Cattedre e cattedrali
Quando tutto sembra dipingersi di scuro, a volte l’incontro decisivo è quello meno aspettato.
Ogni volta che qualche malumore s’affaccia presso la popolazione studentesca, scattano subito i paragoni col ’68, il ’77, la Pantera degli anni ’80, e così via. E il benpensante benpensionato ha gioco facile a dimostrare che ogni tanto – ogni dieci anni – bisogna lasciare sfogare i giovani, e che anche stavolta è tutto strumentale, non c’entra nulla la riforma Gelmini, si protesta per protestare, e per molti occupare le facoltà e i licei è un diversivo per saltare qualche interrogazione e per prendersela col governo di turno.
Ma se proprio si volesse andare a ritroso nel tempo, perché non partire da un po’ prima? Sant’Agostino da giovane si cimentò come professore universitario. Sembrava un mestiere a lui congeniale, che praticava a Cartagine con passione e fortuna, insegnando retorica. Decise di spostarsi a Roma, caput mundi, e si mise a continuare ad insegnare, certo che la fortuna si sarebbe moltiplicata. Racconta egli stesso, narrando la sua vita, che gli studenti erano interessati, il clima intellettuale ricco e stimolante, ma alla fine rimase senza stipendio, nessuno lo pagò.
Era la fine del IV secolo dopo Cristo. 1600 anni dopo, pare che siamo punto e daccapo. Il nostro sistema universitario fa fatica, molti docenti sono poco pagati, altri vivono di rendite non sempre connesse al merito, il diritto allo studio è più scritto che applicato.
La delusione non fiaccò Agostino. Non si perse d’animo, e decise di andare a Milano. A pensarci bene, questa sua scelta sarebbe stata forse più temeraria ai nostri giorni. Agostino, infatti, raggiunse Milano quale cittadino nordafricano e romano allo stesso tempo. E fu accolto senza alcuna riserva dalla stupenda città, perché a quel tempo a Milano nessuno sbraitava contro Roma, né serpeggiava alcuna diffidenza verso gli stranieri, come invece oggi alcune volte succede in tante città italiane. E qui Agostino fece l’incontro che gli cambiò la vita. Fu rapito dall’eloquenza del vescovo Ambrogio, dalla sua persona che diffondeva amore, poi dalla dottrina cristiana che seminava negli ascoltatori, e si convertì. La sua vita non fu più la stessa.
La lezione? Animo, ragazzi. Quando tutto sembra dipingersi di scuro, a volte l’incontro decisivo è quello meno aspettato. Urlare è un modo per farsi ascoltare quando nessuno ci presta ascolto, ma che l’urlo non copra la possibilità di sentire noi stessi quella voce che, oggi come ai tempi di sant’Agostino, può aprirci la strada per la realizzazione autentica dei nostri più grandi ideali.