Caso Tavecchio: oltre la gaffe, il calcio italiano al bivio
«Le questioni di accoglienza sono un conto, quelle del gioco un altro: l'Inghilterra individua dei soggetti che entrano, se hanno professionalità per farli giocare, noi invece diciamo che "Opti Poba" è venuto qua, che prima mangiava le banane, adesso gioca titolare nella Lazio e va bene così. In Inghilterra deve dimostrare il suo curriculum e il suo pedigree». Così lo scorso venerdì 25 Luglio, durante l'assemblea della Lega nazionale dilettanti di calcio di cui è attualmente presidente, parlò Carlo Tavecchio (nella foto).
Caduta di stile, razzismo inaccettabile o battuta infelice?
Al di là dell’inquadramento linguistico e mediatico migliore, a destare scalpore non è stata tanto o soltanto la goffa e indelicata esternazione, quanto piuttosto la contestuale imminente candidatura del suddetto interessato alla Presidenza della Federazione italiana giuoco calcio (FIGC). In un momento in cui il calcio italiano, reduce dal disastro tecnico e psicologico del Mondiale brasiliano, nonché da alcuni anni di declino sul piano dei risultati e della formazione stessa dei quadri giovanili, avrebbe bisogno di un profondo rinnovamento sul piano dello stile e dell’indirizzo, il fatto non può restare ai margini della cronaca.
Per la verità, “il caso Tavecchio” è già mondiale: la stessa FIFA (il più alto organo federativo calcistico internazionale, organizzatore dei mondiali, per capirci) pretende chiarezza in merito alla gaffe in una lettera alla FIGC, dove chiede «di adottare le misure appropriate per indagare e decidere sulla questione» in quanto «la lotta contro il razzismo è priorità assoluta» e «le federazioni affiliate hanno obbligo di mettere in campo il massimo sforzo per eliminare il razzismo e la discriminazione nel calcio».
Inevitabile un fuoco incrociato di comprensibili polemiche e prese di distanza. Tra gli altri votanti, dopo la Fiorentina dei Della Valle, il Torino di Cairo e la Roma di Pallotta, anche il Sassuolo di Squinzi e la Sampdoria di Ferrero hanno implorato un segnale forte prendendo le distanze da Tavecchio. Se il Milan, attraverso l'a.d. Galliani, conferma assolutamente l'appoggio, persino l’Unione europea si è espressa a favore dell'indagine Fifa. «Razzismo e discriminazioni non hanno posto nel calcio, il quale ha responsabilità particolare nel combattere il razzismo», ha dichiarato infatti il portavoce della commissaria Ue allo sport, Dennis Abbot.
Durissime le reazioni di altri importanti vertici di categorie rappresentative: «Tavecchio? Le frasi peggiori sono quelle dei suoi soccorritori che hanno parlato di scivolata inopportuna. Loro sono stati molto peggiori», ha tuonato Renzo Ulivieri, presidente dell'Associazione italiana allenatori. «Parlare così in assemblea, al di là dei contenuti gravi, dimostra inadeguatezza. Tavecchio è inadeguato perchè ha solo occhio imprenditoriale, come io mi ritengo inadeguato perchè ho solo occhio tecnico».
Dopo l’inequivocabile «Sono sconcertato», rilasciato da Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, dall’Ufficio nazionale antirazzismo (Unar) un'altra dura risposta: «Le parole pronunciate sono sicuramente gravi, sia per il loro contenuto, sia perché pronunciate in un'assemblea pubblica», ha dichiarato il direttore Marco De Giorgi.
In vista delle elezioni dell’11 agosto, Tavecchio gode al momento di una base elettiva che secondo le dichiarazioni di voto si aggira intorno al 60 per cento, forte di un proficuo impegno imprenditoriale nel mondo dilettantistico. Lo sfidante Demetrio Albertini, ben più giovane, «arriva dal calcio giocato e ha fatto il dirigente federale, parla piano, è educato, non ha bisogno di parolacce»: parola di Ulivieri. Albertini propone «riforme che passino attraverso il Consiglio Federale e per le quali bisogna cambiare una governance fatta di tante rendite di posizione da difendere anziché votata alla valorizzazione del calcio giocato quale centro del programma, secondo il modello tedesco».
Del resto, il modello tedesco risulta vincitore degli ultimi mondiali, il razzismo o, più probabilmente, l’inadeguatezza dei toni, più o meno velati, hanno sempre rischiato di mortificare lo sport. Al calcio italiano la scelta tra due figure profondamente diverse, ma, per cortesia, attenzione alle parole e, soprattutto, a una visione umana e responsabile di questo sport.