Catastrofe umanitaria nello Yemen. L’Italia che fa?
Come abbiamo riportato su cittanuova.it, a due anni dall’inizio del conflitto in Yemen, durante il quale sono state accertate “continue violazioni del diritto internazionale umanitario”, nonché l’invio – anche dall’Italia – verso l’Arabia Saudita e i Paesi della coalizione, di ordigni e sistemi bellici in violazione delle leggi internazionali in materia di commercio delle armi, Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia e Rete Italiana per il Disarmo hanno inviato una lettera al ministro degli Esteri e della Cooperazione internazionale, Angelino Alfano, per esprimere le loro preoccupazione per la sorte di decine di migliaia di civili.
Le Nazioni Unite parlano di “catastrofe umanitaria”. Amnesty International in particolare riferisce di aver documentato “dozzine di attacchi aerei devastanti apparentemente in violazione del diritto umanitario, attacchi che hanno portato alla morte e al ferimento migliaia di civili fra cui centinaia di bambini”, e afferma che “alcuni di questi attacchi sembra abbiano deliberatamente preso di mira strutture civili come ospedali, scuole, mercati e moschee, e dovrebbero quindi configurarsi come crimini di guerra”.
In merito all’invio di armi dall’Italia all’Arabia Saudita, la lettera delle sei organizzazioni ribadisce una questione più volte portata all’attenzione del governo, ma mai oggetto di un reale confronto. Secondo Amnesty International, Oxfam, Movimento dei Focolari, Fondazione Banca Etica, Opal Brescia e Rete Italiana per il Disarmo, è accertato che dal marzo 2015 “l’Italia sta continuando a fornire all’Arabia Saudita e ai membri della coalizione sistemi militari e munizionamento che alimentano il conflitto, nonostante diversi rapporti attendibili dimostrino le gravi e reiterate violazioni delle convenzioni internazionali su diritti umani e diritto umanitario da parte della coalizione a guida saudita”. Tali munizioni sono prodotte in Italia da un’azienda tedesca – la RWM Italia S.p.a. – con sede legale nel bresciano e stabilimento vicino Cagliari, in Sardegna.
Sulla questione oggetto della lettera appello al ministro degli esteri, si è parlato ampiamente nel corso dell’iniziativa “Scelte di Pace. Riconvertiamo l’Economia che Uccide”, promosso dal Movimento dei Focolari a Montecitorio il 24 marzo scorso.
Tra gli interventi qualificati anche quello di Tina Marinari, coordinatrice in Italia delle campagne di Amnesty International, con la quale siamo tornati sull’argomento dopo la lettera ad Alfano
Qual è oggi la situazione nello Yemen?
Oggi, a due anni dall’inizio dei bombardamenti della coalizione guidata dall’Arabia Saudita e appoggiata dal Regno Unito abbiamo una situazione tragica sul campo, con almeno 3 milioni di persone che non hanno casa né alcun rifugio, 2 milioni di bambini che non sanno dove andare, 12mila fra morti e civili fra la popolazione civile».
Cosa chiedete alla politica che agisce in maniera contraddittoria?
Quello che chiediamo al governo è di essere coerente con la legge nazionale e internazionale e interrompere la fornitura di armi, in questo caso di bombe, all’Arabia Saudita e a tutti i Paesi che fanno parte della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Inoltre al governo chiediamo anche di sollecitare l’Arabia Saudita affinché sospenda l’uso delle bombe a grappolo, visto che nelle ultime missioni di Amnesty International abbiamo certificato l’utilizzo sul territorio di queste armi vietate dal diritto internazionale, e di sollecitare anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ad istituire un’indagine indipendente sulle violazioni commesse sul campo da tutte le parti coinvolte. Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite chiediamo anche di imporre un embargo assoluto sia a tutte le forze presenti in Yemen sia a tutti i Paesi della coalizione guidata dall’Arabia Saudita. Solo così si potrà porre fine al conflitto.
La conversione da una economia della guerra ad una economia della pace è qualcosa che potrebbe essere “costoso” per i Paesi, cosa allora potrebbe spingere concretamente in questa direzione?
Mi piacerebbe partire da una semplice riflessione: l’Italia nel 2016 ha donato 1 milione e mezzo di euro all’UNHCR destinati ad aiutare i rifugiati yemeniti, mentre dall’altro lato continua ad autorizzare l’invio di bombe dall’Italia. Forse bisognerebbe partire da qui per trovare un soluzione che rispetti la legge nazionale e internazionale: è quantomeno contraddittorio finanziare la difesa dei rifugiati e allo stesso tempo vendere le armi che causano la fuga dei rifugiati.
Cosa chiedete in particolare come organizzazione per la difesa dei diritti umani?
Come Amnesty International chiediamo l’immediato cessate il fuoco e soprattutto quello che ci preoccupa sono gli attacchi indiscriminati verso i civili. Quello che abbiamo certificato nelle cinque missioni effettuate sul campo è che non c’è nessuna forma di precauzione per evitare attacchi alla popolazione civile. Abbiamo visto che sono stati raggiunti da colpi moschee, scuole, funerali, senza nessun rispetto per la vita umana.