Carletto Mazzone: come un padre

Su Prime Video il bel documentario su un grande allenatore del calcio italiano. I ricordi di quanti l’hanno avuto come maestro e amico
Carletto Mazzone (wikipedia)

Ci sono alcuni frammenti di finzione nel bel documentario Come un padre di Alessio Di Cosimo, disponibile su Prime Video dal 2 novembre, e dedicato a uno degli allenatori di calcio più iconici e familiari del calcio italiano di sempre: Carlo – detto Carletto – Mazzone; colui che ha più panchine di tutti in Serie A, ben 795, ma che oltre ai numeri e ai risultati ha una storia fatta di tanta simpatia.

Gli spezzoni di finzione raccontano Carletto bambino che tira calci a un pallone all’ombra dell’antico acquedotto, anno 1946; lui ragazzo (trasteverino) che esordisce in prima squadra con la Roma, anno 1959; il suo trasferimento, sempre da calciatore, all’Ascoli, nel 1960, e il suo voler rimanere lì, l’anno successivo, dopo aver incontrato l’amore.

Sono brevi sequenze con attori, comprese quelle di suo padre meccanico e sua madre dolce e tenera. Sono ricostruzioni (immersive) di ricordi lontani, che però, con l’ingresso delle prime stagionate e splendide fotografie di Carlo, lasciano presto che il reale diventi dominante, attraverso le voci e le inquadrature, oltreché dello stesso Mazzone, di alcuni familiari e dei tanti amici che l’hanno accompagnato, con i loro piedi spesso eccezionali, in questo lungo viaggio, sempre genuino, inimitabile, in quello strano, meraviglioso e pericoloso pianeta che è il calcio.

A raccontare l’allenatore, ma anche l’uomo avvolgente e robusto, sempre vero e a volte colorito, con le sue urla e alcune memorabili corse sotto la curva (non sempre quella dei suoi tifosi), ci sono il figlio Massimo – una sorta di testimone narrante, colui che cuce i tanti capitoli del racconto – e i tanti “figli” incontrati da Mazzone lungo la strada; abbracciati, protetti, accompagnati e sostenuti (non solo) sportivamente: “adottati”, possiamo dire, anche umanamente, per metterli nella condizione di esprimere al meglio il loro talento o riprendere, in qualche caso, un cammino sportivo sospeso in un momento delicato.

Eccoli, a parlare del maestro pragmatico, dell’amico tosto e buono, appunto del padre, spesso col sorriso sul volto di chi ha vissuto tutto con estrema semplicità, con una naturalezza e una leggerezza per nulla scontata nell’ambiente calcistico, i campioni Beppe Signori, Giuseppe Giannini, Roberto Baggio, Andrea Pirlo, Pep Guardiola e Marco Materazzi, oltre a Francesco Totti, che dice: «Se non ci fosse stato lui non so che carriera avrei fatto». Oppure: «È stato tutto, mi ha insegnato a stare sia in campo che fuori».

Non è l’unico a considerare Carletto fondamentale, ma anche lui partecipa ad allargare il coro dei ricordi, degli aneddoti, della descrizione di una persona schietta, diretta, verace, bonariamente esplosiva, importante e a modo suo romantica. La bella compagnia è completata da Fabio Petruzzi, Massimiliano Cappioli, Roberto Muzzi, i fratelli Filippini, Gigi Di Biagio, Enrico Nicolini, Dario Hubner, Giovanni Galli, il mister Claudio Ranieri (che ebbe Mazzone come allenatore al Catanzaro, nel 1978) e altri.

Tutti quanti hanno parole di affetto, in tanti lo ringraziano: Signori parla di «rinascita» grazie a Mazzone; Pirlo della gratitudine per l’intuizione del mister di averlo abbassato a centrocampo, davanti alla difesa, regalandogli «un’esperienza» che gli ha «cambiato la carriera e la vita». Ranieri ricorda il «cuore grande» di Carletto e la sua «grande passione per il calcio».

Sulla bocca di molte testimonianze si posa con dolcezza la parola «padre», che diventa allegria quando ripensano alle battute del mister o agli aneddoti su di lui, quando gli tornano in mente alcune sue sintesi come «difensore scivoloso, difensore pericoloso», o «palla lassù Gesù pensaci tu».

Mescolando la nostalgia di un calcio sempre più lontano con un pò di tenerezza e tanta leggerezza, condendo il racconto con le tante facce spesso tirate, sempre espressive di Carletto Mazzone in campo o in panchina, vestite di colori diversi ma parlanti sempre la lingua universale dell’amore per il pallone e per i suoi ragazzi. Come un padre si fa costantemente scorrevole e a tratti emozionante, come quando, in mezzo al campo dell’Ascoli, il presente e il passato si ritrovano attraverso una palla che rotola. Il documentario funziona equilibrando il piano umano con quello sportivo ed ha ragione la nipote del mitico allenatore, la giovane Iole Mazzone (parte integrante del racconto e collaboratrice lei stessa alla sceneggiatura) quando spiega a Roberto Baggio, nei titoli di coda del film, che in Come un padre «traspare l’uomo»: Carlo, inconfondibile, bello, unico.

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