Caro Giovannino
Caro Giovannino, oggi è il centesimo anno dalla tua nascita e nella Bassa lungo il Po, ti assicuro, è una giornata di sole. I pioppi, sentinelle del verde che pare infinito, tengono a bada il Grande Fiume. Ad ascoltarlo sembra davvero che scorra per ricordarci la storia del tuo Mondo piccolo, che con ingegno letterario ci hai svelato e di cui sei sempre testimone. Sembra infatti che tu possa sbucare da un momento all’altro sull’argine, di poter ascoltare i tuoi passi e incontrare il bambino di cui scrivevi: Il buon Dio, negli immediati paraggi del 1908, costruì un angelo e prima di collaudarlo scosse il capo. Come angelo – disse fra sé – è troppo brutto. Come uomo è troppo buono. Al massimo ne posso cavare un Giovannino. Così gli svitò le ali, gli tolse il cartellino di garanzia per la durata, e lo mandò in dono alla signora che mi rese figlio. Oggi, primo maggio, un popolo trasversale e internazionale vibra d’affetto, un misto di gratitudine e di stima, che non è solo per il papà di don Camillo e Peppone, finiti nel mondo del cinema con gloria ed onore, ma anche per lo scrittore che ha strappato in noi quei larghi sorrisi che ci hanno disteso i nervi e sono arrivati diritti al cuore, senza passare per il cervello. Diventiamo più seri: impariamo a ridere. E infatti quante volte hai saputo ridere di te e dei tuoi errori e scivoloni! Noi, tuoi lettori, ci siamo sentiti compresi e perdonati: le nostre debolezze erano lì, nei tuoi dialoghi intriganti e così veri. Hai invaso silenziosamente e inaspettatamente tutto il mondo con venti milioni di copie, tradotte in quaranta lingue! Hai continuato a rivolgerti ai tuoi 23 ipotetici lettori (Manzoni li reputava in numero di 25)! Sapevi di essere lo scrittore italiano moderno più tradotto e venduto? Come ciò sia stato possibile se lo chiedono in tanti. Certo, si ipotizza che tu abbia saputo parlare al cuore di ogni lettore, dalla Groenlandia al Giappone, dall’India alle isole Samoa. Ho cercato qualche notizia sul tuo centenario nei comunicati tv: rari e scarni cenni. Meglio così. Segno che susciti ancora qualche inquietudine, per via della sete di libertà e di rispetto assoluto dei valori: Libertà è dovunque vive un uomo che si sente libero, scrivevi. Mi chiedo perché la scuola non si ingegni a farti conoscere: meriterebbero i giovani di fare l’esperienza di poter sorridere, imparando sulla vita il nocciolo di alcune questioni. Io ho conosciuto le tue opere da studente, era lettura galeotta all’epoca: roba poco impegnata, da umoristi , sosteneva chi non si sforzava di conoscere e preferiva rimanere nell’ignoranza di quell’autore già morto e quindi con un futuro incerto. Però puoi stare tranquillo: gli amici di sempre e quelli acquistati nel cammino non ti hanno certo scordato! Su di te, sulla tua opera e sulla tua vita coraggiosa si è detto e scritto molto, fino a metterti nell’imbarazzo. Non scrollare, con autorevole comprensione, la testa: per te hanno scoperto un monumento e hanno annullato un francobollo nel tuo ricordo; è nato un comitato nazionale per celebrarti e un numero incalcolabile di appassionati si sono dati da fare, con mostre, eventi, spettacoli. Hanno curato anche un museo e inaugurato un Archivio Guareschi. A dire il vero mai Giovannino Guareschi è stato più presente. A Milano si è detto all’incontro internazionale sulla tua opera: Guareschi è stato ed è universale. Un bel riscatto! Ma sono altre le domande che da queste righe ti rivolgo: come hai potuto così lucidamente prevedere come sarebbero andate le cose, in un momento in cui tutti erano aperti al progresso e fiduciosi nel futuro? Ne è passata di acqua sotto il Po! Dignità, coerenza, responsabilità, onestà, comprensione, onorabilità, perdono, disponibilità al sacrificio, beh? Ci tocca lottare quotidianamente per salvarli. Inquinamento, pornografia, qualunquismo, corruzione. Quanto hai tuonato sorridendo o sussurrato fra le righe mettendo in guardia i posteri da questi mali. Ce li troviamo imbanditi e multiformi sulla tavola quotidiana. E dimmi, Giovannino, come si fa a conservare una limpida lettura della propria esistenza senza odiare mai nessuno, anche dopo essere passato per la bufera della guerra, della prigione, del lager? Come si può dire: La fame, la sporcizia, il freddo, le malattie, la disperata nostalgia non ci hanno sconfitti… sono passato attraverso questo cataclisma senza odiare nessuno? Un segreto ci dev’essere e non so se questa tua estrema fedeltà alla Provvidenza, un coraggioso, antico e per niente ottuso fidarsi di Dio è la sola risposta al mio cercare. Maestro insomma, non solo di giornalisti, scrittori, vignettisti e umoristi. Maestro di quel mondo piccolo che è la vita di tutti i giorni, dove coraggio e fede non bastano mai. Concludo questa lettera per dirti che nonostante i dubbi, una cosa mi pare chiara: la famiglia è stata per te il ristoro, la fonte di ispirazione, il luogo degli affetti, il valore supremo da salvare per la società futura, il luogo per tramandare ai figli il gusto della vita e della lotta per difenderne la dignità. Nel 1959 eri così preoccupato e prevedevi per lei un futuro oscuro e tempestoso. Avevi ancora ragione. In compenso Carlotta (la Pasionaria) e Alberto (l’Albertino), i tuoi figli, hanno tenacemente onorato il loro padre, curandone la memoria e le opere. Ci sei riuscito. E un’ultima domanda davvero: come ha fatto Ennia a seguirti in tutte le tue traversie senza uscire mai allo scoperto, sempre all’ombra della mitica Margherita delle storie esilaranti, quanto profonde, di Vita familiare? Scrivevi Se una donna ti ama, tu parli e invece canti… Le parole sono la musica dell’amore; o ancora Il vero amore va oltre i confini della Morte, della Sintassi, della Grammatica e dell’Ortografia. Forse ho capito. Solo tu, caro Giovannino Guareschi, potevi lasciarci spalancando la finestra a Cervia quel giorno di luglio del 1968 con un bel giorno, davvero. Dopo qualche istante Dio ti avrà accolto con un bentornato, Giovannino!. Una dei tuoi numerosissimi affezionati 23 lettori