Catalogna indipendente?
11 settembre, Giornata della Catalogna. Circa un milione e mezzo di persone hanno dimostrato nel centro di Barcellona. La manifestazione, organizzata da partiti e gruppi separatisti, ha trasceso i confini della città e la notizia ha avuto ampia eco nei paesi limitrofi: la Catalogna chiede l’indipendenza. Ma è possibile oggi?
In Catalogna vivono sette milioni di persone e un quinto, secondo la polizia, è sceso in piazza l’11 settembre. La questione dell’indipendenza è complessa e antica: rivendicazioni nazionaliste sono presenti in Spagna dal XIX secolo, ma storicamente sono state annullate, più che esaltate come elemento di arricchimento nazionale, soprattutto nell’epoca di Franco, che ha vietato ogni espressione sociale e culturale che non fosse castigliana. Inoltre, c’è sempre stata una rivalità con Madrid, capitale e sede del governo dello Stato.
Per anni, il nazionalismo è stato elogiato da parte dei partiti indipendentisti al potere in Catalogna: i tre partiti di sinistra al governo e l’attuale partito di destra che ha vinto le elezioni. Una volta preso il potere, ha trovato le casse vuote e ha fatto i tagli maggiori finora registrati in una regione spagnola. La tensione, alimentata da anni, è aumentata con la crisi economica.
Un prima e un dopo
La manifestazione sembra aver segnato un prima e un dopo, ma il prossimo passo non è chiaro. Una cosa è gridare la voglia di indipendenza e un’altra è concretizzarla. Anche perché c’è un’altra questione che riguarda il patto fiscale. Cioè, l'implementazione di un nuovo sistema di finanziamento per avere il controllo assoluto nella gestione delle imposte pagate dai catalani. Un passo in avanti verso la trasformazione in Stato indipendente.
Secondo il presidente catalano Artur Mas, il suo governo non rinuncerà all’indipendenza, anche se raggiungerà un accordo fiscale con il governo nazionale. Tuttavia, è evidente a tutti come sia più probabile che si attui l'accordo piuttosto che si raggiunga la vera indipendenza. In diverse interviste, Artur Mas ha detto che i rapporti con il governo di Spagna sarebbero intensi anche dopo l’indipendenza, ma importanti economisti dicono che l’indipendenza significherebbe una perdita di un 20-25 per cento del Pil della Catalogna. Impossibile affrontare un impoverimento simile in questi tempi di crisi. Tanto più che il governo locale ha dovuto chiedere a quello centrale aiuti per cinque miliardi di euro.
Ma come reagisce il resto del Paese alle mire indipendentiste catalane? Partiamo da un dato: il sessanta per cento dei prodotti che la Catalogna vende al di fuori del suo territorio è acquistato dal resto della Spagna. Qualche anno fa c'è stato un boicottaggio che ha provocato perdite notevoli. Figuriamoci cosa accadrebbe se l’indipendenza si concretizzasse… Ecco dunque perché il primo obiettivo è la gestione delle entrate fiscali.
Restano inoltre aperte altre questioni. Dolores Cospedal, numero due del PP, il partito al governo in Spagna, ha detto che il patto fiscale altererebbe tutto il complesso sistema di solidarietà territoriale del Paese. E ha descritto la situazione come un «ricatto senza senso». Mariano Rajoy, il presidente del governo spagnolo, ha invece invitato alla calma e ha annunciato che si incontrerà il 20 settembre con il presidente catalano.
E le altre regioni autonome? Un po' si fregano le mani, pensando che anche loro avranno un accordo fiscale. Questo è il caso dei Paesi Baschi. In Galizia, governata dal PP, la sensazione è opposta. Hanno sempre ritenuto ingiuste le loro rivendicazioni per cui respingono in parte l'atteggiamento catalano. «Catalogna, Galizia, Paesi Baschi, Andalusia … Tutti insieme formiamo la Spagna da 500 anni», ha dichiarato il suo presidente, anche lui del PP, Núñez Feijoo. Due giorni dopo la grande manifestazione che si è svolta in Catalogna, i partiti indipendentisti hanno tentato di organizzarne una uguale, ma in questa regione si sentono galiziani e questo è solo il loro modo di essere spagnoli. In Estremadura, il presidente ha detto: «La Catalogna chiede e l'Estremadura paga», per manifestare il malessere esistente verso Catalogna che chiede aiuti, colpendo il resto del Paese.
Staremo a vedere come le cose si svilupperanno nei prossimi giorni. Al di là delle promesse elettorali e della crisi economica, ciò che è chiaro è che c'è bisogno di una riforma dello Statuto delle Autonomíe e della Costituzione del 1978. La discussione non è iniziata, ma continua con più forza.
È possibile leggere l'articolo in lingua originale nel pdf allegato