Cartoni giapponesi
Sono un papà di due figli di 6 e 8 anni, fin da bambino ho sempre amato molto i cartoni animati giapponesi, ma adesso come genitore mi chiedo se questo tipo di cartoni animati sia educativo per i miei bambini e soprattutto che tipo di valori veicola. Luigi – Taranto Questi cartoni sono arrivati sui nostri schermi a partire dagli anni Settanta e sono conosciuti in tutto il mondo con il termine di anime, che deriva dalla contrazione del termine inglese animation. Dal punto di vista del disegno, rappresentano tratti rigidi e standardizzati, per cui, ad esempio a una data emozione corrisponde sempre la stessa espressione. Le fasi più importanti della storia sono scandite con un ritmo improvvisamente più veloce, mentre in precedenza si creava un’attesa attraverso ritmi lenti, che spesso sfiorano l’immobilismo: le immagini sono fisse e personaggi inquadrati con bocche spalancate per qualche secondo. Sono tecniche di racconto che derivano dai manga, i fumetti giapponesi. Questi hanno poco da spartire con la cultura occidentale: sono creati per un pubblico adulto che li legge sul treno o in metro. Il racconto si sviluppa prevalentemente sulle immagini e i dialoghi e le parole sono ridotti al minimo. Nei cartoni giapponesi le emozioni non sono manifestate attraverso la mimica dei gesti o l’espressione del viso, ma sono dette da una voce narrante quasi a voler tenere un certo distacco, controllarle o addirittura negarle. Questa modalità di non comunicare visivamente i sentimenti rende per il piccolo telespettatore più difficile l’identificazione con i personaggi, in quanto non riesce a sentire cosa stia realmente provando l’eroe. Prevale l’idea del potere e del dominio, ma rappresentate in chiave collettiva e non individuale. L’impressione è che gli eroi giapponesi siano eroi per forza, personaggi di una tragedia sacrificati dal destino a compiti superiori e imprescindibili e quindi non possono esimersi dal loro dovere. L’errore non è contemplato e non vi è mai l’utilizzo dell’ironia. La figura del padre e dei genitori, a differenza della cultura occidentale, ha poco valore, poiché i figli si pensa debbano essere lasciati soli perché imparino che con il sacrificio e la rinuncia ci si rafforza nello spirito e nella disciplina verso sé stessi e il proprio paese. Per concludere possiamo affermare che la capacità di impatto di questi cartoni animati sui piccoli telespettatori è ancora ampiamente sottovalutata: sono storie intense da ascoltare e da vedere, ma che suscitano nel bambino sentimenti spesso contrastanti. Come in altri casi, è molto utile quando possibile ritagliare un po’ di tempo per vederli con loro e discuterne insieme. spaziofamiglia@cittanuova.it