Caso Appendino, Covid e responsabilità dei sindaci

La condanna della sindaca di Torino, Chiara Appendino, per le conseguenze dei disordini di piazza San Carlo durante la finale di Champions League del 2017 ha provocato le proteste dei sindaci italiani, che guidati da Decaro, presidente dell'Anci e sindaco di Bari, chiedono al governo di rivedere le responsabilità dei primi cittadini. Anche durante la pandemia.

Dove finisce la responsabilità di un’istituzione e inizia il senso civico dei cittadini? Non c’è dubbio che il sindaco di una città sia responsabile dell’ordine pubblico, del decoro urbano e della sicurezza dei suoi concittadini. Il primo cittadino di qualsiasi Comune italiano è consapevole delle sue competenze, scritte nel Testo Unico degli enti locali che lo nomina “organo responsabile” e coordinatore dell’amministrazione del Comune di appartenenza, sebbene esista una distinzione tra poteri di indirizzo e poteri di concreta gestione. Certamente il sindaco ha il compito di controllare l’operato dei dirigenti, può deliberare e dare patrocini per eventi e manifestazioni che richiedono differenti competenze.

Sulle responsabilità dei primi cittadini si sta discutendo in queste settimane, dopo la condanna a un anno e sei mesi di reclusione inflitta a Chiara Appendino, sindaca di Torino, insieme ad altri quattro imputati, per gli incidenti di piazza San Carlo durante la finale di Champions League del 2017, quando per colpa di alcuni rapinatori e facinorosi, rimasero ferite circa 1.500 persone e due donne morirono, una dopo una decina di giorni, per le ferite riportate. Le accuse sono gravisssime: disastro, lesioni e omicidio colposo.

In attesa dei successivi gradi di giudizio, facendo appello per una revisione del Testo Unico degli enti locali, i sindaci d’Italia – dai piccoli ai grandi Comuni -, hanno sollevato la questione delle loro responsabilità mostrando vicinanza alla “collega” piemontese. Il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, supportato da oltre 3500 primi cittadini italiani che hanno aderito alla raccolta firme, ha sollecitato il Parlamento a fare un’analisi e a dar vita ad una discussione sul ruolo da loro ricoperto, spesso in prima linea e lasciati isolati nelle decisioni, davanti a eventi tragici e rischiosi.

«Non sta a me giudicare il lavoro della magistratura e non entro nel merito della sentenza, che rispetto. Così come rispetto profondamente il dolore delle famiglie che in quella vicenda hanno perso un loro caro – ha detto il sindaco di Bari –, ma non posso non rilevare che la condanna di Chiara Appendino per i disordini di Piazza San Carlo del 2017 ci pone ancora una volta di fronte a un problema enorme: in questo contesto di norme e regolamenti diventerà sempre più difficile fare il mestiere di sindaco».

Decaro, tra i sindaci più apprezzati d’Italia, pone la questione del ruolo amministrativo che fluttua tra ordinanze e decreti ora dello Stato poi delle Regioni, ritrovandosi in molte occasioni senza un concreto sostegno. «Possono i sindaci rispondere personalmente, e penalmente, per valutazioni non ascrivibili alle loro competenze? Possiamo, noi sindaci – si chiede il presidente dell’Associazione nazionale dei Comuni italiani – continuare a essere i capri espiatori, le uniche istituzioni sulle quali si scarica il peso di scelte dalle enormi responsabilità? Possiamo essere condannati perché facciamo il nostro lavoro?».

Questi sono i quesiti posti dai sindaci d’Italia a seguito delle decisioni prese nei confronti di Chiara Appendino, in uno scenario in cui si ritrovano a fronteggiare per primi le richieste e le proteste della cittadinanza per scelte che, a volte, piovono dall’alto, dalle istituzioni centrali. Occorre rivedere i temi della responsabilità, della gestione e della politica che nel giro delle competenze vengono confusi. Per quanto riguarda il caso piazza San Carlo, infatti, era stata emanata una delibera di patrocinio e l’organizzazione sarebbe stata competenza di Turismo Torino. Decaro, perciò, in rappresentanza dell’Anci, evoca un ridimensionamento delle responsabilità dei primi cittadini, poiché molto facilmente si attribuiscono loro eccessive competenze.

Anche perché dei sindaci non si può fare a meno: proprio in questa fase di riorganizzazione per la somministrazione dei vaccini, per esempio, l’Anci si rivolge a Maristella Gelmini, neoministra agli Affari regionali: «Offriremo impianti e strutture per stabilire punti di vaccinazione – afferma Decaro in una nota –, ma per servizi come pulizia e custodia occorrerà far fronte a spese straordinarie che non possono essere sostenute dai Comuni». Insomma tra disponibilità, responsabilità e difficoltà i sindaci vogliono continuare a fare la loro parte, con il giusto sostegno dello Stato.

 

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