Il carnefice e la vittima

Il 27 gennaio si celebra il Giorno della Memoria, mentre in Europa cresce l’antisemitismo. La lezione di Liliana Segre.

Il 27 gennaio del 1945 l’Armata rossa abbatte i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz. In quella data si celebra il Giorno della Memoria «al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione» (art. 1, legge 20 luglio 2000, n. 211).

«Non si fa memoria per compatire le vittime ‒ chiarisce Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane ‒, ma per riflettere assieme su un’idea di futuro che non può prescindere da una chiara difesa delle formidabili conquiste democratiche consolidatesi dall’immediato dopoguerra. È un impegno che siamo tutti chiamati ad assumere con forza, a ogni livello di visibilità e responsabilità».

Il saluto romano di manifestanti di Forza Nuova.
Il saluto romano di manifestanti di Forza Nuova.

Il Giorno della Memoria non è solo coscienza storica che ci porta a riflettere su quanto è accaduto al popolo ebraico affinché simili eventi non possano mai più accadere, ma è anche uno sguardo sul presente, sulla questione sempre latente e mai risolta dell’antisemitismo.

L’antisemitismo, dal greco ἀντἰ = anti, e Σημ = semita, indica il pregiudizio e odio nei confronti degli ebrei e dell’ebraismo. «Il termine ‒ si legge sul sito di Osservatorio antisemitismo ‒, improprio in quanto sono semiti anche altri popoli, fu coniato nel 1879, dal giornalista e agitatore tedesco Wilhelm Marr, per definire la propaganda antiebraica allora diffusa in Europa».

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Dati allarmanti

L’attualità fornisce dati allarmanti e in crescita. 190 i casi di “odio” verso gli ebrei in Italia nei primi 9 mesi del 2019. Lo rilevano i dati dell’Osservatorio del Centro di Documentazione ebraica. L’aumento è significativo: erano 197 in tutto il 2018 e 130 nel 2017. Si tratta di fatti pubblici, ma il non detto e il non conosciuto coprono una zona d’ombra molto più vasta. La rete è un magma indecifrabile, ma la quarta edizione della “mappa dell’intolleranza” di Vox Diritti segnala 15.196 tweet negativi, il 10% del totale, tra marzo e maggio 2019, nei confronti degli ebrei. Le offese più ricorrenti riesumano il vocabolario classico dell’ignoranza crassa: rabbino, usuraio, giudeo, strozzino, ebreo ai forni, sionista. Non esistono analoghe rilevazioni per Facebook, Google, Instagram, VK (la maggiore rete sociale in Russia dove la propaganda antisemita è particolarmente diffusa) e non è al momento possibile monitorare le chat di WhatsApp e di Telegram. Sono antisemiti 300 siti, 160 i singoli profili, 50 gruppi. L’odio si concentra a Roma e poi, in misura minore, a Milano.

Tra gli ultimi sbalorditivi fatti di cronaca il caso di un docente di Filosofia del diritto e Filosofia politica all’Università di Siena, che dal suo profilo Twitter difende Hitler facendogli pronunciare queste parole: «Vi hanno detto che sono stato un mostro per non farvi sapere che ho combattuto contro i veri mostri che oggi vi governano dominando il mondo». Al momento in cui scriviamo risulta indagato. L’argine all’antisemitismo basato sulla conoscenza, la memoria, la storia, si sgretola proprio nell’ambiente educativo che dovrebbe edificarlo.

L'entrata della sinagoga di Halle in Germania, sede di un attentato il 9 ottobre 2019.
L’entrata della sinagoga di Halle in Germania, sede di un attentato il 9 ottobre 2019.

In Europa dalle parole si è passati ai fatti. Ad Halle, in Germania (ottobre 2019), un attentato in sinagoga fa due vittime. L’assassino, un neonazista tedesco di 27 anni, prima di aprire il fuoco urla: «La radice di tutti i problemi sono gli ebrei». A Bruxelles, nel 2014, muoiono 4 persone per la sparatoria al Museo ebraico e alla sinagoga della città. In Francia dopo Tolosa (ucciso un rabbino e tre bambini nel 2012), Parigi (Charlie Hebdo, l’Hyper Cacher, Bataclan nel 2015), l’80% degli ebrei ha lasciato le proprie case nel dipartimento di Seine-Saint-Denis, che comprende la banlieue Nord della capitale.

L’11% degli italiani risponde con giudizi negativi a domande sugli ebrei, così come il 25% dei tedeschi, il 42% degli ungheresi, il 48% dei polacchi.

 Le ragioni dell’antisemitismo

Pregiudizi che nascono anche da 19 secoli di antigiudaismo cristiano e pochi decenni di dialogo. «Si può dire che ‒ commenta padre Giulio Michelini, preside dell’Istituto Teologico di Assisi e autore de La Bibbia dell’Amicizia (San Paolo, 2019) ‒ anche una certa teologia, quella soprattutto “della sostituzione”, che vedeva la Chiesa come il “vero” Israele, perché il “vecchio” patto con gli ebrei sarebbe stato ricusato, non ha contribuito a creare un clima favorevole nei confronti dell’ebraismo. L’insegnamento del disprezzo, poi, è addirittura approdato nella liturgia».

Il cammino iniziato con la Nostra Aetate nel Concilio Vaticano II ha portato alla richiesta di perdono da parte di Giovanni Paolo II durante il Giubileo del 2000 e a parole chiare come quelle della Commissione Teologica Internazionale della Santa Sede, che nel documento Memoria e riconciliazione arrivavano a dire: «La Shoah fu certamente il risultato di una ideologia pagana, qual era il nazismo, animata da uno spietato antisemitismo, che non solo disprezzava la fede, ma negava anche la stessa dignità umana del popolo ebraico. Tuttavia, ci si deve chiedere se la persecuzione del nazismo nei confronti degli ebrei non sia stata facilitata dai pregiudizi antigiudaici presenti nelle menti e nei cuori di alcuni cristiani».

Una recente pellicola, L’ufficiale e la spia di Roman Polanski sul caso dell’ebreo Dreyfus, enuclea bene l’idea del capro espiatorio. Il traditore dell’esercito francese non poteva essere che un “diverso”, cioè un ebreo, anche se innocente. «Lo spiega bene ‒ commenta padre Giulio Michelini ‒ anche Piero Stefani in un testo fondamentale sull’argomento, L’antigiudaismo. Storia di un’idea (Laterza, 2004), dove la parola “antisemitismo” diventa il modo per trovare in una “razza” un capro espiatorio. Ecco perché è necessario distinguere un antigiudaismo cristiano dall’antisemitismo, anche se purtroppo le due cose si sono spesso confuse storicamente».

 Barbie e Segre

La storia di Klaus Barbie, il boia di Lione, è emblematica. Durante la Seconda guerra mondiale, per conto

Klaus Barbie
Klaus Barbie

della Gestapo, dopo aver ucciso, torturato, deportato 70 mila persone tra ebrei e francesi, al processo, avvenuto solo nel 1987, dichiarò: «Quando sarò dinanzi al trono di Dio, verrò giudicato innocente».

Una tale affermazione può nascere solo da una malattia ideologica, ben delineata sin dal Mein Kampf di Hitler, che, come la malaria, può rimanere latente e riaffiorare in particolari momenti di stress, quando le difese immunitarie dei sistemi democratici sono basse, e ricomparire, tornare in circolo, per provocare altre nefandezze immonde.

 

La senatrice a vita Liliana Segre.
La senatrice a vita Liliana Segre.

Memoria che sembra dissolta anche per la nota vicenda della senatrice Liliana Segre, che, a 89 anni, è costretta a vivere sotto tutela di due carabinieri perché ripetutamente insultata e minacciata soprattutto via social. Vittima dell’ideologia nazista perché di famiglia ebrea, è stata deportata nel 1944 ad Auschiwtz e liberata nel 1945 per l’arrivo dell’Armata rossa. Mentre era in fuga dal campo di concentramento, si sentono crepitare le mitragliatrici sovietiche. Il comandante delle SS del suo lager, per non farsi riconoscere, si toglie i vestiti e rimane in mutande. Per la fretta, lascia la pistola a terra. «Potevo ammazzarlo come un cane – racconta Liliana Segre –. Guardai l’arma, ci pensai qualche istante e poi decisi: no! Meglio cento altre volte vittima che una sola volta carnefice». E noi da che parte stiamo?

BOX 1

Investire energie sulla scuola e sui giovani

 Intervista a Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane

 

Noemi Di Segni,  presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.

 Perché questa rinascita dell’antisemitismo proprio oggi?

Nei momenti di crisi economica, ma anche culturale, vecchi demoni che si credevano sconfitti tornano facilmente a germogliare e a irrobustirsi. Come un tempo, tornano in auge parole malate, vere e proprie parole dell’odio. La storia ce lo insegna, alle parole malate seguono sempre comportamenti malati. E con ripercussioni gravissime per l’intera società. Non solo quindi per l’individuo o la specifica collettività che è presa di mira. Per questo, oltre alla repressione di iniziative criminali, è fondamentale investire sempre più energie sulla scuola, sulla cultura, sulla diffusione di civiltà e consapevolezza. Altrimenti il rischio è il baratro.

Che anticorpi positivi osserva nella società italiana?

Ad azioni negative, ormai sdoganate e persino cavalcate in molti casi da una mala politica, seguono per fortuna, molto spesso, anche reazioni opposte. Penso al calore che in ogni intervento e conferenza accoglie Liliana Segre, che non è solo una vittima dell’odio ma anche una splendida ambasciatrice di consapevolezza e speranza. Mi ha molto colpito un’immagine arrivatami da Genova, dove la senatrice a vita si è recata per ricevere il premio annualmente conferito dal Centro Primo Levi. Il Palazzo Ducale, sede della cerimonia, era gremito in ogni ordine di posto. Negli stessi minuti, in piazza, migliaia di genovesi si sono dati appuntamento davanti a un maxi schermo per seguire le sue parole. Un’immagine forte e commovente.

Qual è stato il ruolo dell’antigiudaismo cristiano nella persecuzione degli ebrei?

Purtroppo la Chiesa, per molti secoli, ha fatto leva sui peggiori stereotipi e pregiudizi. Crimini immondi sono stati compiuti su iniziativa di papi, cardinali, prelati. Penso ai ghetti, all’Inquisizione, ai molti massacri contro innocenti. Per fortuna è il passato. Oggi, con la Chiesa, è in corso un dialogo aperto e franco. Un percorso, al netto di alcune incomprensioni, che è nel segno dell’amicizia. Le visite di papi in sinagoga sono ormai una consuetudine, così come gli interventi contro odio e antisemitismo pronunciati in piazza San Pietro. Segnali significativi, recepiti con attenzione da tutto il mondo ebraico.

Che significato avrà la Giornata della Memoria 2020?

Ci auguriamo che le molte iniziative che si andranno a realizzare siano l’occasione per un confronto con ferite recenti e mai del tutto elaborate che lasci davvero il segno, specie tra i giovani. È importante che si conoscano chiaramente i fatti, le responsabilità, le scelte intraprese in un senso o nell’altro.

BOX 2

Uscire dalla prigione dell’odio

Intervista a Moni Ovadia, musicista, cantante, attore, drammaturgo, scrittore

Moni Ovadia.
Moni Ovadia.

«La dignità non è negoziabile scrive in Madre dignità (Einaudi 2012) . Riconoscerla anche al peggiore dei carnefici è la migliore risposta possibile alla logica dell’odio». Che effetto le fa assistere ad una campagna di odio contro Liliana Segre?

Chi odia è uno che ha dei problemi gravi. In più si odia qualcuno come Liliana Segre, che non ha fatto assolutamente nulla. Fa un magistero di testimonianza etica, ha chiesto una Commissione contro l’odio, non contro l’antisemitismo. Di recente sono stato al carcere di Opera, dove ho letto delle lettere dei detenuti e di ergastolani. C’era insieme a me una signora, ci siamo sorrisi. Le ho chiesto: «È qui perché insegna?». «No ‒ mi ha risposto ‒. Sono qui perché sono una vittima». «Cosa la porta qui?». «I detenuti mi hanno liberato dalla mia prigione di odio e di rancore che mi avvelenava la vita». Pensa che cosa straordinaria. Questa donna andava in carcere a stare con i detenuti perché aveva capito che coltivare l’odio verso chi pure le aveva fatto del male non portava da nessuna parte. La portava in una prigione.

 Ci sono delle ragioni antropologiche per l’antisemitismo?

Sono molte e complesse le ragioni, ma l’antisemitismo è un fenomeno che non scomparirà fintanto che non esisterà una società fondata sull’accoglienza dell’altro. L’ebreo è stato l’altro per antonomasia. Nel mondo romano è colui che non ha accettato il Cristo, che ha manifestato la volontà di restare nelle proprie idee, è stato una spina nel fianco perché il cristianesimo è una costola dell’ebraismo. È come un padre che sopravvive al figlio.

 Come sradicare la cultura dell’odio?

La repressione a volte è necessaria, ma non risolve nulla. I veicoli per sradicare la cultura dell’odio si chiamano istruzione e cultura. Ho fatto una proposta di legge veicolata da una mia amica parlamentare in cui propongo che la Carta dei diritti dell’uomo e la Costituzione italiana siano materie obbligatorie di studio per le scuole di ogni ordine e grado a partire dalle elementari. È l’unica materia, per me, da conoscere per superare le scuole dell’obbligo, altrimenti non puoi lavorare, prendere la patente, votare. Non starò mai più con un partito finché non avrà nei primi due punti dell’agenda politica istruzione e cultura, perché se non sei formato dirai stupidaggini e crederai ai pregiudizi. La relazione, l’accettazione dell’altro è frutto della conoscenza, anche di piccole cose che creano famiglia.

 

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