Caritas, contrasto alla povertà come priorità strategica
Chi sperimenta davvero la povertà attende con grande timore l’arrivo delle prossime bollette, che si annunciano particolarmente pesanti e insostenibili anche per i cosiddetti “equilibristi”, coloro cioè che, si pensi alle famiglie numerose che hanno anche due redditi medi, vivono sul limite di cadere dalla condizione di disagio a quella di povertà vera e propria.
I gestori delle forniture di gas, elettricità e acqua sono implacabili e procedono alla riscossione coattiva e al distacco delle utenze in caso di mancato pagamento, anche delle rate dilazionate. Oltre alle reti familiari e comunitarie, quando esistono, l’ultima risorsa per non affogare è rappresentata dalle Caritas presenti sul territorio che intervengono concretamente in certi casi per saldare i debiti ed evitare l’aggravamento di condizioni tali da non potersi risollevare. Ma lo scenario che si apre in questo fine 2022 non offre molte certezze in considerazione dello tsunami (maremoto) in arrivo in questo tempo segnato dalla guerra al centro dell’Europa.
Così, mentre la nuova maggioranza di governo è intenta a coprire le caselle dei vari ministeri, come ogni anno, nella giornata del 17 ottobre, dedicata a livello internazionale alla lotta contro la povertà ( quella imposta e non quella scelta ovviamente) è stato presentato il rapporto Caritas che dimostra, a chi non lo ha ancora capito, che questa realtà di servizio organizzata dalla Chiesa cattolica rappresenta uno dei soggetti più interessanti e autorevoli per chi vuole elaborare scelte politiche improntate a realizzare delle forme efficaci di giustizia sociale.
L’ultima campagna elettorale si è incentrata sulle polemiche relative al reddito di cittadinanza e al dibattito sempre acceso tra il sostegno necessario ai fragili distinto dall’attivazione lavorativa che rappresenta il vero riscatto di ogni persona quando si tratta di un’occupazione dignitosa, secondo Costituzione. Termini di un confronto che dura da decenni e che ha visto in precedenti occasioni di presentazione del rapporto Caritas l’intervento di Pasquale Tridico, l’economista di Roma tre ora presidente dell’INPS e tra i promotori del reddito di cittadinanza come leva per realizzare il pilastro sociale definito nei trattati europei.
Di fronte al dramma della povertà non servono polemiche e banalizzazioni ma un serio confronto a partire dai fatti. E il rapporto Caritas 2022 ne ha forniti in abbondanza confermando quanto ci si attendeva e cioè che «nel 2021 la povertà assoluta conferma i suoi massimi storici toccati nel 2020, anno di inizio della pandemia da Covid-19. Le famiglie in povertà assoluta risultano 1 milione 960mila, pari a 5.571.000 persone (il 9,4% della popolazione residente)».
Affrontando le questioni strutturali, diversamente dai “gloriosi” 30 anni del dopoguerra, è ormai noto che in Italia si è bloccato l’ascensore sociale. E in particolare il rapporto Caritas ci dice che «il rischio di rimanere intrappolati in situazioni di vulnerabilità economica, per chi proviene da un contesto familiare di fragilità è di fatto molto alto». Per precisare che «il raggio della mobilità ascendente risulta assai corto e sembra funzionare prevalentemente per chi proviene da famiglie di classe media e superiore; per chi si colloca sulle posizioni più svantaggiate della scala sociale si registrano invece scarse possibilità di accedere ai livelli superiori (da qui le espressioni “dei pavimenti e dei soffitti appiccicosi”, “sticky grounds e sticky ceilings”)».
Grazie alla collaborazione con il Salesiani per il sociale, la Caritas ha potuto fare un’indagine su scala europea per evidenziare che in Italia si è rivelato particolarmente pesante l’impatto del Covid-19 sui giovani: «per almeno quattro studenti su cinque, la pandemia ha influito significativamente nella pianificazione del loro futuro, soprattutto in termini negativi».
Come è ormai noto, la permanenza in uno stato di povertà che si tramette tra le generazioni conduce nella società intera ad un fenomeno inquietante conosciuto dai sociologi come aporofobia, cioè la paura dei poveri che produce fenomeni di ulteriore discriminazione e ghettizzazione oltre alla ricerca spasmodica di uscire da un destino che sembra segnato tramite il ricorso all’azzardo e ai circuiti della malavita.
È di particolare rilevanza perciò il rapporto Caritas quando mette in evidenza «la necessità di interventi e presa in carico che vadano oltre gli indispensabili aiuti materiali che, nel caso delle povertà multigenerazionali, non appaiono sempre risolutivi. I due elementi chiave nelle storie con esito positivo sono la cura della relazione di fiducia con accompagnamenti prolungati nel tempo e l’inserimento attivo nelle comunità, costruendo reti di sostegno e di reciprocità, sensibilizzando e attivando le comunità alla prossimità».
In sostanza emerge dai casi affrontati dalla Caritas «una sollecitazione e un invito alla fraternità e al superamento di stigmi e preconcetti verso gli ultimi».
Il rapporto, infine, non si sottrare alla necessità di rispondere alla domanda di quali interventi pubblici siano adeguati «per fronteggiare l’alto rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia».
Un primo punto molto esplicito afferma che «la misura di contrasto alla povertà esistente nel nostro Paese, il Reddito di Cittadinanza, è stata finora percepita da 4,7 milioni di persone, ma raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%). Sarebbe quindi opportuno assicurarsi che fossero raggiunti tutti coloro che versano nelle condizioni peggiori, partendo dai poveri assoluti».
Ovviamente «accanto alla componente economica dell’aiuto vanno garantiti adeguati processi di inclusione sociale». Resta il fatto però che esistono «una serie di vincoli amministrativi e di gestione ostacolano tale aspetto» e per questo motivo il rapporto offre alcune proposte, di rafforzamento della capacità di presa in carico dei Comuni, anche attraverso il potenziamento delle risorse umane e finanziarie a disposizione e un miglior coordinamento delle azioni».
Non è un mistero, infatti, la condizione di estrema precarietà in cui si trovano ad operare i servizi sociali in particolare nelle periferie delle grandi città.
Con una particolare attenzione rivolta all’attivazione lavorativa la Caritas indica la necessità di prestare particolare attenzione ai «nuovi progetti programmi finanziati dal Pnrr, tra cui GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori), un programma pensato per rafforzare i percorsi di occupabilità di disoccupati, lavoratori poveri o fragili/vulnerabili (NEET, giovani, maturi), beneficiari di RdC e di ammortizzatori sociali in costanza o assenza di rapporti di lavoro».
Una grande impresa rivolta a favore di «3 milioni di persone da formare o riqualificare entro il 2025, di cui il 75% saranno donne, disoccupati di lunga durata, giovani under 30, over 55».
Analisi puntuali e proposte concrete da prendere sul serio dai decisori politici e che fanno comprendere anche l’importanza che la Caritas sta offrendo ad altre reti attive per affrontare la questione delle diseguaglianze come appunto il Forum diseguaglianze e diversità dove è presente la sociologa della Caritas Nunzia De Capite interpellata da Città Nuova come contributo al focus di approfondimento serio e concreto di politiche di giustizia sociale.
In questo senso anche l’Alleanza contro la povertà, tramite il suo portavoce Roberto Rossini, afferma che «Il nuovo Parlamento e il nuovo Governo devono porre la povertà come priorità, attraverso sia misure di contenimento immediato sia misure strategiche. Siamo disponibili ad un confronto per migliorare il RdC e rendere la misura più capace di rispondere alla povertà degli individui e delle famiglie. L’impegno a contrastare la povertà va sempre rinnovato. ll Reddito di Cittadinanza negli scorsi anni ha evitato per un milione di persone la povertà assoluta. Lo strumento, da sempre molto contestato, è diventato tra i principali argomenti di scontro politico. Certo la misura non è perfetta, ma è impensabile tornare indietro. Al contrario il reddito andrebbe migliorato, riformato e rafforzato».