Carmen vive a Napoli, cieca e indomita

Al Teatro Argentina di Roma, Mario Martone porta in scena il capolavoro di Bizet ispirato al racconto di Merimée, rielaborato da Enzo Moscato e trasposto nella città campana
Carmen

Nella “Carmen” concepita da Mario Martone, quasi un musical, la vera protagonista è Napoli, che, come la protagonista femminile, donna fatale, innamorata e ingannatrice, è ferita a morte, ma resta ancora viva e indomita. Come sempre. Ci sono sonorità multietniche che l’Orchestra di Piazza Vittorio, diretta dal vivo da Mario Tronco, ha rielaborato dalla partitura originale di Bizet, sconfinando in contaminazioni pop e jazz, e nel repertorio partenopeo.

Ci sono echi del teatro popolare di Raffaele Viviani (quei “Dieci comandamenti” messi in scena anni addietro da Martone), della sceneggiata, del melodramma, della tragedia greca. E ribaltamenti testuali che la riscrittura del napoletano Enzo Moscato, su commissione del regista, ha apportato guardando all’attualità del femminicidio. Questa “Carmen”, tratta dalla novella di Mérimée e sottratta, qui, al folklore spagnolo, che vive non più a Siviglia ma nella Napoli dei Quartieri Spagnoli, non viene uccisa, come da copione, ma sfregiata agli occhi quale violenta rivalsa dell’uomo che non la può possedere: quel brigadiere José (qui col nome Cosé) travolto dalla passione.

Cieca, Carmén si presenta con occhiali scuri a raccontare in un flashback la sua storia. In apertura di sipario, con un grande mare nero e il rumore delle onde, avremo intanto visto Cosè rinchiuso in carcere, narrare dal suo punto di vista gli eventi parlando e riflettendo da solo. Nella scena mobile e funzionale di Sergio Tramonti, che modella ora una taverna di malavitosi, ora un commissariato, ora esterni notturni, si fa largo un’allegra processione da Festa di Piedigrotta con un’affollata torre canora addobbata di luminarie sulla quale si canta e si balla e dove, al posto del toreador Escamillo, l’altro uomo amato e portato alla rovina da Carmen, c’è un divo della canzone napoletana soprannominato O’torero, interpretato dall’attore nordafricano Houcine Ataa. Brava Iaia Forte che recita, canta, balla con fascinosa sensualità.

Mentre Roberto De Francesco, nel ruolo di Cosé, il soldatino veneto, ingenuo e umiliato, risulta poco convincente per fragile presenza passionale. Si deve alle musiche e alla partecipazione dell’Orchestra di Piazza Vittorio, con gli stessi musicisti che irrompono anche in scena salendo dalla buca e ritornandovi, se questa “Carmen” risulta godibile. Lo sforzo produttivo e di mezzi avrebbe potuto dare ben altri risultati considerando altre indimenticabili prove teatrali di Martone. Vedi i suoi Edipo.

“Carmen”, di Enzo Moscato, regia Mario Martone,direzione musicale Mario Tronco, con Iaia Forte, Roberto De Francesco, e con Ernesto Mahieux, Giovanni Ludeno, Anna Redi, Francesco Di Leva, Houcine Ataa, Raul Scebba, Viviana Cangiano, Kyung Mi Lee, arrangiamento musicale Mario Tronco e Leandro Piccioni, musiche ispirate alla Carmen di Georges Bizet, esecuzione dal vivo Orchestra di Piazza Vittorio, scene Sergio Tramonti, costumi Ursula Patzak, luci Pasquale Mari, suono Hubert Westkemper. Produzione Stabile di Torino e Teatro di Roma. Al Teatro Argentina di Roma, fino al 19/4.

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