Carismatico Kissin

All'Accademia di Santa Cecilia a Roma incanta il pubblico con un repertorio che spazia da Haydn a Beethoven, da Schubert a Listz
Evgeny Kissin

Nulla da fare, Evgeny Kissin non è solo un virtuoso stupefacente, un ex enfant prodige che ha mantenuto ogni promessa. Ma c’è qualcosa di più. Quel qualcosa di indefinibile, che non entra in alcuna categoria e che soltanto alcuni possiedono: un carisma. Ascoltandolo nel recital all’Accademia di Santa Cecilia in Roma l’impressione è forte. Quest’uomo di 41 anni dalla faccia di ragazzo incorniciata da un mare di capelli è un musicista di razza. Di più: ha la capacità di entrare nell’anima del musicista di cui esegue il brano con una immediatezza, una profondità uniche. Kissin quando suona “è” quel  musicista.

Non è uno che suona di tutto, Kissin. Ha un suo repertorio. Non è un esibizionista quando suona, pur muovendosi col corpo che si lascia guidare dalla musica, per ritornare poi, dopo l’esecuzione, un compìto e discreto gentiluomo, di innata aristocrazia moscovita.

Ha cominciato con Haydn, "Sonata n. 59": una leggerezza mirabile, che diventa nel secondo tempo una cantabilità con solo attimi fuggenti di malinconia; nell’ultimo tempo le dita sciorinano note di vetro in un misurato divertissement, secondo lo stile di Haydn. Kissin ha un senso particolare della dinamica: usa pianissimi, mezzoforti e forti di estrema sottigliezza.
Passando poi alla "Sonata n. 32 op.111" di Beethoven , Kissin non fa mai sentire la pesantezza drammatica della musica, anche se il primo movimento è duro, ostinato come un’orchestra e anzi, nel secondo tempo si produce in sbalzi ritmici e accentuazioni anticipatrici del jazz. È un Beethoven estremamente libero che sonda armonie inusuali al suo tempo e sorprendenti ancor oggi.

Quando poi si passa a quattro "Improvvisi" di Schubert, è un altro mondo, incantato e lirico, che ci si apre. Kissin affonda, anzi esprime, tutte le corde della sua sensibilità nello scivolare sulla tastiera melodie dolcissime, tenui tristezze, momenti di accoratezza e desideri di gioia: Schubert, in definitiva. Kissin espande la luce delicata di questa musica, con “volate” sui tasti, acciaccature lucenti e u n tono di inimitabile freschezza.

Il pianista russo chiude con Liszt e la sua "Rapsodia Ungherese n. 12". Di un virtuosismo diabolico, di una energia indomabile, un diluvio universale in musica, la "Rapsodia è ritmo", colori foschi, abbandoni sensuali e poi danze vorticose. L’anima tzigana di Liszt si unisce alla sua tensione iper-romantica e ci si rivela un pianismo funambolico. Kissin esplode con il fuoco russo in pieno, tanto da sembrare un altro uomo.

Ma è la capacità carismatica che unita ad una tecnica assoluta gli dà la possibilità di passare dal mondo illuministico di Haydn all’eroismo beethoveniano, dal romanticismo sensibile di Schubert a quello “diabolico”, di Liszt.
Pubblico in delirio perché questo è davvero un evento. Per crederci basta ascoltare anche le numerose incisioni di Kissin.

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