Cattolici e Ortodossi: quale primato per il vescovo di Roma?
A nove anni dal documento di Ravenna (2007), che aveva positivamente segnato la ripresa del dialogo tra Chiesa ortodossa e Chiesa cattolica aprendo un significativo orizzonte di speranza, la Commissione internazionale mista che si occupa del dialogo teologico tra le due Chiese ha approvato a Chieti (15-22 settembre 2016) un documento che rappresenta l’ideale prosecuzione del cammino inaugurato a Ravenna. Solo la delegazione del Patriarcato ortodosso della Georgia non ha ritenuto di poter sottoscrivere l’accordo, che è stato salutato con un convinto applauso dai circa 50 partecipanti alla sessione di lavoro.
Come noto, quello tra Cattolici e Ortodossi è per molti versi il dialogo cruciale nel cammino ecumenico verso il ristabilimento della piena unità del mondo cristiano, perché si tratta – per dirla con l’espressione resa famosa da Giovanni Paolo II – dei due polmoni della cristianità nella sua originaria configurazione.
Stante che, al momento, il punto di persistente divergenza è l’interpretazione del primato del Vescovo di Roma, il Papa, in seno alla Chiesa universale, il documento di Ravenna aveva registrato un considerevole guadagno in quanto aveva sancito, da entrambe le parti, il riconoscimento che a tutti i livelli della vita nella Chiesa (Chiesa locale, comunione tra le Chiese a livello regionale e a livello universale) la dinamica è sempre quella dell’interdipendenza tra la sinodalità (e cioè il “cammino-insieme” di tutti) e il primato (il servizio di unità esercitato dal Vescovo sul livello locale, dal Metropolita o dal Patriarca a livello regionale, dal Vescovo di Roma sul livello universale).
Restava da esaminare con cura la questione del significato e della modalità di esercizio del ministero di unità del Vescovo di Roma sul livello della Chiesa universale. Ebbene, il documento di Chieti registra un ulteriore passo in avanti, perché ratifica l’accordo sostanziale di Cattolici e Ortodossi sull’interpretazione della forma di esercizio di questo primato nel primo millennio cristiano, quello della Chiesa indivisa. Si tratta di questo: pur essendosi diversificate, nel primo millennio, le forme di espressione della vita della Chiesa in Oriente e in Occidente, l’unità è rimasta salda e, in essa, il primato di onore e di servizio del Vescovo di Roma, senza che ciò comportasse un esercizio diretto di giurisdizione all’interno delle Chiese d’Oriente.
Questa forma di unità – afferma il documento – può far da modello nel superamento della divisione intervenuta nel secondo millennio e nella delineazione dell’unità tra le Chiese cui tutti si aspira in questo terzo millennio appena inaugurato. Da notare che questo risultato, in fondo, era quello già auspicato da Giovanni Paolo II e da Benedetto XVI. Senza dire che l’intesa sincera che anche di recente hanno testimoniato papa Francesco e il patriarca Bartolomeo di Costantinopoli (nella visita a Lesbo e nella Giornata di Assisi), così come lo storico incontro tra papa Francesco e il patriarca di Mosca Kirill a Cuba, hanno senz’altro giovato all’atmosfera positiva e costruttiva in cui si sono svolti i lavori. Si tratta ora di promuovere la recezione del documento nelle rispettive Chiese e, da parte della Commissione, d’immaginare il prosieguo del percorso.
(Piero Coda è membro dal 2005 della Commissione internazionale)