Carlo Maria Viganò scismatico?

La convocazione al Dicastero per la dottrina della fede dell’ex nunzio a Washington non è una sorpresa, per l’ostica diversità di visioni dell’arcivescovo col pontefice
Un'immagine di mons. Viganò nel 2009, in occasione della festa di Santa Barbara, patrona dei Vigili del Fuoco. ANSA/GIUSEPPE GIGLIA /DC

Se lo ricordano in molti in Vaticano nel periodo del suo massimo successo, quando mirava al Governatorato se non addirittura a promozioni più prestigiose. Era il tempo in cui nella Curia romana vigevano quegli automatismi che portavano un prelato capace e intraprendente a scalare i gradini della sua “carriera”. Ma fu proprio nel periodo ratzingeriano che Viganò incappò in una sorta di “punizione”, in quanto, vedendosi già in porpora cardinalizia, fu invece inviato a Washington come nunzio. Era il 2011, e il focoso monsignore aveva già avuto modo di scatenare contrasti con altri personaggi della curia. Era un personaggio scomodo, acuto nelle analisi ma talvolta indelicato nelle relazioni.

Da quel momento è iniziata la sua corsa verso l’abisso, intendendo con abisso un suo crescente contrasto con il nuovo occupante del soglio di Pietro, papa Bergoglio. In pensione nel 2016, anno in cui terminò il suo servizio alla nunziatura di Washington, mons. Carlo Maria Viganò è entrato in collisione con la gerarchia vaticana in particolare nel 2018, in cui presentò un dossier di accusava al pontefice di aver coperto il card. Theodore McCarrick, accusato di aver abusato di diversi seminaristi. Si avvicinò così progressivamente alla galassia della destra tradizionalista di origine statunitense. Di tanto in tanto si manifestava con post sulla Rete in cui accusava il pontefice di essere un traditore, di essersi messo «dalla parte del nemico», di guidare un «falso magistero», una Chiesa – parole sue – che faceva il gioco dei poteri forti, fungendo da «braccio spirituale del Nuovo Ordine Mondiale e fautrice della Religione universale».

Accuse di massoneria e di essere l’Anticristo, sono quelle rivolte a Bergoglio. La deriva di mons. Viganò prese durante la pandemia la via dei no vax e della teoria complottista del gruppo di estrema destra QAnon. Le vaccinazioni, secondo Viganò, erano un atto di dismissione delle coscienze sottoposte a una «dittatura sanitaria» ordita dai solito noti: Soros, Gates e compagnia bella. Le accuse di Viganò, via via più confuse, mettevano assieme le critiche alle aperture del pontefice agli omosessuali con quelle all’errore colossale delle cancellerie occidentali che avevano voltato le spalle a Putin, difensore dei veri valori della cristianità, scegliendo la parte ucraina, grazie all’azione dello Stato sommerso, il “Deep State”. Viganò attaccava tutti, soprattutto «i falsi pastori, i servi di Satana, ad iniziare dall’usurpatore che siede sul Soglio di Pietro».

Taluni affermano pure che Viganò si sarebbe fatto riordinare vescovo da parte del lefevriano Richard Williamson, che non solo fece saltare la soluzione proposta da Ratzinger per il reintegro dei lefevriani, ma che in seguito fu egli stesso espulso dalla sua comunità per via della posizione negazionista sulla Shoah. L’ultima iniziativa di Carlo Maria Viganò è la fondazione dell’associazione “Exsurge Domine” nell’eremo della Palanzana, vicino a Viterbo, con l’obiettivo di farne un Collegium traditionis per raccogliere «chierici e religiosi fatti oggetto delle epurazioni bergogliane». Ma la cosa non sembra sia andata bene, e il prelato sembra che navighi in cattive acque finanziarie.

Ed ora l’arcivescovo Carlo Maria Viganò è sotto processo per scisma. Lo ha comunicato lo stesso presule pubblicando il decreto di citazione del dicastero vaticano guidato dal cardinale Victor M. Fernandez. Viganò si sarebbe dovuto presentare ieri pomeriggio alle 15.30 per «prendere nota delle accuse e delle prove circa il delitto di scisma di cui è accusato (affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di papa Francesco, rottura della comunione con lui e rifiuto del Concilio Vaticano II)». Mancando la sua presenza negli uffici del dicastero vaticano, Viganò verrà «giudicato in sua assenza». Il canone citato è il 1364, dove si afferma che «l’apostata, l’eretico e lo scismatico incorrono nella scomunica latae sententiae». Dal Vaticano non si vuole commentare il post dell’arcivescovo, come afferma VaticanNews.

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