Carlo Clerici, uomo del dialogo

Medico, ricercatore, umanista… e molto altro: «La differenza la fanno le persone».

Una figura di tale grandezza umana e professionale da rendere impossibile tracciare un “profilo” di Carlo Alfredo Clerici in queste poche righe: una vita di medico, ricercatore, umanista… e molto altro (anche prestigiatore per i bambini dell’oncologia pediatrica).

In un incontro di qualche anno fa mi aveva colpito il suo raccontare delle macchinette del caffè: quel luogo particolare dell’ospedale dove si incontrano le storie dei malati, delle famiglie, degli operatori sanitari. Dove dopo un turno di notte possono trovarsi e “capirsi” nel profondo, senza bisogno di parole, il cappellano e il medico non credente, lacerati dalla stessa ferita del dolore di una morte innocente. Quelle storie da cui lui, uomo di dialogo, traeva ispirazione per nuove idee e nuovi ambiti di ricerca.

Con grande riserbo e senza alcuna ostentazione, negli ultimi tempi ha saputo aprire riflessioni preziose anche dalla sua “storia di malato”, con interventi recenti facilmente rintracciabili in rete nel tempo dell’Intelligenza Artificiale e in quello delle domande più profonde dell’esistenza.

Lo vogliamo ricordare con alcune commosse parole a braccio del suo grande amico, don Tullio Proserpio, nell’omelia durante il funerale all’Istituto Nazionale Tumori di Milano, dove Carlo ha trascorso gran parte della sua vita di servizio, impegno, ricerca “a 360°” anche nell’ultimo pezzo di strada.

«Sapeva riconoscere l’importanza della gentilezza e del ringraziamento, in particolare verso le persone poco riconosciute dal sistema nel quale ci troviamo, quelle persone che non contano. Mi diceva una volta, lo scorso settembre: “La differenza nella giornata del paziente la fanno le persone che lavorano a contatto con il tuo corpo e, pur nella fatica del lavoro, trovano occasione di gentilezza e grazia”. Una frase talmente bella, vera e importante che l’avevo utilizzata per il mio “pensiero spirituale” quotidiano, anche se inviato in forma anonima.

Era affascinato dalla figura del cardinale Martini, con la creazione della Cattedra dei non Credenti, per il coraggio con cui il cardinale Martini si metteva in ascolto di ogni voce su un tema così delicato e particolare. Carlo si dichiarava non credente, o forse credente in modo particolare, perché le risposte della religione cristiana, come le aveva imparate da piccolo, non erano in grado di offrire risposte persuasive. Era infastidito peraltro nel sentire risposte di pura teoria, offerte da quanti si mostrano incapaci di scendere nel profondo degli interrogativi autentici che abitano il cuore di coloro che hanno invece il coraggio di lasciarsi interrogare ed insieme interpellare dalla realtà. Da parte mia posso dire che mi ha voluto realmente bene, proprio come un caro amico».

Per conoscere qualcosa di più di Carlo Clerici e leggere l’intero ricordo di don Tullio rimandiamo alla pagina di Avvenire a questo link.

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