Carlo Verdone: «Devo tutto alla mia famiglia, ai miei genitori»

Incontro con il celebre attore romano durante la presentazione della nuova serie "Vita da Carlo 2". Parlando di cinematografia, tra fiction e realtà, si racconta e la sua narrazione svela l’importanza vitale che suo padre e sua madre hanno avuto per lui
Verdone

Talvolta è evidente già nel titolo, come nei film Io e mia sorella e In viaggio con papà, altre volte invece scorre sotto traccia come nel film Io, loro, Lara, altre volte ancora è svelata lentamente dalla trama, come nel film, Al lupo al lupo, ma sempre la famiglia e il microcosmo reale o immaginario che le gira attorno, è una costante in tutta la vita cinematografica e personale di Carlo Verdone.

Il tema della famiglia appassiona e divide non solo l’odierna realtà politica, parlamentare e sociale, coinvolge non solo giuristi e divorzisti, ispira filosofi e antropologi, ma prima di tutto essa trova la sua espressione più diretta e coinvolgente, nel mondo cinematografico. Da sempre infatti, come apprendiamo dalla lunga carriera cinematografica di Verdone, il grande schermo è stato lo scenario su cui proiettare le relazioni interpersonali tra padre e figlio, madre e figlia, marito e moglie e così via all’infinito cambiando l’ordine e l’intreccio delle trame e delle parentele. Il cinema, persino quello muto che subito colpì Verdone, ha dato sempre una risonanza quantomeno visiva e forte ai mutamenti che nel corso del tempo ha subito la famiglia: ne ha incarnato i rigidi canoni imbrigliati nel patriarcato del “padre padrone”, ne ha ritratto il sommesso e instancabile matriarcato, ne ha partorito, dopo il travaglio della modernità, un’immagine volubile, contraddittoria, vacillante, ma ne ha anche proposto e ispirato nuovi modelli. Il tutto, come Carlo Verdone insegna, è sempre accaduto tra dramma e commedia, tragedia e sospiri, tra realtà e finzione, e poco importa che si tratti del grande schermo, delle miniserie televisive o delle piattaforme internet d’avanguardia, perché è proprio questo il luogo dove ormai si racconta, interpreta e decodifica il complesso universo dei comportamenti familiari e dei fugaci stereotipi che di volta in volta definiscono il concetto stesso di famiglia.

Verdone

Ecco dunque che un tema così importante necessitava di un “protagonista” particolare, qualcuno che avesse interpretato tanti ruoli cinematografici interenti la famiglia, ma anche qualcuno che nello stesso tempo quegli stessi ruoli li avesse scrutati da dietro la telecamera, li avesse amati, coltivati e infine raccontati alla sua grande audience come regista. Carlo Verdone dunque in tutta la sua esperienza e cultura, nella sua geniale sensibilità creativa mista a ironia e genuinità romanesca, rappresenta proprio quell’importante momento di sintesi “familiare” che cercavamo tra cinematografia e realtà, tra la nuova commedia all’italiana e la fiction su piattaforma; è lui dunque che ci aiuta davvero a comprendere la “famiglia”, e lo fa partendo dai genitori.

Verdone è lì, seduto sul palcoscenico, ce l’abbiamo di fronte, è venuto per parlare di fiction e della nuova stagione 2023 della serie Vita da Carlo 2. L’occasione di ascoltarlo è dunque imperdibile, anche se Carlo, confida subito che da giovane egli stesso non ci pensò proprio ad ascoltare il suggerimento del padre Mario che sebbene in un primo momento gli avesse regalato una tessera per il cinema d’avanguardia, gli aveva successivamente suggerito di non intraprendere la carriera di attore. «Mio padre Mario – dice Verdone imitandone l’accento acquisito toscano e quasi impersonandolo – è stato nel 1975 il primo professore di storia e critica del film in Italia. È lui che ha aperto la storia critica del film in Italia. Lui mi disse: “Carletto, questo è un mestiere difficile perché o sei nelle prime posizioni, ma se stai in basso è dura. Ne ho visti io di attori che non ci sono mai riusciti, è una vita di stenti, io non sono tanto d’accordo». Un rapporto sempre schietto e aperto quello che ha caratterizzato Verdone e suo padre Mario, anche quando quest’ultimo, avendo il figlio Carlo come studente universitario, lo bocciò per essersi presentato non ben preparato ad un esame. Ma se il professor Mario Verdone era contrario alla carriera di attore del figlio, era perché «mi voleva proteggere – ci dice Carlo e poi aggiunge –, secondo me non aveva capito che dentro di me c’era molta anima e avevo delle qualità». Qualità che di certo non sfuggirono alla mamma Rossana che, di tutt’altro temperamento, disse al giovane Verdone: «Carlè dai retta a mamma, tu sei un attore nato, perciò affittati un teatro e vai a fare il tuo spettacolo!».

Da lì la carriera di Carlo Verdone è decollata e così, tante volte lo ritroviamo nel cinema, nella finzione e anche un po’ nella vita reale, alle prese con situazioni familiari, talvolta paradossali, imbarazzanti, irriverenti, ma anche drammatiche quando non spassose. Sono i tira e molla della vita familiare, un ambito in cui nessuno può mai dirsi esperto e nessuno può avere mai l’ultima parola, perché nessuno dei coniugi ha mai sempre ragione o sempre torto. Non è un segreto che nella realtà Verdone da anni viva separato dalla moglie, ma non ha mai “tecnicamente” divorziato, conservando con lei un rapporto di grande civiltà, rispetto e amicizia. «Il bene per i nostri figli, Giulia e Paolo – ha più volte dichiarato Verdone – ha sempre prevalso». Ora Giulia e Paolo sono cresciuti, non fanno gli attori, sono diventati affermati professionisti, e Verdone, nel “ruolo” a sua volta di padre, ne sente più che mai, ne percepisce grandemente la responsabilità e nello stesso tempo ritorna a quello che tante volte i suoi di genitori hanno detto e fatto per lui. Allora un velo di commozione affiora sul volto del celebre attore romano che ci dice: «Mia madre è stata la donna più importante della mia vita. Mio padre mi ha dato la cultura, è stato un educatore, mia madre è stata la psicologa, la persona che più mi ha custodito, in qualche modo ha avuto sempre mille premure e mi ha passato molta della sua sensibilità, anche molta della sua ansia perché io all’inizio ero molto ansioso come persona e quindi per quello pensavo di non riuscirci a sfondare. Ero troppo emotivo in qualche modo. Ma alla fine aveva ragione lei e tutto quello che io ho fatto poi alla fine l’ho sempre dedicato a tutti e due perché devo tutto alla mia famiglia, ai miei genitori».

_

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it
_

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons