Il caso banche e il nodo delle alleanze elettorali

Lo sciogliemento formale delle Camere avverrà tra pochi giorni, ma ormai la XVII Legislatura è praticamente finita, mentre infuriano le polemiche a proposito dell'interessamento di Maria Elena Boschi su Banca Etruria. E, in vista delle elezioni di marzo, i partiti provano a definire patti e schieramenti.

“Il tempo delle elezioni costituisce un momento di confronto serrato, di competizione. Mi auguro che vengano avanzate proposte comprensibili e realistiche, capaci di suscitare fiducia, sviluppando un dibattito intenso, anche acceso, ma rispettoso. È, questa, inoltre, una strada per ridurre astensionismo elettorale e disaffezione per la vita pubblica”. Con queste parole il presidente Mattarella ha constatato la fine della XVII Legislatura e ha dato l’avvio al tempo elettorale, anche se l’atto formale di scioglimento delle Camere arriverà tra qualche giorno.

Parole incorniciate in un’alata disamina della situazione culturale, sociale, economica del Paese nel contesto globale, che non ha sottaciuto o minimizzato, e men che meno banalizzato, le inedite sfide del “crinale storico” che ci è dato di vivere e che impone di “definire un’idea del nostro Paese nel futuro”. Il che è il compito della politica.

Sergio MattarellaIl contrasto di visione tra l’approccio alto osato dal capo dello Stato e la dimensione spesso misera degli argomenti e dei toni giocati nell’agone politico è però drammaticamente stridente. Siamo ancora nella fase di formazione dei raggruppamenti elettorali, ma già si registra un’aria avvelenata, con un livello di dibattito che si perde persino nel gossip, tra accuse e provocazioni.

Prendiamo la “questione Boschi”, che tiene banco da giorni: unico argomento che abbia catturato l’attenzione generale tra quelli trattati nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario. Si fa una gran fatica a definirne i contorni effettivi, che pur ci sono e che riguardano essenzialmente l’adeguatezza dei nostri governanti a ricoprire ruoli di rilevo nazionale, sia sotto la specie della salvaguardia dell’istituzione che impersonano e sia del rigore necessario a scongiurare qualsiasi ombra di conflitto di interessi.

Purtroppo, però, è il rumore di fondo ad avere la meglio sul merito e il dibattito si perde nei retroscena, nelle allusioni o, alla meglio, nell’ultima verità gridata dall’ultimo possessore. Purtroppo, quando sono in gioco i ruoli politici, se anche la comunicazione non viene gestita con lungimirante accortezza, l’esito finale è che a perderci sono le istituzioni che si rappresentano, più che le persone. E sotto questo profilo alcune reazioni della sottosegretaria, pur umanamente comprensibili, non hanno aiutato nell’impresa, già ciclopica, di estraniare la questione dal “circo mediatico” per ricondurla sul terreno del dibattito politico-istituzionale e dell’informazione; al contrario, hanno aggiunto legna da ardere al fuoco del pernicioso virus del gossip.

Conclusione: si sono formate le solite avverse fazioni e rimarrà impossibile parlare della vicenda con la dovuta profondità fino a che il tempo non avrà lasciato depositare i polveroni. Un’altra occasione persa.

Matteo Renzi
Matteo Renzi

Si può invece apprezzare l’atteggiamento assunto dal governatore della Banca d’Italia che ha evitato accuratamente di farsi risucchiare nell’intricato incrocio di attacchi con la Consob, altra vicenda poco commendevole, parlando di “collaborazione leale e costante” con l’Authority sulla borsa. Acqua sul fuoco delle accuse reciproche lanciate dai rispettivi dirigenti in precedenti sedute della Commissione.

E benché non si sappia ancora la formazione definitiva delle liste, sappiamo già che tutti questi avvenimenti peseranno sulla campagna elettorale e già incidono pesantemente sul Partito democratico. Come ha affermato lo stesso Matteo Renzi, i sondaggi mostrano da qualche mese un trend in discesa nelle percentuali attribuite al Pd e occorrerà un grande sforzo per invertire la rotta, che non è certo aiutato da questi inciampi, anzi.

La deposizione di Federico Ghizzoni (ex amministratore delegato di Unicredit) in Commissione, per dire, è riuscita ad aggiungere ancora un elemento dal forte impatto negativo per il Pd: oltre a confermare le dichiarazioni di Ferruccio de Bortoli sull’interessamento di Maria Elena Boschi all’acquisizione di banca Etruria da parte di Unicredit, il banchiere ha rivelato di aver ricevuto sul punto anche una mail da Marco Carrai, figura di primissimo piano (benché di seconda fila mediatica, per dire così) dell’entourage renziano. Un particolare significativo perché offre uno spaccato delle modalità di gestione del potere da parte del cosiddetto “giglio magico” e che ha provocato due effetti: la presa di distanza dell’onorevole Rosato (“Carrai non c’entra col Pd”, ha dichiarato) e l’inondazione del termine “provincialismo”, fil rouge di tutti i commenti per qualificare il target politico-istituzionale di Renzi, Boschi & co.

Ma il terreno di maggior impegno per i partiti è la costituzione delle alleanze elettorali, che porta con sé il rompicapo delle candidature (tra cui la non facile sorte di Maria Elena Boschi). Il centrodestra è ai sussulti finali, provocati dagli scossoni inferti dal leghista Salvini che pare non accontentarsi di un verbale patto tra gentiluomini. Egli insiste per costituire una vera e propria coalizione, con programma comune e regole “anti-inciucio” per la gestione post elettorale.

Berlusconi alla convention di Forza Italia
Berlusconi alla convention di Forza Italia

Si tratta di grida quasi certamente destinate a restare senza un esito effettivo, anche perché la legge non esige vincoli di sorta dai partiti che corrono insieme.

Oltre a Berlusconi e Salvini, faranno parte dell’aggregato anche Giorgia Meloni e la “quarta gamba” centrista, cioè la lista “Noi con l’Italia” costituita da Lupi e Formigoni, Flavio Tosi, Raffaele Fitto, l’ex ministro Costa, Saverio Romano ed Enrico Zanetti. Resta da capire cosa farà “Energie per l’Italia” di Stefano Parisi, che ha confermato il posizionamento nel centrodestra, ma non è chiaro se sarà presente autonomamente o convoglierà in Forza Italia.

Di certo ci sarà la lista animalista di Vittoria Brambilla. Quindi il centrodestra ha già un raggruppamento nutrito che gli permette di guardare alla meta del 40% con una certa fiducia. Il che non vuol dire, è bene specificarlo, guadagnare la maggioranza assoluta delle Camere: per questa, occorrerebbe anche fare il pieno dei collegi uninominali. Perché ci risiamo, la legge elettorale ha, sì, il merito di dare “regole omogenee e non dissonanti”, come ha annotato il Presidente Mattarella, ma a ciò non corrisponde la garanzia di comporre una maggioranza di governo.

Sul Pd non ci sono grosse novità rispetto a quanto era stato evidente da subito: persistono le difficoltà a comporre una coalizione forte, dopo il ritiro di Pisapia e il gran rifiuto della sinistra che si è aggregata attorno a Grasso. Sinora si contano le liste di Bonino, Lorenzin e Verdi-socialisti-ulivisti, ma col Pd in discesa rischia di non riuscire neppure la strategia della vittoria di lista perseguita dal segretario Renzi per continuare ad essere il perno centrale di un possibile governo di coalizione, che ponga il M5S all’opposizione.

luigi-di-maio-foto-ansaDal canto loro, i grillini, sotto la guida di Luigi Di Maio, sopportano i loro bravi saliscendi: euro-si-euro-no, referendum si-no-forse, eccetera. Esaurita la spinta propulsiva, appaiono affaticati nel trovare una cifra convincente – perché chiara e coerente – sul piano programmatico e dei contenuti valoriali e politici. Attendiamo perciò i prossimi appuntamenti di presentazione del programma e l’indicazione dei possibili ministri. Ma una semi-svolta Di Maio l’ha effettuata quando ha ipotizzato un governo a trazione 5 Stelle con Pd e sinistra come sostenitori, laddove la svolta è costituita dall’apertura ad altre forze politiche pur nella pignola specificazione che “sia chiaro, eliminiamo dal vocabolario le parole alleanza o coalizioni”.

 

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