Cattivi maestri
Competenza e dedizione o mediocrità? La scuola: luogo di impegno, ascolto e integrazione.
La storia si ripete: se il servizio pubblico non funziona, la colpa è degli impiegati, incompetenti e oziosi. E la scuola non fa eccezione.
Perché, diciamolo francamente, l’idea che i docenti italiani siano alquanto mediocri è piuttosto diffusa. E se non sono proprio fannulloni, come li voleva il ministro Brunetta, non hanno comunque la cultura e la preparazione di quelli d’Oltralpe (per gli esterofili) o dei bravi maestri dei vecchi tempi andati (per i fautori del «si stava meglio quando si stava peggio»).
Personalmente ricordo il mio insegnante di italiano che, leggendo Quasimodo, chiedeva beffardamente a noi alunni cosa volessero dire quei versi. Capiva poco il silenzio degli ermetici, nato in un tempo in cui parlare liberamente era difficile e bisognava camuffare il proprio sentire allorché, ricusando la fanfara retorica del regime fascista, ci si ripiegava sui moti profondi dell’anima.
E non dico nulla dei tempi in cui la preparazione liceale degli studenti italiani era apprezzata in Europa e in America. Era e non lo è più, soprattutto perché, mentre noi ci americanizziamo, gli americani riscoprono quella formazione umanistica che era la ricchezza della nostra scuola. Sicché, mentre è difficile dire se gli insegnanti di oggi siano dei buoni o dei cattivi maestri, non ci son dubbi che la scuola di ieri sia stata migliore di quella attuale, tanto riformata e tanto depauperata dai nostri recenti ministri della Pubblica istruzione (e non solo dunque da quest’ultima giovane ministra).
Ma la domanda resta e non vogliamo qui aggirare il problema. Sono davvero così incompetenti i maestri di oggi? A conti fatti, direi di sì. Competenza è disporre di strumenti adeguati per svolgere un determinato compito e proprio non si capisce come si possa essere competenti se ancora nessuno si è preoccupato di spiegare agli insegnanti quale sia oggi il loro compito. Formare i giovani è espressione talmente generica che equivale a non dire nulla. Anche un’azienda forma i giovani per svolgere una certa attività, ma è comunque chiaro quale sia l’attività che si dovrà svolgere. Nel caso della scuola invece di chiaro non c’è nulla.
Gli insegnanti sono per lo più guidati dalla loro esperienza e gli studenti partono con l’idea che lo studio serva a poco, pochissimo nel mondo del lavoro. I favolosi test Invalsi finiranno sostanzialmente col valutare in quali scuole e classi ci sono ragazzi che studiano, ma quali siano le scuole e in quali ricchi quartieri e città si trovino, scommettiamo di poterlo prevedere già da ora. Insomma, si domanderà di nuovo, sono incompetenti o no questi maestri? Se si dovesse giudicare la competenza dei medici dai decessi in sala operatoria, che nel 2006 erano in Italia tra i 14 e i 50 mila ogni anno, e cioè circa 90 al giorno, di cui il 50 per cento certamente evitabile, qualche dubbio sarebbe legittimo. E se come afferma Bruno Tinti, curatore del libro Toghe rotte e procuratore aggiunto a Torino, il 95 per cento dei reati resta impunito, anche la competenza di giudici e avvocati è quanto meno discutibile.
Gli insegnanti non fanno eccezione: pure tra loro si annidano ignoranti matricolati e coltissimi intellettuali. Ma il punto è un altro. Quello che oggi maggiormente preme capire è se la scuola sia ancora formativa. Per molte professioni la nota dolente è soprattutto di natura etica; nel caso della scuola, invece, è l’istituzione stessa ad essere in caduta libera e ogni tentativo di riforma si è rivelato piuttosto una pezza che non un vestito nuovo.
In tale contesto non si può non condividere quanto ha detto Francesco Scrima, segretario della Cisl-scuola: «La stragrande maggioranza degli insegnanti offre ogni giorno a milioni di studenti, con competenza e dedizione, un impegno che meriterebbe ben altro riconoscimento. È grazie a loro se la scuola continua ad essere, in un Paese fortemente percorso da egoismi e faziosità, luogo che promuove responsabilità, ascolto reciproco, integrazione». A guardarsi bene intorno, forse quelli di oggi non sono poi così cattivi maestri.