Cari camorristi dateci lavoro
Una lettera provocatoria dei lavoratori del napoletano addetti alla raccolta differenziata. Da mesi sono senza stipendio e a rischio licenziamento.
Prima, hanno scritto una lettera aperta alla camorra. Poi, hanno alzato gli striscioni chiedendo alla Procura di Napoli, che sta indagando sulla provocatoria missiva, di convocarli perché, hanno scritto, «siamo camorristi pentiti». Nel mezzo, non hanno rinunciato ad insultare, a suon di pernacchie di eduardiana memoria, «tutti coloro che hanno gestito i rifiuti dal 1993 ad oggi ed hanno venduto la propria dignità per denaro o potere». Alla fine, dopo settimane di proteste, blocchi stradali e occupazioni di sedi istituzionali e di partito, i lavoratori dei Consorzi di bacino di Napoli e di Caserta, addetti alla raccolta differenziata dei rifiuti e da mesi senza stipendio, sono riusciti nel loro intento.
Hanno ottenuto lo sblocco dei 5 milioni di euro che serviranno per i pagamenti. La notizia è arrivata ieri, al termine dell’ennesima manifestazione di protesta, giusto in tempo per bloccare un nuovo sciopero. Soddisfatti, sindacalisti e lavoratori aderenti alle sigle Slai Cobas, Uap, Cesil, Rdb, Fesica Confsal e Sindacato Azzurro sono tornati a casa, ma il putiferio sollevato dalle loro provocazioni non si placa.
Pochi giorni fa, infatti, alcuni di loro, nonostante le ire dei colleghi, hanno scritto una lettera aperta per chiedere il pagamento degli stipendi. Al governatore della Campania, Stefano Caldoro? No. Al presidente della Repubblica Napolitano? Nemmeno. Per andare sul “sicuro”, avevano deciso di rivolgersi alla camorra. Una provocazione, ma anche molto di più. È la spia di un malessere che nelle istituzioni non ha trovato risposte e nemmeno interlocutori disponibili, mentre è diffusa certezza che, sul territorio, esiste sempre un’altra via, anche se è quella sbagliata.
Ma torniamo alla lettera. Partendo dall’assunto che «c’è la camorra nei rifiuti», visto che «l’ha detto Saviano e lo dicono i giornali e allora deve essere per forza vero», i lavoratori si sono rivolti alla malavita organizzata per chiedere maggiore sicurezza sul lavoro («è possibile mandare rifiuti tossici dove non lavoriamo?»), avanzamenti di carriera e un aumento in busta paga («per tramite vostro s’intende» o dei politici e degli industriali «amici»). La lettera non è piaciuta alle forze dell’ordine, che stanno analizzando con attenzione i passaggi più inquietanti. «È una provocazione», ha spiegato il questore di Napoli Santi Giuffrè, ma non va sottovalutata.
La missiva si concludeva con una riga bianca, per lasciare spazio alla disponibilità dei destinatari, sicuri, spiegavano i lavoratori, «che non vi tirerete indietro verso chi in questi anni vi ha dato tanto senza mai pretendere nulla in cambio. Mafiosamente vostri per sempre. I lavoratori dei Consorzi di Bacino della Regione Campania». Al centro delle proteste, oltre al mancato pagamento degli stipendi dal mese di giugno, c’erano i licenziamenti dei lavoratori degli ex consorzi di Benevento (138) e Caserta (167) e la messa in cassa integrazione di altre 424 persone.
E se, dopo lo sblocco dei fondi, i manifestanti hanno ribadito che la lettera era solo una provocazione, il suo contenuto continua ad essere una realtà per migliaia di persone che, prive di un lavoro o anche solo di un’opportunità, si rivolgono alla criminalità organizzata per un’occupazione, di qualunque tipo, mentre coloro che guidano gli enti locali, e ben conoscono il problema, continuano a guardare da un’altra parte.