Carlo Mazzone, un fuoriclasse
795 panchine ufficiali in Serie A non si fanno per caso: tanta provincia, con gli anni ruggenti di Ascoli, quindi un viaggio senza sosta da sud a nord passando per Catanzaro, Firenze, Lecce, Pescara, Cagliari, Bologna, Napoli, Perugia, Brescia e Livorno. In queste quaranta stagioni di carriera tre, ovviamente, restano nel cuore di Carlo Mazzone, allenatore trasteverino doc che ieri ha spento 80 candeline: quelle alla guida della tanto amata Roma che, dal 1993 al 1996, fruttò un settimo e due quinti posti in campionato.
I giallorossi, all’epoca, non avevano la forza tecnica ed economica dei nostri giorni: c’erano i piedi buoni, quelli del “principe” Giannini e degli attaccanti Balbo e Fonseca, ma la distanza da corazzate come Juventus e Milan era siderale. Eppure, Carletto Mazzone è probabilmente l’allenatore a cui i tifosi giallorossi sono tutt’ora più legati: forse per lo spiccato accento romanesco, sicuramente per la veracità e la passione che lo legavano in maniera viscerale alle sorti di quella che era sempre stata la sua squadra del cuore. Poi, perché ha donato al popolo romanista e all’Italia intera uno dei più grandi talenti della storia del nostro calcio.
Francesco Totti, adesso splendido 40enne, fu fatto esordire in Serie A nel 1993 da Vujadin Boskov, altro mostro sacro di un calcio che non c’è più: è stato però Mazzone, la stagione successiva, a inserirlo stabilmente in prima squadra, facendolo crescere all’ombra di capitan Giannini e gestendolo in maniera intelligente, senza esporlo ai clamori di una piazza da sempre esigente con i suoi campioni. «Questo ragazzo è un talento purissimo, che va gestito nel modo migliore: ha già giocato parecchio e giocherà ancora molto», sentenziò sor Carletto nel lontano gennaio del 1995.
Mazzone fu per Totti un secondo padre, come dimostra uno dei tanti aneddoti raccontati dallo stesso allenatore al momento del suo ingresso nel calcio dei grandi: «Ciao Francè, fino a sabato stai con noi, ma mi hanno detto che vai in motorino. Lascialo sta ‘sto motorino che bene che va te piji la bronchite e me saltano i piani». Francesco Totti, nel giorno dell’80°compleanno dell’allenatore trasteverino, ha dimostrato di non aver dimenticato gli insegnamenti di questo straordinario uomo di sport, salutandolo e ringraziandolo con un eloquente messaggio apparso sul suo profilo Facebook: «Mister mi hai difeso, spronato e fatto tenere la testa sulle spalle ad un’età difficile. Mi sento fortunato, onorato ed orgoglioso di aver conosciuto una persona splendida come te che non smetterò mai di ringraziare!».
Questo sono forse gli auguri più emblematici verso uno dei decani del nostro calcio che, in questi giorni, si è ritrovato sommerso dall’affetto di tifosi, dirigenti ed ex giocatori. Sono stati in tanti a ricordarsi di lui: scorrendo le dediche, ci si rende conto di come siano molti i talenti ad essere passati sotto la sua sapiente gestione. Fu ad esempio Mazzone a inventare Andrea Pirlo, fino ad allora estroso trequartista, regista difensivo: una intuizione da grande maestro di calcio, legata anche alla volontà di far coesistere l’ex Milan e Juve con Roberto Baggio. Era un Brescia stellare, che aveva tra le sue fila anche Pep Guardiola.
Proprio Baggio non ha dimenticato quel triennio bresciano (2000-2003), indirizzando al suo ex allenatore una toccante lettera di auguri: «Ti sarò sempre grato e riconoscente – racconta il divin Codino – rimpiango solo di averti incontrato troppo tardi. Ho apprezzato il Mazzone professionista e l’uomo Carlo: sei dotato di una sensibilità senza pari, da fuoriclasse». Un fuoriclasse della panchina che, fedele a se stesso, ha deciso di trascorrere il suo ottantesimo compleanno lontano dai riflettori, circondato da moglie, figli e nipoti.
«Il calcio mi ama ancora», ha ribadito lo stesso Mazzone in una intervista telefonica all’Ansa: non potrebbe essere altrimenti per un personaggio unico, che ha combinato una infinita sapienza calcistica a quella genuinità che lo ha fatto diventare un idolo trasversale, amato in qualsiasi città sia andato ad allenare. Non si può non chiosare, in sostanza, il pensiero di Francesco Totti: di personaggi così, nel calcio di oggi, ce ne vorrebbero tanti.