Caribe unidad
Si riunisce la comunità dei Focolari a Santo Domingo, per la visita della presidente Maria Voce. Il coraggio di scelte inculturate e coraggiose. Allargare il cuore
Nella geografia mentale di noi italiani – e forse degli europei in generale – i Caraibi si nutrono di stereotipi difficili da cacciare: straordinarie vacanze in qualche spiaggia bianchissima che s’affaccia su un mare di blu, verde e smeraldo; regimi dittatoriali di diverso segno, dalla sinistra rivoluzionaria alla destra populista; i Caraibi sarebbero poi il luogo ideale per i paradisi fiscali, dove nascondere al fisco ogni sorta di guadagni, leciti o illeciti; sarebbe pure l’arcipelago dove prospera il peggior turismo, quello a sfondo sessuale, per uomini e donne; infine, la vaga reminiscenza dei manuali di storia ci ricorda che qui arrivò il colonialismo spagnolo al seguito di Colombo.
Insomma, ognuno si nutre delle immagini mediatiche per crearsi i “suoi” Caraibi. C’è del vero in queste immagini, ma bisognerebbe inframmezzare a questi cliché qualche sprazzo di realtà, per dar vita al quadro complesso di popoli e nazioni che sono i Caraibi.
Prendiamo la Repubblica Dominicana, cioè un po’ più della metà dell’isola di Hispaniola – dove Cristoforo Colombo, Colón, sbarcò credendo di essere arrivato nelle Indie –, occupata ad Occidente da quell’entrata all’inferno che oggi è Haiti, un altro mondo, anche per gli stessi dominicani, per i quali quello sconosciuto Paese è solo serbatoio per la manodopera dedita ai lavori più duri, nell’edilizia, nei porti, nelle enormi piantagioni di banane, le più vaste al mondo con carattere “biologico”, come dicono tutti i dominicani con malcelato orgoglio.
Perché di ricchezza qui ce n’è non poca, rispetto ad altre isole e ad altri Paesi caraibici. Una ricchezza detenuta al 70 per cento da una piccola parte della popolazione (circa il 10 per cento), mentre chi sfonda in basso la soglia di povertà è il 44 per cento della popolazione, il resto essendo costituito da una classe media, circa il 46 per cento, che non riesce ancora ad esprimersi compiutamente, soprattutto dal punto di vista politico.
L’eredità in effetti non è da poco: dal dittatore Truijllo sono gemmati tanti “piccoli Truijllo” che stanno nei fatti ancora governando il Paese, con un mix di clientelismo, corruzione e violenze sotterranee che impediscono alla classe media di determinare il futuro del Paese. Ma ciò non impedisce certo al carattere naturalmente gioioso e ottimista del dominicano di emergere e di esprimersi. Un carattere che lo porta ad “inventare” soluzioni inattese per i problemi più gravi, a guardare alle cose, anche alle più difficili, con speranza. La speranza è in effetti la virtù dei dominicani.
Ed è in questa Repubblica che Maria Voce e Giancarlo Faletti – presidente e co-presidente del movimento – incontrano la comunità dei Focolari del Paese, ma anche di altri Paesi caraibici, come Portorico e Haiti. 700 persone che hanno sin dal 1967 incontrato il carisma di Chiara Lubich, trovando in esso lo spirito giusto per i “loro” Caraibi, già evangelizzati ampiamente, ma bisognosi di una nuova fraternità.
Si è voluto rappresentare scenicamente la storia di questa regione così ricca, quasi per “assumere” nella piccola storia dei Focolari nei Caraibi la Grande Storia, quella della “indianità” originaria, della presunta “conquista” coloniale, della liberazione degli schiavi, delle distinzioni politiche nell’isola di Hispaniola. La lettura che si può fare della Storia “a partire” dall’esperienza di Chiara Lubich e di coloro che l’hanno seguita da queste parti è sì basata sulla fraternità universale, ma anche sulla fraternità dominicana (e portoricana e haitiana e cubana…).
Nella rappresentazione, gli elementi folcloristici si mescolano a quelli culturali, al sorriso che sorge guardando alle proprie “debolezze”, ai frutti della natura e dell’ingegno umano, dell’arte e del vivere comune, delle tradizioni della fede e della pietà popolari. Nel racconto i primi testimoni s’affiancano agli ultimi aderenti, le famiglie di Portorico che per prime hanno conosciuto l’Ideale dell’unità ai 140 giovani dominicani che incontrano in un testa a testa appassionante Maria Voce. E poi le esperienze della disoccupazione, della promozione umana, del dolore che irrompe improvviso in una vita.
Nel dialogo con i presenti, Maria Voce valorizza ogni sforzo, ogni generosità, ogni nuova responsabilità che ha ascoltato. E guarda alla realtà con gli occhi, per quanto possibile, del realismo dell’amore che si rinnova. Un dialogo sulla vita personale e comunitaria, ma senza mai dimenticare le sfide del XXI secolo in questa parte del mondo.
E alla fine del suo lungo viaggio in Canada, Stati Uniti e Repubblica Dominicana – seguito passo passo da www.cittanuova.it e da www.focolare.org –, Maria Voce trova delle parole di sintesi: «Qual è la risposta che noi possiamo dare alle sfide immense della società d’oggi e delle nostre vite personali? In questo viaggio ho costatato la potenza straordinaria della presenza di Gesù in mezzo ai suoi, in tutti i Paesi e in tutti gli ambienti, grazie al reciproco amore che “attira” Gesù. Anche oggi».
E ciò è più forte di tutto: delle distanze, delle energie umane disponibili per il bene, delle ingiustizie, delle stesse difficoltà politiche. «I miracoli non li fa nessuno di noi, li fa Gesù», conclude. «Dobbiamo allargare il nostro cuore alla misura del cuore di Gesù», aggiunge Giancarlo Faletti.
Una partecipata Messa – attraversata dalla “fede passionale” e dalla “passione per la fede” di queste popolazioni caraibiche – conclude la giornata. Viene celebrata dal card. Nicolas de Jesús Lopez Rodriguez, arcivescovo di Santo Domingo, assieme al nunzio, mons. Józef Wesołowski, e a quattro altri vescovi dominicani. Il cardinale vuole ricordare la «grande figura che fu Chiara Lubich», di cui confessa di aver letto la biografia scritta da Armando Torno ricevuta appena il giorno prima da Maria Voce, apprezzando tutto, ma in particolare l’Economia di Comunione.
E sottolinea la «bellissima e feconda crescita» dei movimenti e dei nuovi carismi. «Questa donna – aggiunge il cardinale – parlava con autorità, con una spiritualità convincente. I Focolari sono una bellissima esperienza che considero una autentica benedizione di Dio». Una grande avventura della Storia della Chiesa, caratterizzata da «discrezione e profondità di pensiero e di vita». E quindi ricorda pure Chiara Luce Badano, «frutto visibile della santità nella Chiesa insegnata da Chiara Lubich».