Sud. Un’indagine commissionata dall’Arci ed elaborata da Swg, poi, ha testimoniato che sei ragazzi su dieci considerano il servizio civile come il luogo più adatto per praticare il pacifismo, con una percentuale che sale al 90 per cento fra chi ha già praticato un periodo di volontariato. Rientra in quest’ottica la costituzione di un tavolo di coordinamento che vede coinvolti Arci, Tavolo per la pace, Cnesc, Caschi bianchi, Beati i costruttori di pace, con uno scopo ben preciso: Proporre progetti che saldino la solidarietà internazionale ai comportamenti di pace quotidiani. Attraverso esperienze miste: un periodo all’estero e uno in Italia. Mica male in tempi, come i nostri, che non è eccessivo definire di guerra. In quanto al servizio civile il prossimo bando ad agosto 2004. Giovani di tutta Italia preparatevi. LE AREE DI INTERVENTO Assistenza: cura e riabilitazione, reinserimento sociale e prevenzione; ambiente e protezione civile: difesa ecologica, tutela ed incremento forestale, protezione civile, salvaguardia e fruizione del patrimonio forestale; cultura ed educazione: promozione culturale, educazione, salvaguardia del patrimonio artistico; estero: formazione in materia di commercio internazionale, cooperazione decentrata, interventi post conflitti, interventi peacekeeping, cooperazione ai sensi della legge 49/1987.